.: Discussione: 25 Aprile: io sto con i lavoratori della Scala

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Oliverio Gentile

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Inserito da Oliverio Gentile il 25 Apr 2010 - 18:32
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Dall'Ufficio Stampa della Presidenza della Provincia di Milano:

Discorso del Presidente della Provincia di Milano
On. Guido Podestà
 

Festa di Liberazione – Milano 25 aprile 2010
 

Ci ritroviamo oggi a celebrare e a onorare la Festa della Liberazione, che è il ricordo dei Caduti, dei patrioti, dei tanti giovani che si sono battuti per la rinascita dell’Italia, ai quali deve andare sempre la nostra profonda gratitudine. Una lotta che non è stata solo di liberazione nazionale, ma una lotta di tanti popoli per liberare l’Europa e l’umanità intera dall’incubo del Nazismo e per porre fine all’orrore della Shoàh. Il ricordo degli ebrei, vittime della persecuzione e dello sterminio, è centrale in questa giornata di riaffermazione dei nostri ideali di Giustizia e Libertà e ci anima ancora oggi contro il ripetersi indegno e pericoloso di nuove forme di antisemitismo e di razzismo. Così come, parimenti, resta vivo in noi il ricordo doloroso per i milioni di vittime innocenti immolate nei gulag e nelle foibe
 

Il ricordo dei Caduti e della Liberazione è infatti  ragione di identità e di affetto per le Istituzioni democratiche. Nel loro nome - disse Alcide De Gasperi nell’Assemblea Costituente (21 gennaio 1946) -  «noi ci rifiutiamo di disperare. Diciamo invece che bisogna vivere e sperare in un mondo migliore. Non è un caso che i morti delle Fosse Ardeatine siano così vicini a centinaia e migliaia di martiri che sono morti per la libertà della fede, perché questi e quelli sono morti per la libertà delle coscienze, per la libertà e la dignità della persona umana».
 

La Costituzione è espressione dei protagonisti della Resistenza. Al di là delle polemiche e del legittimo dibattito storico, la Resistenza è per noi il punto fermo della nascita dell’Italia libera. Grazie ad essa l’Italia non fece la fine della Germania divisa e disarmata ma salvaguardò l’integrità territoriale e l’indipendenza nazionale.Dalla Resistenza è nata la nostra Costituzione che, nella pluralità degli apporti e nella verificata necessità di adeguamento ad una realtà storica ormai profondamente modificata, è ancora oggi il riferimento più alto di tutela di libertà, diritti civili e avanzamento sociale. E’ nel richiamo alla Resistenza e ai principi della Costituzione che gli italiani sono stati uniti nei momenti più difficili, a cominciare dalla lotta contro i terrorismi, di destra e di sinistra.
 

Celebrando oggi la Liberazione sappiamo che la Resistenza ne fu componente importante ma non la sola. Come giustamente disse Palmiro Togliatti (dicembre 1945): «Ricorderemo in eterno i soldati e gli ufficiali inglesi, degli Stati Uniti, della Francia, dell’Africa del sud, dell’Australia, del Brasile, i quali hanno lasciato la loro vita o versato il loro sangue per la liberazione del suolo della nostra Patria. Il loro nome vivrà nel cuore del nostro popolo».
 

Senza di loro, senza quei ragazzi di tanti Paesi alleati che versarono il loro sangue, il sacrificio degli italiani che si immolarono nella guerra di liberazione avrebbe rischiato di essere vano. E’ da quel sacrificio, è grazie a loro che l’Italia divenne parte dell’Europa e dell’Occidente. Loro ci hanno portato all’unità europea e all’impegno internazionale a difesa della pace, contro il terrorismo e per la libertà dei popoli. Ecco perché voglio qui ricordare i nostri soldati, impegnati, a fianco dei civili, nelle missioni di pace all’estero, nella ricostruzione del tessuto civile e delle Istituzioni democratiche - in Bosnia, Libano, Afghanistan  - e, in particolare, voglio qui ricordare i nostri militari caduti a Nassyria, a Kabul e su tanti fronti in paesi lontani. C’è una continuità ideale tra loro e quei giovani, italiani e alleati, che più di 60 anni fa sacrificarono la loro vita per ridarci la libertà, nella sicurezza e nella pace.
 

E qui a Milano, dove la Liberazione vide in prima fila – su preciso ordine del Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia – la Guardia di Finanza, ricordiamo i militari italiani che sin dal 9 settembre 1943 iniziarono la lotta armata  contro i nazifascisti. Ruolo – come ha detto il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano – tenuto in passato in ombra, ma fondamentale.
 

