.: Discussione: ACQUA BENE COMUNE: il sindaco deve dire NO alla privatizzazione!

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Antonella Fachin

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Inserito da Antonella Fachin il 26 Apr 2010 - 11:21
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Antonella Fachin
Consigliera di Zona 3
Capogruppo Uniti con Dario Fo per Milano
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Articoli pubblicati sul notiziario LAVORI IN CORSO
Numero 189 aprile 2010
Idee e contributi per l’ALTERNATIVA, Periodico in rete a cura della Associazione Culturale Punto Rosso

PER L’ACQUA PUBBLICA - INTERVISTA AD ALEX ZANOTELLI
a cura di Checchino Antonini (Liberazione)
Sabato 24 aprile è iniziata la raccolta di firme per i tre referendum per l'acqua pubblica. Obiettivo 700mila firme entro il 4 luglio. All’inizio della raccolta delle firme, Zanotelli è "felice" per questa nuova battaglia che è iniziata nel fine settimana della ricorrenza della Liberazione: "Oggi la Resistenza continua sui beni comuni - dice - oggi la resistenza è contro un sistema che sta rendendo tutto merce. Speriamo solo che la decisione dell'Idv di raccogliere firme su un proprio quesito non ci porti a referendum contrapposti".
Liberazione ha dato conto del divorzio di Di Pietro dal "popolo dell'acqua pubblica" e della sua concezione strumentale del rapporto con i movimenti che alimenta rigurgiti di antipolitica.
Vorrei essere chiaro, non abbiamo nulla da spartire con l'antipolitica. Ricordo le sacrosante parole di Paolo VI: il più grande atto di carità è fare politica. Ecco, dobbiamo recuperarla, la politica. Ma è chiaro che l'impegno per l'acqua pubblica non è roba dei partiti ma la primogenitura appartiene all'associazionismo di base e alla cittadinanza attiva. E non bisogna dimenticare che ambedue gli schieramenti sono a favore della privatizzazione. Questa storia parte da lontano, dai governi di centrosinistra. Per questo diciamo che l'acqua non ha colore, per questo accettiamo i partiti come sostenitori ma non nel comitato promotore. E poi, se il popolo dirà no alle privatizzazioni sarà una vittoria straordinaria a disposizione anche dei partiti a cui darà una forza che ora non hanno.
Tra l'altro quello presentato dall'Idv è un quesito ambiguo.
Se passasse consentirebbe la libertà di scelta tra privato, pubblico e misto. D'altronde Di Pietro ha votato nel 2006 le proposte dell'allora ministra Lanzillotta di privatizzazione. L'acqua, secondo noi, deve essere dichiarata diritto fondamentale e gestita dalle comunità locali al minor costo possibile senza essere quotata in borsa, senza nessuna ingerenza dei privati. Chiedete ai comuni cosa ci sia di comune dopo esternalizzazioni e privatizzazioni.
Altri partiti, tra cui la Federazione della sinistra, ma anche Sel e Sinistra critica, hanno mostrato un concetto diverso di quella relazione con i movimenti.
Sì, l'incontro con Paolo Ferrero è stato di tutt'altro segno, gli è stato chiesto, per favore, di soprassedere su altri referendum che la Federazione avrebbe voluto lanciare. E lui è stato molto corretto, chiaro e d'accordo con noi a irrobustire questa battaglia. Nel Pd, invece, ha vinto la linea Bersani, che è la linea Lanzillotta, e sono spariti dagli incontri comuni.
Il tuo impegno per l'acqua pubblica non è iniziato da Napoli.
La mia prima battaglia per l'acqua comincia a Korogocho, la favela di Nairobi dove sono vissuto dal '90 al 2002. Andavo anch'io a comprarmi una tanica per portarmela in baracca e ho capito quanto costi l'acqua ai poveri. I poverissimi delle baraccopoli di Nairobi pagano l'acqua che bevono più di quanto i ricchi di Nairobi paghino quella che usano per riempire le loro piscine. Così abbiamo aperto rivendite autogestite per alleviare i costi ai più poveri.
Perché tre quesiti, non era possibile uno solo?
I nostri costituzionalisti - Rodotà, Ferrara, Mattei, Lucarelli e altri - si sono trovati davanti una serie di leggi sibilline e connesse tra loro che sembrano scritte da menti diaboliche. Hanno faticato tantissimo per elaborare i tre quesiti.
Questa stagione referendaria potrebbe invertire una tendenza e movimentare la società civile come riuscì a fare il referendum sul divorzio nel '74?
