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.: Il Blog di Antonella Fachin
Lunedì, 28 Settembre, 2009 - 15:45

IL TAM-TAM DELLE IDEE: Il potere-come usarlo con intelligenza

Carissimi/e

 
sperando di fare cosa utile, vi suggerisco un libro che sto leggendo e che trovo molto interessante, al punto di consigliarvene la lettura.
 
Si tratta de “IL POTERE. Come usarlo con intelligenza
di JAMES HILLMAN.     
E’ un filosofo contemporaneo (anzi, lui si definisce uno psicoterapeuta delle idee!) che ci aiuta a comprendere i meccanismi che governano la nostra società e talvolta anche la nostra mente … il libro fa riflettere sui nostri meccanismi più o meno inconsci e quindi ci fornisce utili elementi di conoscenza e consapevolezza… per questo credo che debba essere letto da sempre più persone, affinché tutti quanti siano attori del proprio agire e non “marionette” di modelli inconsci.
 
Qualora lo abbiate già letto, o nel caso lo leggiate, mi farebbe piacere conoscere le vostre impressioni.
 
Cari saluti
Antonella
PS: riporto una recensione scaricata da internet e tratta da l’Unità.it
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Il potere del potere
Se vogliamo capire la società attuale non possiamo ignorare il nuovo «monoteismo» che ci governa: il business e i suoi condizionamenti.
 Parla James Hillman
Uno psicoanalista potrebbe pretendere di analizzare «i contadini, gli artigiani, le dame e i nobili del mondo medievale ignorando la teologia cristiana, come se fosse un atto irrilevante»? La risposta, naturalmente, è no. Dunque, sostiene James Hillman, «ogni psicologia che voglia tentare di capire i membri della società attuale» non potrà ignorare il nuovo «monoteismo» che ci governa: il Business. O, per meglio dire, l'«economia capitalista» specífica l'anziano guru con un divertito sorriso di complicità all'indirizzo della cronista dell'Unítà.  Un «monoteismo» che, in quanto tale, ci impone «una fede fondamentalista» nei propri principi.  E che esercita il Potere, quello al quale ci si riferisce comunemente, ma anche il Potere più influente, cioè quello dentro di noi, che ci conforma a vivere e ad avere la percezione di noi stessi secondo idee come «beni, scambio, costo, mercato, domanda, profitto, proprietà».  Pensiamo di stare male per una nostra insufficienza affettiva e per questa ci curiamo, ma curarci significa chiederci su quale scala di valori stiamo misurandoci. «Ci piacerebbe credere che sia l'amore a conformare il nostro destino.  In realtà, nella vita concreta, sono le idee del business le sole da cui non ci distogliamo mai», scrive Hillman.  Insomma, viene da tradurlo in termini shakespeariani, crediamo che dietro l'ordito della nostra vita ci sia Romeo e Giulietta, invece ci sono piuttosto il Mercante di Venezia o il Macbeth.
Settantasei anni, cravatta verde squillante, Hillman non rivela sintomi da jet lag mentre mangia, parco, un toast e beve un bicchiere di acqua minerale, anche se è appena arrivato dagli Stati Uniti qui a Mantova.  Occasione, la riedizione italiana, per Rizzoli, del saggio intitolato appunto Il potere, sottotitolo «Come usarlo con intelligenza», che Garzantì aveva pubblicato nel '96 con il titolo Forme del potere. E' un saggio nel quale il maitre-à-penser di Atlanta, ex-allievo di Jung, poi direttore della casamadre dello junghismo doc, l'Istituto di Zurigo, prosegue nella eretica missione che da un certo momento si è dato: ribaltare il rapporto tra individuo e mondo così come esso, nel Novecento, è stato codificato proprio dalla psicoanalisi classica.  E nel quale circolano diversi concetti che in sette anni sono tutt'altro che entrati nel cono d'ombra: mercato, potere, controllo, sicurezza. A ben vedere, concetti che hanno aumentato su scala gobale la propria potenza pervasiva.
Eppure, benché sembrino parole d'ordine dall'aura sempiterna e universale, hanno un'origine storica: «Nella Firenze delle banche e nella Riforma protestante, insomma sono in stretto contatto con il Cristianesimo e si evolvono con la Chiesa», dice Hillman.
E nel mondo d'oggi guerreggiano con modelli che cercano di farne traballare il fondamentalismo: «L'idea di economia che recupera le modalità del baratto e punta sul dono, e soprattutto la cosiddetta economica sostenibile, quella teorizzata da studiosi come Vandana Shiva, che vuole coniugare il profitto con la cura del pianeta, la giustizia e il limite», spiega.
Ciò che Hillman ci propone è un'operazione dialogica e maieutica: trovare col suo ausilio, dentro noi stessi, il significato vero delle idee che connettiamo al potere.
Per esempio «efficienza»: «I lager erano il capolavoro dell'efficienza: uccidevano cinquemila persone al giorno.  Quindi, all'idea di effìcienza, di per sé, se è sola, diventa demoniaca».  Riflettere su figure che incarnano attualmente il Potere: «C'è chi ha autorità, prima ancora di avere potere: Vaclav Havel prima di diventare presidente già "esisteva", e c'è chi invece ha solo il Potere: chi era Bush prima di entrare alla Casa Bianca, o cosa sarebbe Berlusconi senza le sue televisioni?».
Di ragionare, ed ecco che ci porta con tutti i piedi nell'attualità, su miti come quello dell'Eroe trionfante e dei suo corrispettivo, la Vittima. «Purtroppo, esso perdura.  Ed è per questo che una vicenda che avrebbe potuto segnare uno spartiacque, come la tragedia dell'11 settembre, per ora non produce nuova autoconsapevolezza».  La reazione dell'amministrazione americana è stata, osserva, una paradossale crescita del desiderio di Controllo.  Un potenziamento a dismisura di ciò che lui ha definito la «civiltà dell'airbag»: il feticismo delle assicurazioni e delle istruzioni di sicurezza. «Eppure, oggi ormai sappiamo che una ragazza di diciott'anni, con una bomba sotto la camicia, può far esplodere qualunque cosa.  L'idea di controllo militare entra per forza in crisi.  E allora, grazie a Dio, prima o poi dovremo cominciare a pensare in modo diverso», dice.
Ottimista?  La sua speranza è che «le idee del Potere cedano il posto al potere delle idee».
Ora, professor Hillman, soddisfi una curiosità che ci ha lasciato la lettura dì tanti suoi saggi, Il mito dell'analisi come Il codice dell'anima, Puer aeternus come La forza del carattere.  La sua fama planetaria si è formata, per una buona parte , sul suo j'accuse all'efficacia dell'analisi.  La considera del tutto ininfluente, dannosa? «Ma no.  Quando si ha fame ogni nutrimento può servire».  Lei esercita ancora come psicoterapeuta? «Ho smesso dieci anni fa, dopo trentacinque anni».  Perché? «Oggi faccio psicoterapia delle idee.  Se mi si presenta un uomo in crisi col suo matrimonio, la prima cosa da chiedersi è: cosa intende lui per matrimonio, e cosa intende sua moglie?».