.: Discussione: ACQUA BENE COMUNE: il sindaco deve dire NO alla privatizzazione!

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Antonella Fachin

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Inserito da Antonella Fachin il 8 Lug 2010 - 12:28
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Cordiali saluti a tutte/i
Antonella Fachin
Consigliera di Zona 3
Capogruppo Uniti con Dario Fo per Milano
Facebook: Antonella Fachin
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Salve,
   riprendo quanto riportato sul sito del Referendum acqua col titolo Acqua lombarda vendesi (http://www.acquabenecomune.org/...acqua-lombarda-vendesi...).

Sul Sole 24 Ore Lombardia di ieri (mercoledì 7 luglio 2010), le pagg. 1, 2 e 3 sono state dedicate alla questione acqua in Lombardia.
Come potete leggere fin dal titolo degli articoli (leggibili in fondo alla presente), il rischio è che tutta l'acqua della Lombardia finisca nelle mani di poche aziende private, la più parte legate direttamente alle multinazionali, italiane o straniere.
Il rischio è gravissimo, le uniche vie d'uscita sono rappresentate da:
- modifica della legislazione nazionale (in primis il Decreto Ronchi), attraverso il Referendum che a livello nazionale ha già superato 1 milione di firme (www.acquabenecomune.org), di cui più di 150 mila raccolte in Lombardia, grazie all'impegno dei Comitati che dal 24 aprile stanno alacremente lavorando per il successo della raccolta firme;
- impegno diretto degli Enti Locali (Comuni, Province, ATO) per la gestione totalmente pubblica del servizio idrico, difendendo le gestioni pubbliche virtuose e impedendo la privatizzazione attraverso il rifiuto dell'obbligo di gara o di cessione di parte del pacchetto azionario delle società pubbliche esistenti. A tale proposito si ricorda che il Consiglio Comunale di Milano nel mese di aprile 2010 ha approvato un OdG che di fatto mantiene la gestione pubblica fino al 2026 tramite l'azienda comunale Metropolitana Milanese, rifiutando gli obblighi imposti dal Decreto Ronchi. L'impegno diretto dei comuni ha già avuto successo negli anni scorsi, quando l'azione dei 144 comuni lombardi aveva portato alla modifica della legge regionale del 2006 che imponeva l'obbligo di privatizzazione.

Gli articoli del Sole sono riportati in calce alla presente (l'articolo principale anche in allegato).

Saluti, Roberto Fumagalli (Comitato Italiano Contratto Mondiale sull'Acqua)

________________________


Sole 24 Ore Lombardia - 07.07.2010 (pagg. 1-2-3)


Le multiutility si preparano alle gare - Accanto a Iren, Acea e Hera arrivano francesi, inglesi e spagnoli

Alla carica dell'acqua di Milano

La legge regionale è appesa a un filo: potrebbe rientrare nel Testo unico
Le multiutility italiane e straniere sono pronte alla campagna di Lombardia. Hera, Acea, Iren, le francesi Gdf Suez e Veolia, l'inglese Severn Trent, le spagnole Aqualia e Acciona sono pronte a partecipare alle gare per accaparrarsi il business dell'acqua nei territori più interessanti della regione.
Una volta abolite le Autorità territoriali d'ambito (Ato), come imposto dalle normative nazionali, le competenze passeranno a regioni e province. Spetterà a queste ultime, probabilmente, il compito di bandire gare per individuare il gestore del servizio. Tra i territori più appetibili, quelli di Milano, Monza, Brescia e Bergamo. Ma già si prefigura una resistenza politica nei confronti dello "straniero". Nel frattempo si aprono spiragli per il modello idrico lombardo (prevede la separazione tra reti e servizio), bocciato dalla Corte Costituzionale a seguito del ricorso del ministro dell'Ambiente Stefania Prestigiacomo (solo lo Stato, ha precisato la Consulta,può stabilire l'organizzazione tecnica del sistema idrico): secondo indiscrezioni potrebbe in parte rientrare nel Testo unico per l'Ambiente.
Servizi u pagine 2-3


