LE DONNE E L’OSTEOPOROSI: CONSAPEVOLEZZA DELLA PATOLOGIA E NECESSITÁ DI AMPLIARE LA PREVENZIONE PRIMARIA Studi condotti da O.N.Da suggeriscono l’opportunità di promuovere una sensibilizzazione sempre maggiore della popolazione femminile su questo tema e di proporre al Parlamento e al Governo un ampliamento della prevenzione primaria dell’osteoporosi.
Milano, 9 marzo 2010 – ore 12.00 Sala Stampa, Palazzo Marino Piazza della Scala, 2
Intervengono:
Rossana Boldi Senatrice della Repubblica
Giampaolo Landi di Chiavenna Assessore alla salute, Comune di Milano Maria Luisa Brandi Dipartimento di Medicina Interna, Università di Firenze e Presidente F.I.R.M.O. Fondazione Raffaella Becagli Claudio Cricelli Presidente SIMG, Società Italiana di Medicina Generale Elena Ripamonti Managing Director Elma Research Stefano Mora Laboratorio di Endocrinologia Infantile, Servizio di MOC Pediatrica e BoNetwork, Istituto Scientifico San Raffaele Introduce e coordina: Francesca Merzagora, Presidente O.N.Da R.S.V.P.: O.N.Da, tel. 02 29015286, info@ondaosservatorio.it, www.ondaosservatorio.it
P.S.
Dall'Ufficio Stampa del Comune di Milano:
SALUTE. LANDI: “L’OSTEOPOROSI SI COMBATTE CON UN CORRETTO STILE DI VITA”
Milano, 9 marzo 2010 – Da una ricerca presentata questa mattina a Palazzo Marino è emerso che l’osteoporosi si predispone a diventare malattia già durante l’infanzia. Secondo lo studio promosso dall’Osservatorio nazionale sulla salute della donna (O.N.Da) è in questo periodo della vita, infatti, che le bambine accumulano il calcio necessario che poi servirà in età avanzata, prevenendo così una malattia che oggi incide sui costi del Servizio Sanitario Nazionale per un miliardo e mezzo di euro all’anno, con 90 mila fratture, contando solo quelle femorali. Invece oggi, il 60% delle italiane crede che non si possa fare nulla.
“Il tema delle malattie della donna – ha spiegato l’assessore alla Salute Giampaolo Landi di Chiavenna - assume un significato maggiore per la società quando si pensa che la donna ha in mano la salute della famiglia: una donna sana significa una famiglia sana e una comunità sana. Per questo è importante continuare a fare e a parlare di prevenzione al femminile e per questo oggi l’obiettivo primario è il miglioramento della qualità della vita attraverso un’attività di prevenzione che intervenga sui fattori di rischio ‘modificabili’ delle malattie croniche. Vivere meglio quindi adottando stili di vita corretti lavorando sulla prevenzione più immediata, cominciando dalle abitudini alimentari perché noi siamo quello che mangiamo. Perché l’alimentazione, nella società moderna, deve essere innanzitutto un terreno privilegiato di prevenzione delle malattie e controllo della propria salute. Una barriera prima, e quotidiana, di difesa dalle malattie come l’osteoporosi. Io credo poi che il binomio controllo dell’alimentazione e attività motoria debba diventare uno snodo fondamentale. Sapersi alimentare è altrettanto importante del sapersi muovere. E quando si parla di osteoporosi, tale binomio è particolarmente vero”.
Secondo la ricerca svolta dall’Osservatorio Nazionale sulla Salute della Donna, infatti, l’osteoporosi viene ricondotta dalle intervistate a fattori “ineluttabili”, come l’età e la menopausa, senza prendere in considerazione lo stile di vita e in particolare la dieta alimentare e l’attività fisica. Inoltre solo metà del campione conosce il ruolo fondamentale della vitamina D per la salute delle ossa e sa che l’esposizione al sole ne stimola la produzione. Va meglio per il calcio: 9 donne su 10 sanno che è importante e si trova nel latte e nei suoi derivati. Ma il dato più allarmante è che non esiste alcuna consapevolezza riguardo alla possibilità di svolgere una corretta prevenzione: la stragrande maggioranza (oltre l’80%) dichiara, infatti, che il momento per iniziare a prevenire la malattia è durante la menopausa o, addirittura, dopo una frattura. Solo al Nord, un’esigua minoranza (18%) sa che l’osteoporosi si previene, invece, fin da bambini e che l’accumulo di calcio e vitamina D, assieme all’attività fisica regolare a questa età, è fondamentale per costituire ossa forti.
