.: Discussione: Una via a Craxi: non è momento di riabilitazioni

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Alessandro Rizzo

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Inserito da Alessandro Rizzo il 4 Gen 2010 - 12:27
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In questa intervista si legge un'operazione di revisionismo e di ribaltamento dei fatti, in cui gli inquisiti e i condannati diventano i giustizieri. Come poter tollerare simili esternazioni, del tipo: se per lui «è stato giusto non farsi processare», «perché mio padre era un garibaldino, non avrebbe accettato di essere umiliato, ha difeso la libertà che voleva per tutti, anche per se stesso». E' inquietante rilevare come in questa frase ci sia quello che si usa definire "la legge è più uguale per alcuni, meno per altri, i più". L'impunità e la non perseguibilità sono gli elementi che costellano gi ultimi anni di Craxi. Lui è morto in Tunisia fuggendo la giustizia, ammettendo gli illeciti e la sussistenza della corruzione da lui generata. Chiaramente non solo lui è stato il responsabile, ma gli atti processuali di quegli anni testimoniano come fosse pervasiva negli ambienti istituzionali e amministrativi: Milano ne è stata esempio lampante quanto drammatico.

Alfonso concordo pienamente con la tua richiesta: credo anche io, come ho più volte sottolineato nel mio intervento introduttivo alla presente discussione, che occorra intitolare vie e piazze a figure che hanno dato la propria vita per ideali di giustizia, di solidarietà e di legalità, di rispetto delle istituzioni. Borsellino e Falcone devono essere annoverati in questa lista, seppure non siano di Milano, ma le loro figure e i loro insegnamenti civici sono universali, utili per le future generazioni, per un avvenire fatto di giustizia e di legalità, di rispetto della cittadinanza, dell'essere umano. Per intitolare una via a Peppino Impastato ci sono voluti 30 anni. Ed è una via molto periferica, io neppure sapevo che esistesse, al confine con San Donato. E' una figura non milanese potrebbero addurre alcuni legfhisti autori di quell'indicibile atto del sindaco leghista di Poneranica di cancellare l'intitolazione, voluta dalla giunta di centrosinistra, della biblioteca comunale alla figura di questo grande uomo, che combattè con la propria esistenza la lotta contro la mafia e la prevaricazione malavitosa esistente in Sicilia. 

Rimango esterefatto nel leggere nuovamente le frasi del sindaco Moratti quando considera Craxi un "figlio di questa città" e che, come tale,  debba ritrovare un riconoscimento da parte della stessa. E' figlio della propria città colui che ha portato il Paese a una degenerazione continuativa dei costumi civili e sociali? E' un figlio della propria città, quindi considerabile come riferimento esemplare per le prossime generazioni, colui che si è considerato morire in esilio, quasi condannato a morte, dal momento in cui era latitante.

Come si fa a continuare a sentire certe affermazioni, come quelle fatte dalla figlia Stefania, riguardo l'accanimento presunto della Magistratura contro alcuni dirigenti socialisti? Sono frasi che corrompono l'idea e il principio dello stato di diritto. Chi commette un reato, odioso come quello di corrompere amministrativamente le istituzioni, deve essere sottoposto a giudizio, esiste un'azione penale che deve essere considerata come indipendente, spesso obbligatoria. Il venire meno di questo principio comporta una frattura nella società senza precedenti, una lotta darwiniana dove il più forte rimane immune e illeso perchè più potente, perchè capace di intervenire per assicurarsi non persegubilità, come stiamo assistendo negli ultimi dibattiti politici riguardo alle tanto sbandierate riforme della giustizia. 

E' un esempio civico colui che ha affermato e sostenuto che in Italia "c’era una civiltà del diritto che per certe forme e certi eccessi di clan giudiziari è rotolata indietro di secoli", dal momento che la magistratura ha compiuto il suo dovere e la sua funzione di riportare la certezza del diritto, base della convivenza civile? E' un figlio importante colui che ha considerava la corruzione come fenomeno talmente presente nella prassi amministrativa del Paese da elidere la gravità degli atti da lui stesso compiuti, mi riferisco all'ultimo discorso ricco di prepotenza e di tracotanza, che Craxi espresse in parlamento sull'autorizzazione a procedere nei suoi confronti?

In un paese europeo questi episodi nons arebbero mai accaduti, avendo figure dirigenti eticamente ineccepibili o responsabili, come testimonia la Francia, dove Chirac, a conclusione del suo mandato presidenziale, si è sottoposto alla giustizia senza attaccare o delegittimare il ruolo del potere istituzionale chiamato ad applicare con senso di giustizia, nell'accezione greca e romana del termine, la legge. Ma come testimonia anche il Regno Unito dove ministri e parlamentari, accusati di avere frodato, magari gonfiando i bilanci dei rimborsi per poter comprarsi semplicemente un nuovo tappo della vasca, si dimettono dalla loro carica sottoponendosi al corso della giustizia. Oppure, infine, in Germania dove un sottosegretario accusato di avere ritoccato alcuni dati relativi alla guerra in Iraq, si è dimesso di sua sponte. Ma perchè negli altri paesi la classe dirigente si considera uguale alla cittadinanza, non esistendo la volontà di arrogarsi indebiti e ignobili privilegi di non sottoposizione alla legge? Parlo di episodi normali e non di stranezze, come si vuole fare credere in Italia, dove se il potente di turno viene inquisito si grida subito allo scandalo, al vilipendio della figura del sovrano. Rimango, ripeto, sconcertato difronte a una simile operazione di riabilitazione perata dal sindaco, confermo, per motivi elettoralistici e di consenso interno agli equilibri, che denotano anche su questo caso forti incrinature, della maggioranza.

Occorre dare esempi, caro sindaco, di moralità, di legalità: Milano ha molti figli importanti in questo ambito. Non solo Milano, l'Italia. Ma siamo in periodo di pieno revisionismo storico per cui chi ha combattuto e ha donato la propria professionalità per nobili ideali viene additato come reietto, come figura emarginabile, come soggetto da rimuovere, da cancellarne l'esistenza nel ricordo della collettività. Milano non ha bisogno di legittimare come "figlio importante" chi ha fatto del proprio potere un privilegio eludendo le basi civiche della convivenza sociale e pacifica. Questa è storia non è opinione: e come tale non può essere riscritta a proprio arbitrio.

Alessandro Rizzo

Capogruppo La Sinistra - Uniti con Dario Fo

Consiglio di Zona 4 Milano

In risposta al messaggio di Oliverio Gentile inserito il 4 Gen 2010 - 11:17
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