.: Discussione: Opere pubbliche «senza bussola»: lavori fermi e spreco di risorse

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Oliverio Gentile

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Inserito da Oliverio Gentile il 16 Nov 2009 - 11:34
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Da milano.corriere.it:

Il commento. gli interventi per migliorare i servizi si fanno sempre più urgenti

Opere pubbliche «senza bussola»

Lavori fermi e spreco di risorse. Il timore è la progressiva abdicazione alla fun­zione pubblica di pro­grammazione

La Milano di oggi non riesce pro­prio a darsi un vol­to. Litiga con se stessa, con le opere che mette in cantiere e poi si accorge che non vanno be­ne. E si trascina fra incoe­renze, impacci, contraddi­zioni paralizzanti, mentre urgono tanti interventi per migliorare servizi pub­blici e qualità della vita, vi­sto che l'Expo incombe. L'ultima conferma viene dall'annuncio del sindaco: verrà cambiata la pensili­na davanti al Teatro Nazio­nale, fresca d'installazio­ne, perché troppo invasi­va. Le proteste hanno sor­tito effetto. Sarebbe basta­to un po' di buon senso per evitare lo sbrego, la fi­guraccia, lo sperpero di danaro pubblico. È vero che un antico proverbio dice «fa e disfà l'è tùtt un lavorà», ma forse la misu­ra dell'irresolutezza è col­ma. Una serie di domande incomincia a salire dalla gente. Se, e come, gli inter­venti pubblici vengono pensati e coordinati; se è così difficile valutare per tempo e con ragionevolez­za l'impatto che ogni rea­lizzazione ha sulla zona in­teressata; se si ha memo­ria storica della città (vedi piazza Meda, dove gli ar­cheologi sapevan bene dei resti romani, e gli sfre­gi di piazza Sant'Ambro­gio e Darsena). Insomma, vien da chiedersi se l'am­ministrazione si muove in base a idee complessive, a un effettivo coordinamen­to decisionale al proprio interno, se tiene il polso dell'opinione pubblica, se è interessata a un coinvol­gimento e ad una respon­sabilizzazione condivisa.

Molti cantieri oggi sospesi e in discussione erano sta­ti oggetto di contestazio­ne non da parte di estremi­sti dell'ecologia, ma di gente per bene, professio­nisti, uomini di cultura, semplici cittadini, perso­ne ragionevoli convinte che la città possa venir go­vernata col concorso di tutti. Vorremmo essere smen­titi e continuare a credere che Milano ce la può fare, che l'Expo è un appunta­mento unico per svecchia­re e cambiare. Ma il timo­re è che Milano oggi man­chi della capacità di espri­mere una visione globale, che sia in atto una progres­siva abdicazione alla fun­zione pubblica di pro­grammazione. Un deficit politico, di pensiero e di progetto, di scommessa intellettuale e civica, che la fa assomigliare a una sorta di «patchwork», cioè a quelle stoffe compo­ste da riquadri scombina­ti, diversi per colori e fog­ge, magari suggestive per una coperta da letto inver­nale, decisamente meno adatte come modello di tessuto urbano.

Così si tol­lerano i progetti più conte­stati, i lavori che per anni mettono in ginocchio l'economia di un quartie­re (vedi piazza XXV Apri­le), la ruota panoramica al Parco Sempione e: lampio­ni, panchine, marciapiedi, impianti per manifesti pubblicitari, arredi urbani dalle forme più improba­bili e stravaganti che sem­brano concepiti per fare a pugni l'un l'altro e delude­re l'immagine tradiziona­le di una Milano che sa ca­varsela e trovare ogni vol­ta un suo ordine. Ma an­che gli errori marchiani non riusciranno a neutra­lizzare il fiume carsico di risorse morali e creatività culturale che son lì per rendere ambrosianamen­te Milano più funzionale, bella, giusta. C'è da creder­ci, spes contra spem . Fru­strazioni a parte.

Marco Garzonio
16 novembre 2009