La battaglia delle società per il controllo dell'acqua

Le multiutility italiane e straniere si preparano alle gare Territorio lombardo verso la spartizione tra i grandi operatori
MILANO       Sara Monaci
Che il regolamento attuativo per la liberalizzazione dell'acqua arrivi entro fine anno non è affatto scontato. Ma intanto alcune (grandi) società - italiane e non - stanno già scaldando i motori per accaparrarsi i territori più interessanti della Lombardia. Tanto che, ad oggi, è già possibile individuare i movimenti e le possibili suddivisioni che nei prossimi mesi potrebbero venirsi a creare nella regione.
La palla passerà molto probabilmente alle province: una volta abolite le Autorità territoriali d'ambito (direzione che impone la normativa nazionale), le competenze, almeno in parte, dovrebbero andare a loro, dato che l'idea di dare vita a un Ato unico a livello regionale - tra le ipotesi allo studio del neo assessore all'Ambiente Marcello Raimondi - sembra di difficile realizzazione.
Il modello, ancora allo studio del Pirellone, prevederà probabilmente una mediazione tra regione, comuni e province, dove alla regione potrebbe spettare il potere di controllo e programmazione, ai comuni il possesso della società patrimoniale (si veda articolo in basso)e alle province l'onere di bandire le gare per individuare il gestore del servizio idrico oppure, in alternativa, per individuare il socio privato che entrerà all'interno dell'azionariato del gestore pubblico con almeno il 40 per cento.
Ecco cosa potrebbe presto accadere in Lombardia. Lo scacchiere sembra già definito, come spiegano gli esperti del settore vicini al ministero dell'Ambiente.
Prima di tutto le partite più interessanti per i gestori: Milano città e Milano provincia, insieme alla più piccola Monza, la provincia di Bergamo e quella di Brescia.
Questi territori sono infatti molto popolosi ma non molto estesi e, pertanto, piuttosto remunerativi ma poco costosi. A presentarsi a una possibile gara, in queste aree, dovrebbero essere dunque diversi operatori. Nella zona di Milano i candidati potenziali sono le tre grandi società italiane, Hera, Acea e Iren (nata dalla fusione tra Iride ed Enìa), più gli stranieri che già operano nel paese, cioè le francesi Gdf Suez e Veolia, l'inglese Severn Trent e le spagnole Aqualia e Acciona.
Stesse offerte dovrebbero arrivare per Monza, nella provincia di Milano, nel bergamasco e nel bresciano, proprio perché territori con caratteristiche simili dal punto di vista del servizio idrico. Certo, è difficile pensare che l'ingresso di alcuni operatori non troverà nessuna resistenza politica: è praticamente ovvio che la Lega si opporrà, per quanto possibile, all'arrivo di società non lombarde, prima fra tutte la romana Acea (controllata dal Comune di Roma e partecipata da Caltagirone).
Il discorso cambia in altre 5 zone, interessanti, sì, ma non per tutti. Le province di Cremona, Mantova, Varese, Como e Pavia dovrebbero trovare diversi possibili "acquirenti" che, sostanzialmente, intendono spartirsi il territorio. I movimenti previsti in queste aree, in base ai riscontri attuali, dovrebbero essere tutti italiani.
Acea sembra interessata a Cremona, dove, in base a quanto risulta al Sole 24 Ore Lombardia, ci sarebbero già stati i primi incontri tra società e gestori locali. La multiutility romana parrebbe espandersi anche a Pavia, dove già opera in piccole attività attraverso accordi con le municipalizzate locali, così come la genovese Iride.
Intanto la multiutility bresciano-milanese A2a, che non sembra troppo intenzionata ad adeguarsi al decreto Ronchi per inseguire il business minoritario dell'acqua, potrebbe tuttavia contemplare la possibilità di inserirsi a Como e a Varese attraverso la partecipata Acsm. Mantova infine, per motivi di contiguità territoriale e di facili economie di scala, rientrerebbe tra gli interessi di Hera, leader in Emilia Romagna.
Gare probabilmente deserte, invece, a Sondrio, Lecco e Lodi, le cui caratteristiche sono all'opposto di quelle di Milano. Soprattutto a Sondrio, il territorio è vasto ma la densità scarsa, ed è quindi poco appetibile per le grandi società pronte a spartirsi la Lombardia.