E' incredibile quello che l'acqua può rimettere in moto. Credo che una vittoria culturale ci sia già stata. Ora serve la vittoria politica. Sono stato molto pesante con i parlamentari, li ho maledetti, ho scritto che le loro mani grondano sangue. L'acqua è l'oggetto del desiderio di questo secolo come fu il petrolio il secolo scorso. Ma se l'acqua non è pubblica la pagheranno prima di tutto le classi deboli, le bollette saliranno del 300%. E nel Sud del mondo, se oggi sono 50 i milioni di morti di fame non perché non ci sia cibo ma perché molti non se lo possono permettere, ce ne sarà il doppio perché molti non avranno i soldi per pagarsi l'acqua. La democrazia ricomincia dai beni comuni.
Credo sia un segnale anche quello che il premio Nobel 2009 sia stato assegnato a Elinor Ostrom, una economista norvegese non ortodossa che lavora sul governo dei beni comuni.
(riduzione e adattamento redazionali)

I TRE QUESITI REFERENDARI
L’acqua è un bene comune e un diritto umano universale. Un bene essenziale che appartiene a tutti. Nessuno può appropriarsene, né farci profitti. L’attuale governo ha invece deciso di consegnarla ai privati e alle grandi multinazionali. Possiamo impedirlo. Mettendo oggi la nostra firma sulla richiesta di referendum e votando SI quando, nella prossima primavera, saremo chiamati a decidere.
E’ una battaglia di civiltà. Nessuno si senta escluso.
"La nostra vittoria servirà non solo nel panorama italiano ma darà anche una scossa all'Unione Europea. Se Parigi ha ripubblicizzato l'acqua, se nelle Costituzioni di Bolivia e Uruguay l'acqua è definito bene comune non mercificabile, possiamo farcela anche noi".
Alex Zanotelli
Vincere si può. Ad Aprilia si è vinto. L’acqua ritorna pubblica. Si porrà finalmente fine alle tariffe altissime, alle pattuglie con vigilantes armati che girano alla ricerca di contatori da sigillare, al muso duro da mostrare di fronte alle settemila famiglie di Aprilia che, legittimamente, non hanno mai riconosciuto la gestione privata. È una vera festa di liberazione la scelta di Aprilia, il miglior inizio per l'avvio della campagna referendaria. La vittoria di Aprilia inevitabilmente avrà un riflesso nazionale.
Mostra alle centinaia di comitati locali e a milioni di persone che oggi in Italia vivono la privatizzazione dell'acqua che cambiare rotta è possibile.
***
Quesito referendario n. 1 - Fermare la privatizzazione dell’acqua (abrogazione dell’art.23 bis L. 133/08)
Il primo quesito che verrà sottoposto a referendum abrogativo riguarda l’art. 23 bis (dodici commi)
della Legge n. 133/2008, relativo alla privatizzazione dei servizi pubblici di rilevanza economica. Si tratta dell’ultima normativa approvata dall’attuale Governo Berlusconi.
Al netto delle deroghe successivamente introdotte, la norma disciplina l’affidamento della gestione del servizio idrico, del servizio raccolta e smaltimento rifiuti e del trasporto pubblico locale. Essa stabilisce come modalità ordinarie di gestione del servizio idrico l’affidamento a soggetti privati attraverso gara o l’affidamento a società a capitale misto pubblico-privato, all’interno delle quali il privato sia stato scelto attraverso gara e detenga almeno il 40%. La gestione attraverso SpA a totale capitale pubblico viene permessa solo in regime di deroga, per situazioni eccezionali che, a causa di caratteristiche economiche, sociali, ambientali e geomorfoligiche del contesto territoriale di riferimento, non permettono un efficace e utile ricorso al mercato. Deroga che deve essere supportata da un’adeguata analisi di mercato e sottoposta al parere dell’Antitrust.
Con questa norma, dando per salvaguardate le attuali gestioni già affidate a soggetti privati o a società miste, si vuole mettere definitivamente sul mercato le gestioni dei 64 ATO (su 92) che o non hanno ancora proceduto ad affidamento, o hanno affidato la gestione del servizio idrico a società a totale capitale pubblico. Queste ultime infatti cesseranno improrogabilmente entro il dicembre 2011, o potranno continuare alla sola condizione di trasformarsi in società miste, con capitale privato al 40%.