“Alla lettura di questi dati – spiega Francesca Merzagora, Presidente di O.N.Da – abbiamo deciso di agire contestualmente in due irezioni. Da un lato migliorare la prevenzione primaria cercando di consentire la prescrizione dei farmaci antifratturativi anche prima della comparsa di fratture da fragilità. Si pensi che nel 2008 è stata approvata in Senato una mozione promossa da O.N.Da grazie alla quale il Ministero ha deciso di istituire un registro nazionale delle fratture da fragilità. A questo però non è ancora seguita una revisione dei criteri di selezione dei pazienti da trattare. Per questo O.N.Da è promotrice di un nuovo documento da proporre a Governo e Parlamento. Dall’altro lato è necessario puntare anche sul ruolo del pediatra, finora quasi sempre escluso, per sensibilizzare alla prevenzione e ad una educazione agli stili di vita sani le future donne. Non a caso 9 su 10 apprezzerebbero maggiore comunicazione e informazione sul tema”.
“Le proiezioni epidemiologiche delle fratture da fragilità e dei costi delle fratture nella popolazione anziana – spiega Maria Luisa Brandi del dipartimento di Medicina Interna dell’Università di Firenze e Presidente F.I.R.M.O. Fondazione Raffaella Becagli – richiederebbero un intervento programmatico più organico di informazione della popolazione sugli stili di vita, la diagnosi tempestiva, il trattamento farmacologico, la riabilitazione e il recupero funzionale. Si pensi che solo le fratture femorali superano le 90 mila all’anno, con una spesa tra costi diretti e di riabilitazione di oltre 1 miliardo di euro. A queste si devono aggiungere quelle vertebrali, di omero, radio, piede, tibia e perone. Il costo totale per la popolazione italiana anziana è, quindi, di circa 1 miliardo e mezzo all’anno. Ed è sottostimato perché non considera i costi indiretti come l’assistenza domiciliare. Per questo – continua la prof. Brandi – sarebbe importante un allargamento della prevenzione primaria con rimborsabilità dei farmaci antifratturativi alla popolazione osteoporotica anziana che ampli i criteri di selezione, al momento ancora molto restrittivi, e metta l’Italia in linea con altri Paesi europei”.
Ma la vera prevenzione inizia in età pediatrica. “L’unica prevenzione efficace – afferma Stefano Mora del Laboratorio di Endocrinologia Infantile dell’Istituto San Raffaele – si attua da giovani. È quindi, fondamentale trattare l’osteoporosi come ‘malattia’ pediatrica. E’ in questo momento, infatti, in cui si riesce ad aumentare in modo sensibile la massa ossea attraverso tre punti. Il primo è quello alimentare seguendo una dieta equilibrata. In genere questo è sufficiente a garantire il corretto apporto di calcio e vitamina D. Secondo: esercizio fisico regolare. Terzo: adeguata esposizione ai raggi solari. Anche quando c’è carenza di vitamina D, questo è il miglior sistema per produrla. Puntare, quindi, sul pediatra, troppo spesso escluso, può essere il segreto per una migliore informazione delle donne sulla malattia. E il pediatra stesso dovrebbe essere maggiormente sensibilizzato riguardo al suo fondamentale ruolo”.
“Svolgere attività fisica con regolarità – afferma Diana Bianchedi, campionessa olimpica, medico dello sport e presidente della commissione atleti del CONI – previene l’osteoporosi. E il movimento deve essere svolto fin da giovani anche se non è mai troppo tardi per iniziare. L’esercizio fisico, infatti, stimola il metabolismo osseo e favorisce lo sviluppo della massa scheletrica, contribuendo efficacemente alla salute delle ossa. Successivamente serve ad impedire una evoluzione pericolosa dellamalattia”.
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