E’ la storia dei militari che hanno combattuto nell’esercito del Sud. Ricordare fatti eroici come quelli di Cefalonia è necessario per l’affermazione della verità storica e, come sottolineò Sandro Pertini, contro le tante strumentalizzazioni.  Proprio Pertini  fu il primo Presidente della Repubblica che tolse dall’oblio quella pagina dimenticata, quella storia di tanti che, da Cefalonia in poi, hanno riscattato con il sangue l’onore della divisa.Come ha ricordato Luciano Violante, in occasione del 55° anniversario della resistenza della Divisione Acqui a Cefalonia: «Vi è un debito etico-politico della Repubblica nei confronti degli oltre 600.000 militari italiani che si ritrovarono, dopo l’8 settembre, isolati e separati dal loro Paese, costretti ad affrontare da soli una realtà militare e politica repentinamente mutata». Allo stesso modo bisogna ricordare i giovani ebrei della Brigata Ebraica, arrivati dai ghetti di tutta Europa, che imbracciarono le armi e lottarono per la libertà e per la sopravvivenza della loro gente.
 

E permettetemi di ricordare ancora le parole di Violante, al suo insediamento a Presidente della Camera, quando pose la questione della riconciliazione nazionale: «Mi chiedo se l’Italia di oggi – e quindi noi tutti – non debba cominciare a riflettere sui vinti di ieri; non perché avessero ragione o perché bisogna sposare, per convenienze non ben decifrabili, una sorta di inaccettabile parificazione tra le parti, bensì perché occorre sforzarsi di capire, senza revisionismi falsificanti, i motivi per i quali migliaia di ragazzi e soprattutto di ragazze, quando tutto era perduto, si schierarono dalla parte di Salò e non dalla parte dei diritti e delle libertà».Aggiungo che non possiamo, ancora oggi, continuare a ignorare che erano anch’essi italiani e che molti fecero la loro scelta in buona fede.
 

Cito ancora le parole di Luciano Violante: «Il 25 aprile deve essere patrimonio di tutti gli italiani. Non è proprietà di una sola parte politica, perché più gente lo condivide e più la democrazia è forte. Non se ne debbono però alterare le ragioni e il significato: il 25 aprile è la data di conclusione di una guerra durissima con la quale chi ha combattuto dalla parte della Resistenza ci ha dato la libertà». La pace – ha detto Papa Ratzinger - «può realizzarsi soltanto se si giunge ad una riconciliazione interiore», un sentimento che viene dalla «capacità di riconoscere la colpa e di chiedere perdono». 
 

Quest’anno sono stato con i ragazzi delle scuole della Provincia e con la mia famiglia ad Auschwitz e a Birkenau. Di fronte alle lapidi di Auschwitz il Papa ci ha detto: «Dietro queste lapidi si cela il destino di innumerevoli essere umani. Essi scuotono la nostra memoria, scuotono il nostro cuore. Non vogliono provocare in noi l’odio: ci dimostrano anzi quanto sia terribile l’opera dell’odio. Vogliono portare la ragione a riconoscere il male come male e a rifiutarlo; vogliono suscitare in noi il coraggio del bene, della resistenza contro il male. Vogliono portarci a quei sentimenti che, di fronte all’orrore, si esprimono nelle parole: “Siamo qui non per odiare insieme, ma per insieme amare”».
 

La festa della Liberazione deve quindi essere per i milanesi ragione di unità, di identità e di riconciliazione. E’ infatti qui a Milano che uomini di diversa provenienza politica e ceto sociale – laici e cattolici, comunisti, socialisti e liberali – dettero vita sin dal luglio 1943 al Comitato Antifascista, presieduto dal liberale Alfredo Pizzoni, che diventerà poi il Comitato di Liberazione Nazionale dell’Alta Italia. La Liberazione a Milano deve dunque essere occasione di unità e non  di divisione.
 

Come disse il 25 aprile dello scorso anno il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, ad Onna, in Abruzzo: «Noi tutti abbiamo una grande responsabilità, quella di mettere da parte ogni polemica, di guardare all’interesse della nazione e di tutelare il grande patrimonio di libertà che abbiamo ereditato dai nostri padri. Un impegno ci deve animare ed è quello di non dimenticare ciò che è accaduto e di ricordare gli orrori dei totalitarismi e della soppressione della libertà. Per questo il nostro Paese ha un debito inestinguibile verso quei tanti giovani che sacrificarono la vita, negli anni più belli, per riscattare l’onore della Patria, per fedeltà a un giuramento, ma soprattutto per quel grande, splendido, indispensabile valore che è la libertà».
 

Parole queste che faccio mie, che vorrei che tutti facessimo nostre, così come debbono essere patrimonio condiviso fra tutti noi gli alti concetti che abbiamo ascoltato ieri al Teatro alla Scala,  dalla voce del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, al quale va la nostra stima e il nostro affetto.
 

Viva l’Italia, viva la Repubblica, viva la libertà
In risposta al messaggio di Alessandro Rizzo inserito il 25 Apr 2010 - 11:31
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