.: Discussione: Disordini in Via Padova

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Antonella Fachin

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Inserito da Antonella Fachin il 17 Feb 2010 - 21:57
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Articoli su Via Padova, sulla la realtà quotidiana di questo quartiere (50 nazionalità), sull’abbandono da parte delle istituzioni che governano la città da 15 anni (la Lega da 17).

Buona lettura .


Cordiali saluti a tutte/i
Antonella Fachin
Consigliera di Zona 3
Capogruppo Uniti con Dario Fo per Milano
Facebook: Antonella Fachin
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Via Padova, fiaccolata flop

Via Padova, Milano, ieri sera.
«C’è tanta polizia ma non più di un centinaio di “milanesi” per la fiaccolata». Fiaccolata senza fiaccole, solo bandiere Pdl e tricolori ma nessuna fiammella. Fino a quel momento c’era stato il solito traffico, negozi tutti aperti e nessuna presenza visibile di forze dell’ordine in divisa. Via vai di giornalisti vicino al civico 80 dove è avvenuto l’omicidio del diciannovenne egiziano e tre messaggi, due in arabo e uno in italiano, e fiori dietro le transenne.
Il microcorteo grida «Clandestini fuori dai confini. Ma i clandestini non c’entrano. Il ragazzo morto era regolare», dice Carlo Buonaconsa dell’associazione “Vivere in Zona 2”. E non c’entrano nemmeno le pandillas: «Non esiste fino ad ora un atto di indagine che ci colleghi al mondo dei gruppi di strada. E’ stata una notizia lanciata a caldo senza verifica», dice a Liberazione Massimo Conte, sociologo dell’agenzia di ricerche sociali Codici e che vive in via Padova. Secondo lui s’è trattato di «ordinaria violenza di un mondo giovanile che non è in grado di avere un progetto di vita. E noi sappiamo che conflitto senza progetto diventa violenza».
Di Via Padova gli piace citare le pensionate che vanno al parrucchiere cinese perché costa sette euro, gli italiani che comprano alla macelleria “islamica” perché la carne è buona. Insomma, un «quartiere denso di complessità e contraddizioni che vive in assenza di politiche sociali ma - avverte il sociologo - attenzione a chiamarlo ghetto: è una parola del nemico e usarla è complicato». Carlo Buonaconsa, 66 anni, pensionato, è attivissimo nell’associazione “Vivere in zona 2” che si barcamena nel difficile lavoro di costruzione della coesione. Per via Padova, la strada finita nell’occhio del ciclone dopo gli scontri di sabato, quaranta associazioni si sono coalizzate per una due giorni di eventi il 23 e 24 maggio. Ieri sera hanno deciso di fare qualcosa per condividere la sofferenza per la morte di Ahmed.
«In assenza di ogni intervento mirato alla coesione era inevitabile che esplodesse la violenza - dice anche Buonaconsa - non c’è alcun progetto istituzionale per superare un clima di paura». Direbbero i sociologi che sono profezie che si autoavverano. Le associazioni progettano e fanno ricerca - sulla qualità degli edifici, tra gli studenti, sui negozi - coinvolgendo la società civile che interviene su fasce di degrado. «Abbiamo più volte sollecitato un tavolo con l’amministrazione comunale, l’anno scorso c’è stato un convegno. Ma non siamo tantissimi anche perché facciamo discorsi difficili e dall’altra parte non c’è nessun pensiero in questo senso. Senza mediatori sociali, senza sportelli, senza investimenti, un po’ alla volta, le situazioni degradano».
«I fatti parlano di tensione e rabbia, casi di questo genere ce ne sono centinaia», aggiunge Ilaria Scovazzi, responsabile Arci immigrazione. Più che indagare su una geografia improbabile delle pandillas (organizzazioni della strada dei giovani latinos) Scovazzi ci dice che «Milano è una cipolla: ci sono molti strati». Il degrado è ovunque. A Corso Buenos Aires bivaccano i rifugiati politici, uno di loro è morto sulla panchina di un parco a Porta Venezia. «I commercianti hanno chiesto di sgomberarli perché fanno sporco».
E via Padova, dove vivono persone di 50 nazionalità, è uno dei luoghi deputati per le campagne sulla «demagogia del nemico», così la chiama la responsabile Arci. Non sono banlieu ma pezzi di città da vent’anni abbandonati a sé stessi, non c’è una volante, il 113 non risponde alle chiamate di stranieri. «Tutte le politiche hanno ricadute sull’umore delle persone - riprende - e i ghetti li crea il comune con le sue politiche mancate, usando le periferie solo per fomentare gli elettori. Nessuno, però, dice che gli italiani sabato gettavano di tutto dalle finestre. C’è una regia».
Quarto Oggiaro, Corvetto, Ponte Lambro. Periferie. Periferie per modo di dire: «A quattro fermate dal Duomo, a Corvetto, non c’è luce per le strade, nelle zone non ricche si spengono i lampioni. E aumenta la percezione di rischio, cresce la disperazione popolare che, stavolta, s’è manifestata in quel modo per cercare di recuperare il corpo di Ahmed». Via Padova ha solo un autobus che la lega al centro. In via Padova c’è la scuola del Parco Trotter - materna, elementari e medie - all’avanguardia per integrazione e scambio. Una enclave di intelligenze che costruiscono ponti tra persone ma è isolata come il circolo Arci che ha stimolato l’orchestra multietnica di via Padova. Relazioni, ora, tutte da ritessere. «Milano non ha governo per le politiche sociali, è un far west politico», va avanti Scovazzi. E la più copiosa pioggia di soldi della storia lombarda sarà solo per l’Expo.