La norma inoltre disciplina le società miste collocate in Borsa, le quali per poter mantenere l’affidamento del servizio dovranno diminuire la quota di capitale pubblico al 40% entro giugno 2013 e al 30% entro il dicembre 2015.
Promuovere l’abrogazione dell’art. 23 bis della Legge n. 166/2009 significa contrastare direttamente l’accelerazione sulle privatizzazioni imposta dal Governo e la definitiva consegna al mercato dei servizi idrici in questo Paese.
Quesito referendario n. 2 - Aprire la strada della ripubblicizzazione (abrogazione dell’art. 150 del D.lgs 152/06)
Il secondo quesito che verrà sottoposto a referendum abrogativo riguarda l’art. 150 (quattro commi) del Decreto Legislativo n. 152/2006 (c.d. Codice dell’Ambiente), relativo ala scelta della forma di gestione e procedure di affidamento, segnatamente al servizio idrico integrato.
L’articolo che viene sottoposto ad abrogazione richiama espressamente l’art. 113 del D. Lgs. n. 267/2000 (Testo Unico degli Enti Locali), disciplinando, come uniche forme societarie possibili per l’affidamento del servizio idrico integrato, le Società per Azioni, che possono essere a capitale totalmente privato, a capitale misto pubblico privato o a capitale interamente pubblico.
Se attraverso il primo quesito si vuole contrastare la privatizzazione imposta dall’attuale Governo Berlusconi, con questo secondo quesito ci si propongono ulteriori obiettivi. Il primo è quello di qualificare più compiutamente il percorso referendario come relativo al tema dell’acqua; infatti l’art 23 bis (primo quesito) non riguarda nello specifico il solo settore idrico. Il secondo è relativo alla necessità di intervenire sul problema della gestione diretta del servizio idrico, attraverso forme societarie che siano idonee a svolgere una funzione sociale e di preminente interesse generale. Da questo punto di vista, la mera abrogazione dell’art. 23 bis, lascerebbe immutato il panorama di affidamento oggi interamente coperto da SpA, ovvero da società di tipo privatistico (anche quando a totale capitale pubblico).
Poiché l’obiettivo del Forum italiano dei movimenti per l’acqua, e della coalizione ancor più ampia che si è costituita per avviare il percorso referendario, è sempre stato l’ottenimento della ripubblicizzazione dell’acqua, ovvero della sua gestione attraverso enti di diritto pubblico partecipati dalle comunità locali, l’abrogazione dell’articolo di cui al presente quesito non consentirebbe più il ricorso all’affidamento della gestione a società di capitali.
Infine, va ulteriormente rimarcato come la mera abrogazione dell’art. 23 bis non provocherebbe alcun sostanziale cambiamento concreto per tutta quella parte di popolazione (metà del Paese), che già oggi e da tempo ha visto il proprio servizio idrico integrato affidato a società a capitale interamente privato o a società a capitale misto pubblico-privato.
Quesito referendario n. 3 - Eliminare i profitti dal bene comune acqua (Abrogazione dell’art. 154 del D.lgs 152/06)
Il terzo quesito che verrà sottoposto a referendum abrogativo riguarda l’art. 154 del Decreto Legislativo n. 152/2006 (c.d. Codice dell’Ambiente), limitatamente a quella parte del comma 1 che dispone che la tariffa costituisce il corrispettivo del servizio idrico integrato ed è determinata tenendo conto dell’adeguata remunerazione del capitale investito.
Si tratta in questo caso di abrogare poche parole, ma di grande rilevanza simbolica e di forte e sostanziale concretezza. Perché la norma che si vorrebbe abrogare è quella che consente al gestore di fare profitti sulla tariffa, caricando sulla bolletta dei cittadini un 7% a remunerazione del capitale investito, senza alcun collegamento a qualsiasi logica di reinvestimento per il miglioramento qualitativo del servizio. Con un effetto per i cittadini di doppia vessazione, poiché da una parte viene mercificato il bene comune acqua, dall’altra gli utenti vengono obbligati a garantire il profitto al soggetto gestore.
Abrogando questa parte dell’articolo sulla norma tariffaria, si eliminerebbe il “cavallo di Troia” che, introdotto dalla Legge n. 36/94 (Legge Galli), ha aperto la strada ai privati nella gestione dei servizi idrici, avviando l’espropriazione alle popolazioni di un bene comune e di un diritto umano universale.
(fonti: www.acquabenecomune.org, Manifesto)
In risposta al messaggio di Antonella Fachin inserito il 24 Apr 2010 - 20:10
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