Dopo la bocciatura della Consulta, il governo potrebbe trovare un escamotage nel Testo unico

Verso il salvataggio della legge regionale


MILANO
Il modello idrico lombardo, uscito dalla porta, potrebbe presto rientrare dalla finestra. Dopo essere stato bocciato dalla Corte costituzionale, a seguito del ricorso del ministro dell'Ambiente Stefania Prestigiacomo, sembra ora interessare un altro uomo di governo, Andrea Ronchi, titolare del progetto sulla liberalizzazione della gestione dell'acqua.
Il ministro alle Politiche comunitarie ha avuto poche settimane fa un incontro con i vertici del Pirellone, durante il quale sono state chiarite le linee guida del modello della Lombardia. È possibile adesso che alcuni aspetti della normativa regionale vengano inseriti dentro il Testo unico per l'Ambiente.
Certezze non ce ne sono, ma il Pirellone è in attesa che qualcosa, a Roma, possa accadere a favore del progetto messo a punto dalla regione Lombardia, che prevederebbe la separazione tra reti e servizio. Quello studiato dalla Lombardia sarebbe, in realtà, un modello ibrido, che da una parte permette l'ingresso dei privati nel comparto dell'acqua, ma che dall'altra lascia al pubblico il possesso e il controllo del patrimonio.
L'idea a cui i tecnici lombardi hanno lavorato (durante la scorsa legislatura) prevede la realizzazione di una società patrimoniale, di proprietà degli enti pubblici, responsabili e garanti degli investimenti da realizzare sulla rete. Altra cosa sarebbe il servizio, da mettere liberalizzare. La società patrimoniale aprirebbe cioè una gara per la gestione dell'erogazione, e sempre alla patrimoniale spetterebbe il compito di mettere in appalto la manutenzione, la depurazione e altre attività. Questo, secondo il Pirellone, sarebbe il modo migliore per unire le performance concorrenziali del privato con il controllo degli investimenti sulle reti, attualmente lacunosi in molte zone della Lombardia (come dimostrano le tante procedure d'infrazione avviate dall'Unione europea sul territorio regionale).
Gli enti pubblici a cui affidare la patrimoniale sarebbero state, fino a qualche mese fa, le Ato, i consorzi partecipati dai comuni. Ma adesso, dopo l'abolizione delle Autorità d'ambito, la palla dovrebbe passare alle province, o alla stessa regione, qualora venga realizzato un Ato unico - ipotesi, questa, difficilmente realizzabile, a causa della resistenza della Lega che vuole valorizzare il ruolo delle province.
Il modello lombardo è stato tuttavia bocciato dalla Corte costituzionale: solo lo Stato, precisa la Consulta, può stabilire l'organizzazione tecnica del sistema idrico e delle relative gare, la regione non ha le competenze. Risultato: tutto bloccato.
Adesso rimane in piedi solo il decreto Ronchi, anche se inefficace fino all'emanazione dei regolamenti. Nel decreto sono contenuti a grandi linee tempi e modalità della liberalizzazione dell'acqua: a fine 2010 decadono gli affidamenti diretti, si apre il regime di gara; in alternativa i gestori pubblici, sempre con gara, dovranno far entrare nell'azionariato un socio privato, che dovrà acquisire almeno il 40% delle quote. Infine, entro il 2015, le società quotate con affidamenti diretti che non vogliono sottoporsi a gara dovranno far scendere il socio pubblico ad una quota non superiore al 30 per cento.
S.Mo.
In risposta al messaggio di Antonella Fachin inserito il 21 Giu 2010 - 14:46
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