Checchino Antonini
in data:16/02/2010 liberazione
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INTERVISTA A LUCIANO MUHLBAUER SUI FATTI DI VIA PADOVA

16 febbraio 2010

da Liberazione del 16 febbraio 2010

«Alimentare il conflitto fra gli ultimi è scelta ignobile»

«Io a Via Padova ci abito, la conosco bene e conosco i problemi di chi ci vive, per questo non sopporto e trovo inaccettabili le ipocrisie».
Luciano Muhlbauer, consigliere regionale del Prc in Lombardia, sempre in prima linea sulle questioni relative all’immigrazione e alle politiche sociali non usa mezzi termini dopo gli scontri esplosi nella periferia milanese a seguito dell’omicidio di un ragazzo egiziano. «Ho chiesto l’espulsione dal governo della città di chi la amministra da tanti anni. Io credo che sia necessario assicurare alla giustizia il responsabile dell’omicidio, come premessa per non far degenerare il clima ma vorrei che si parlasse meglio delle scelte politiche operate a Milano negli ultimi 15 anni».

Parli di un tratto di via Padova.
Sì, un tratto in cui la presenza, civile, delle istituzioni non esiste. Una zona abbandonata in cui anche gli spazi di socialità sono invisi all’amministrazione. Basti pensare all’ “ex Municipio Crescenzago” nell’adiacente via Adriano. Lì c’è la sede dell’Anpi, di una banda musicale, di tante associazioni non solo di sinistra. Lo stabile è stato messo all’asta e l’esperienza positiva che si è creata lì attorno rischia di venire distrutta.

E chi lo ha deciso?
Non solo Milano è governata dalla destra dal 1993, ma le persone che oggi urlano contro le inadempienze e il presunto “buonismo” della sinistra, sono le stesse. Matteo Salvini, della Lega, è in consiglio dal 1993, De Corato, addirittura dal 1985 e dal 1997 è vice sindaco. Sono loro che hanno applicato le ricette del centro destra considerando le periferie solo come un problema di ordine pubblico. Quando era sindaco, sempre per la destra, Albertini, era stato istituito un unico assessorato alle “Periferie, sicurezza e protezione civile”. Da allora si sono aggiunti i tagli alla scuola e gli insegnanti sono stati lasciati soli, politiche per la casa, neanche a parlarne. La legge regionale stabilisce che per poter accedere ai pochi alloggi pubblici bisogna essere residenti da lungo tempo. A pagare di queste carenze sono soprattutto gli immigrati, se poi non c’è nessuna politica di accompagnamento l’appartenenza legata alla nazionalità di provenienza resta l’unica forma di identità in cui riconoscersi.

Ma c’è chi parla di programmi di “integrazione”.
L’integrazione deve essere l’interconnessione di politiche sociali per tutti, non una formula astratta. Bisogna fare in modo che tutti possano sentirsi realmente “milanesi”. Ma se uno guarda al presente non può che trarre un bilancio fallimentare delle politiche attuate.

Per alcuni i problemi si scoprono oggi.
Con dinamiche diverse c’erano già stati segnali in passato: gli scontri nella comunità cinese, la difficoltà di dialogo fra antirazzisti bianchi e figli di africani durante la manifestazione dopo la morte di Abba, il ragazzo ucciso da un commerciante, la stessa manifestazione contro i bombardamenti a Gaza in cui le comunità islamiche scelsero di pregare in Piazza del Duomo. Momenti di tensione mediati anche grazie al ruolo delle comunità ma che spingono sempre più verso la costruzione di identità etniche.

Anche il centro sinistra, quando ha amministrato la Provincia con Penati, non è che abbia marcato una differenza.
Penati ha avuto due vite: la prima, fino all’estate del 2007 si è dimostrata aperto. Ricordo che la sala della Provincia ospitò i rifugiati del Corno d’Africa che dormivano a Via Lecco. Dopo il risultato deludente delle amministrative ha creduto di poter recuperare attuando le stesse politiche della destra: sgomberi contro rom e immigrati. Ha fatto lo “sceriffo democratico”. Lui e il gruppo dirigente del Pd locale hanno avuto come parole d’ordine sicurezza e immigrazione.

Come Federazione della Sinistra avete assunto una posizione molto netta.
Sì anche il candidato alla presidenza Vittorio Agnoletto ha detto come la pensava. Non solo su Via Padova ma sugli sgomberi inumani fatti realizzare illegalmente dal vice sindaco, con la polizia locale che agisce come i reparti celere per mandare in mezzo alla strada famiglie di rom con bambini sotto la neve. Noi per affrontare la crisi abbiamo altre risposte e crediamo che alimentare il conflitto fra gli ultimi sia una scelta ignobile.

Stefano Galieni

In risposta al messaggio di Oliverio Gentile inserito il 17 Feb 2010 - 10:59
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