.: Discussione: Disordini in Via Padova

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Antonella Fachin

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Inserito da Antonella Fachin il 19 Feb 2010 - 15:18
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Articoli pubblicati oggi sul notiziario settimanale ChiamaMilano.

Cordiali saluti a tutte/i
Antonella Fachin
Consigliera di Zona 3
Capogruppo Uniti con Dario Fo per Milano
Facebook: Antonella Fachin
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VIA PADOVA E I DISONORI DELLE CRONACHE

La via più multietnica di Milano non è solo cronaca nera. Nel disinteresse delle istituzioni continuano a lavorare numerose associazioni per costruire percorsi di integrazione

Ci risiamo: stavolta ci è scappato il morto ed è iniziato l’ennesimo balletto di dichiarazioni, strumentalizzazioni, fiaccolate, requisitorie, veglie di preghiera e servizi telegiornalistici di ogni genere.
Via Padova è da tempo terreno fertile per questo genere di cose, in parte a ragione e in parte no. Che sia uno dei luoghi di Milano dove più si sperimentano le conseguenze dei processi d’integrazione tra differenti culture è fuor di dubbio. Ma è anche vero che, come afferma Paolo Pinardi dell’associazione Il ponte, sono in pochi a conoscere la realtà effettiva della zona.
“Via Padova” è un’espressione che indica una situazione molto eterogenea, forse l’unica zona di Milano dove convive, con tutti i disagi e le criticità che ciò implica, un numero altissimo di popolazioni diverse, il che l’ha esposta a rapide trasformazioni del tessuto urbanistico e sociale, senza che la fenomenologia relativa a questa immigrazione massiccia e variegata fosse in qualche modo governata dalle istituzioni, ossia da politiche di accoglienza e integrazione culturale. E’ chiaro che certe trasformazioni non avvengono in maniera indolore, ma il costo del cambiamento poteva (e potrebbe) probabilmente essere meno elevato se questo venisse coadiuvato e supportato.
A fronte di una totale assenza di politiche governative, sul territorio lavorano tante piccole realtà che si sono riunite allo scopo di realizzare iniziative che favoriscano l’incontro e la socializzazione tra le diverse etnie presenti sul territorio, per far sì che l’integrazione sia un dato di fatto e non una bandiera ideologica.
Quelle stesse associazioni che circa un anno fa hanno promosso e divulgato un’indagine per far chiarezza sui numeri reali di una via di cui spesso si sente dire “è in mano agli stranieri”, e approfondire non solo le tematiche legate  all’emergenza, creando una mappa di conoscenza di un territorio che presenta numerose e innegabili criticità.
“Soprattutto negli ultimi tempi, con la crisi occupazionale e un clima di ostilità diffusa era possibile che si verificasse un fatto simile, è un gesto di violenza che matura in un contesto di disagio” commenta Carlo Bonaconsa del Comitato Vivere Zona 2, sottolineando anche lui la perdurante e totale mancanza di un pensiero produttivo sul territorio.
Insomma, il disagio c’è, e si vede. Non solo in via Padova, e non è un caso se nelle ultime ore sembrano moltiplicarsi le notizie che riferiscono di nordafricani accoltellati e risse tra stranieri anche in altri punti della città, come da manuale della “mappa delle zone a rischio” che è comparsa sui quotidiani degli ultimi giorni.
Ma la parola disagio comprende molte questioni, abitativa, scolastica, religiosa, sociale, inevitabilmente interconnesse con quella dell’integrazione tra culture.
E poiché si tratta di un territorio ancora molto lontano da una stabilizzazione dei flussi migratori, la latitanza delle pubbliche amministrazioni ha un peso ancora più grande.
Intanto, mentre sperano che ‘qualcuno’ si decida a fare ‘qualcosa’ che non sia solo un proclama, le associazioni e i singoli operatori di cui sopra si stanno organizzando per proporre, ancora una volta, un’alternativa.

Antiniska Pozzi
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GLI UFO IN VIA PADOVA
Il fallimento di vent’anni di chiacchiere sulla sicurezza

Se attorno alle 19 di lunedì 15 febbraio un ufo fosse atterrato in via Padova tra fiaccole, bandiere e manifestanti cosa avrebbe capito del recente passato di Milano?
Forse avrebbe pensato che negli ultimi vent’anni questa città sia stata governata da forze politiche aliene allo spirito law and order, da sinistre terzomondiste tutte tese all’accoglienza e ad un multiculturalismo irenico quanto ingenuo. Forse gli alieni avrebbero pensato che nella città della tolleranza a tutti i costi qualcosa fosse andato storto.
Ma tutti coloro che non sono alieni sanno bene che Milano è governata ininterrottamente dal 1993 dalla destra, prima in sola salsa leghista, poi in duplex Forza Italia-AN e dal 2001 al gran completo, che Formigoni e la sua maggioranza si avviano a conquistare il quarto mandato di fila al Pirellone e che in Provincia tranne l’intermezzo di Filippo Penati la destra governa dal 1999.
Data significativa il 1999 poiché proprio in quell’anno, l’allora Sindaco Albertini, folgorato sulla via di New York, varò la versione meneghina della “tolleranza zero” inventata da Rudy Giuliani all’ombra dei grattacieli di Manhattan.
Ora come allora il mantra securitario si nutriva di sottili stereotipi utili a segnare le differenze con l’altro e a scaricare le responsabilità degli autoctoni.
Poiché, si sa, finchè lavorano –preferibilmente in nero–, finchè ingrassano i padroni di casa –quasi sempre italiani e versando centinaia di euro –sempre in nero– per un letto in appartamenti in condizioni ben al di sotto dell’abitabilità gli stranieri sono una manna. Ma oltre, no.
Oltre scatta il cortocircuito in una società invecchiata e impaurita. Impaurita anche perché invecchiata, in modo repentino e in un epoca di sempre minori certezze. Si pensi solo ad un dato: esattamente trent’anni fa a Milano per ogni under 14 c’erano 0,9 ultrasessantacinquenni; oggi il rapporto si è più che ribaltato, per ogni residente sotto i 14 anni ci sono oltre 2 anziani.
Via Padova è il simbolo di quel cortocircuito: un processo epocale di trasformazione sociale come l’immigrazione cui abbiamo assistito negli ultimi due decenni governata a colpi di chiacchiere e propaganda dagli imprenditori politici della paura.
Proprio qui a Milano, dove se proprio non si riesce ad articolare uno straccio di soluzione si può sempre fare una fiaccolata in nome della sicurezza. E come non ricordare quella guidata dal Sindaco il 26 marzo del 2007?
Qui a Milano dove ad ogni sgombero di campo rom –senza alcuna soluzione del problema che non siano le ruspe– il vice Sindaco (e vestale della zero talerance albertiniana) si appunta una medaglia sulla grisaglia senatoriale.
Forse è vero che via Padova è per molti versi una polveriera, ma è anche un faticoso e coraggioso esperimento di integrazione spontaneo a fronte di un’amministrazione alla quale dell’integrazione non importa nulla.
Via Padova è la testimonianza del fallimento di quasi vent’anni di ossessione securitaria utilizzata come strumento di governo, di come la politica può guadagnare consensi a breve istigando il panico pubblico, ma costruisce sentine di degrado ed esclusione che prima o poi tracimeranno.

Beniamino Piantieri

In risposta al messaggio di Antonella Fachin inserito il 19 Feb 2010 - 11:30
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