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Oliverio Gentile

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Inserito da Oliverio Gentile il 30 Mar 2010 - 11:13
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Da milano.corriere.it:

regionali 2010 - il voto

Un milanese su tre vota Pdl. Il Pd al 26%

La Moratti: il centrodestra ha tenuto, premiato il governo della città. Il partito di Grillo batte l’Udc

MILANO - «Qualcuno ha voluto leggere in queste elezioni un referendum su Milano. Il risultato è evidente: la città ha premiato il Pdl che si conferma di gran lunga il primo partito». Letizia Moratti può tirare un sospiro di sollievo. Milano non ha voltato le spalle al centrodestra. Il sindaco, a risultati ormai consolidati, si lascia andare: «La Lega è cresciuta tantissimo in Lombardia e a Milano ha ottenuto un due per cento in più. Il voto ha premiato il lavoro di squadra di giunta e maggioranza».

Otto punti di distacco, tra Formigoni e Penati, più di dieci tra centrodestra e centrosinistra. Tiene il Pdl, cresce la Lega, avanza a piccolissimi passi il Pd. Intorno, il piccolo boom di Beppe Grillo e del suo candidato Vito Crimi (il terzo incomodo dopo i due super- favoriti), la flessione dell’Udc e della sinistra radicale. Il dato che tutti attendevano era quello del Carroccio. «Una grandinata di voti e il sindaco sarà nostro», avevano tuonato alla vigilia gli uomini di Bossi. La grandinata attesa forse non è arrivata, ma certamente il Carroccio porta a casa, anche dal capoluogo, una buona affermazione, con due punti e rotti in più rispetto a nove mesi fa. Il derby col Pdl rimane comunque tutto in salita, a ventidue punti di distanza. Ce n’è abbastanza comunque per far esultare i lumbard: «Rispetto alle scorse regionali raddoppiamo i consensi», osserva il segretario provinciale Igor Iezzi. Il quale poi ribadisce l’ipoteca su Palazzo Marino: «È chiaro il messaggio che viene lanciato dalla città. Serve più Lega Nord nell’amministrazione, l’unica forza che ha ancora la capacità di portare i problemi della gente nei palazzi e risolverli. Per questo, dopo il palazzo della Regione ora l’Alberto da Giussano deve sventolare anche su Palazzo Marino».

A sinistra, nonostante il divario ancora marcato, il discreto risultato del Pd induce a un cauto, cautissimo ottimismo: «Il dato di Milano è in controtendenza », osserva per esempio Barbara Pollastrini: «La sfida per il Comune è aperta e realistica. Ma ci vogliono coraggio d’idee e classi dirigenti che segnino le dovute discontinuità culturali e politiche». La battaglia per Palazzo Marino, dunque. Sono in molti ora nel Pd ad invocare le primarie. Il segretario metropolitano (e sindaco di Cormano) Roberto Cornelli, per esempio: «A Milano il centrodestra non è più maggioranza assoluta. Lo strumento delle primarie per individuare il candidato sindaco è quello più idoneo, inciso nel Dna del nostro partito». Il capogruppo in Consiglio Pierfrancesco Majorino è invece il più deciso nel chiedere rinnovamento: «La partita è aperta, anche se sarà molto dura, perché in termini assoluti entrambi gli schieramenti hanno perso voti. Noi dobbiamo scegliere al più presto qualcosa di nuovo».

Il dato più clamoroso rimane quello sull’astensione. A Milano i votanti hanno superato di un soffio quota 60 per cento. Un’affluenza bassissima, inferiore di quattro punti alla media regionale. Il centro storico conferma la sua scarsissima propensione alle urne: affluenza inchiodata a quota 57,5%. Formigoni e il centrodestra centrano l’en plein in tutte le zone. E anche nella nove, Garibaldi- Niguarda, tradizionalmente le più rossa della città, il duello con Penati non ha riservato sorprese: quasi cinque punti di distanza.

Andrea Senesi
30 marzo 2010

Il voto a Milano, zona per zona