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Oliverio Gentile

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Inserito da Oliverio Gentile il 13 Ott 2009 - 11:39
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Da milano.corriere.it:

Il centro islamico

Un centro di preghiera che fa paura

Vent'anni di difficile convivenza tra la moschea di viale Jenner e la gente che vive nel quartiere

MILANO - Ha vent’anni, la moschea di viale Jenner. E nel giugno del ’95, ad appena sei dalla fondazione, viene travolta dalla prima inchiesta della magi­stratura che spalanca le porte del carcere all’inte­ro vertice amministrativo e religioso. Operazione «Sfinge» si chiamava l’inchiesta. L’imam di allo­ra, Answar Shaban, sfuggì alla cattura. Di lui si seppe qualche mese più tardi, quando morì com­battendo in Bosnia. A Milano reclutava kamika­ze, formava anime pronte a farsi saltare in aria per guadagnarsi il paradiso. Dopo lungo tempo passati agli arresti, i detenu­ti tornarono in libertà, furono rilasciati. Ma su viale Jenner, nel ’97, si abbatte un altro ciclone giudiziario. Altri arresti, altre accuse di associazio­ne per delinquere, anche perché il reato di terrori­smo internazionale non è ancora nel nostro codi ce. E non finisce qui.

Non si prega solo, in viale Jenner. Passano altri quattro anni, altre polemi­che. E nel 2001, era d’ottobre, il ministro del teso­ro americano collega l’istituto milanese a una pre­sunta società di copertura di Bin Laden, una ditta a Dubai che ufficialmente esporta miele. Si dice che in viale Jenner telefoni addirittura il respon­sabile militare di Osama. Ci sono le intercettazio­ni. Spunta un pentito, Houssaine Kherchtou, pro­prio il testimone chiave del processo americano a Bin Laden: «Fu l’imam del centro islamico di Milano — racconta il collaboratore ai magistrati statunitensi — a farmi arruolare nei campi di ad­destramento di Osama. Fu lui a organizzare il mio viaggio in Afghanistan...». La gente, soprattutto quella che vive attorno a viale Jenner, non ha di­menticato queste vicen­de. E adesso, dopo l’atten­tato del libico Mohamed Game, ha ancora più pau­ra. Per ammissione dello stesso portavoce del cen­tro islamico, Hamid Shaa­ri, da qualche mese il libi­co andava a pregare in moschea.

Prima era un ti­po tranquillo, dicono in tanti. Un giorno è cambia­to. L’idea di farsi saltare in aria, sono convinti dal­le parti della moschea, gli è venuta frequentando il centro. «Vogliamo subito un incontro con il ministro Roberto Maroni, non lo si può più rimandare... — dice il portavoce del comitato Jenner Farini, Luca Tafuni —. Già prima prosegue non riuscivo a trovare persone disposte a venire con me nean­che a una trasmissione televisiva perché aveva­no paura. Dopo questo attentato il disagio non potrà che essere peggiore... Se ne parla poco an­che sui giornali, eppure attraverso contatti che abbiamo stabilito con i gestori del centro abbia­mo scoperto che sarebbero disposti a pagarsi di tasca loro un’altra struttura e andarsene». Il dialo­go si fa difficile.

Biagio Marsiglia

13 ottobre 2009

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In risposta al messaggio di Alessandro Rizzo inserito il 12 Ott 2009 - 15:11
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