.: Discussione: Expo 2015, Milano scopre il 'pollice verde': avrà un nuovo modello di agricoltura urbana

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Oliverio Gentile

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Inserito da Oliverio Gentile il 11 Set 2009 - 11:51
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Da milano.corriere.it:

L'intervista: «L’esposizione sarà un’occasione per lanciare un nuovo modo di pensare»

«Milano riscoprirà l’anima agricola
Meno cemento ma case valorizzate»


L’architetto Stefano Boeri sul master plan per Expo 2015: il progetto di Milano supera i modelli tradizionali

Il guru è stato Carlin Petrini. «L’illu­minazione ci è arrivata quando ci ha par­lato di coltura di prossimità. Noi cerca­vamo un’idea che puntasse sull’espe­rienza diretta, Petrini ci spiegava Mila­no agricola ed è nato il progetto». Un progetto condensato nel concept plan che proprio l’architetto Stefano Boeri ha presentato l’altro giorno insieme ai col­leghi cui è stato affidato l’incarico (Jac­ques Herzog, Ricky Burdett, Joan Bu­squets, William McDonough) di dare una sede all’Expo 2015 dedicato al tema della nutrizione: invece di realizzazioni monumentali e di stand asettici, ecco serre e lotti dove i Paesi del mondo pre­senteranno i loro prodotti, dalla semina al piatto in tavola, accompagnando i vi­sitatori in un percorso visivo e tattile tra i sapori e i saperi agricoli del pianeta.

Un’idea tutta vostra, o politica e spa vi hanno dato linee guida?

«Abbiamo avuto massima libertà. Sia­mo stati contattati per la Consulta circa un anno fa dal sindaco Letizia Moratti, che ci ha comunicato il tema, l’area scel­ta e il budget a disposizione. Nessun vin­colo: neppure con la nascita della socie­tà e l’arrivo di Stanca, che anzi che ci ha spronati a continuare quando ci si stava bloccando perché si era diffusa la preoc­cupazione sul dopo».

Da dove si comincia a progettare un’Expo?

«Intanto dalle nostre storie, visto che tra noi c’è chi ha lavorato per il G8 della Maddalena, chi per le Olimpiadi di Lon­dra, chi per quelle di Barcellona. Ma poi abbiamo voluto cercare qualcosa di nuo­vo per superare il modello tradizionale di Expo, dove nostri prodotti o proponi rappresentazioni a distanza. L’idea è sta­ta di puntare sull’esperienza diretta e il tema dell’alimentazione ci ha agevolato: sperimentare come si coltiva, raccoglie, confeziona, distribuisce, consuma».

E Petrini?

«L’incontro con lui è avvenuto quasi subito ed è stato decisivo: ci ha parlato della opportunità di valorizzare le coltu­re di prossimità, di mettere in moto l’agricoltura vicino alla città. In fondo la destinazione originaria del terreno scel­to per Expo è agricola..».

Architetto, il concept è più frutto di una suggestione o delle ristrettezze della crisi?
«Con o senza crisi, la proposta sareb­be stata quella. Diciamo che, alla luce della situazione attuale, è ancora più ra­gionevole».

Quale sarà il messaggio di Expo?
«La pensiamo come un momento non solo divulgativo, ma di avanzamen­to del sapere: sarà occasione per lancia­re un nuovo modo di pensare, per dare visioni soprattutto ai giovani. Certo, è un progetto molto ambizioso che richie­de una politica di altissimo profilo, e la società Expo deve entrare da subito in contatto con i Paesi espositori per capire come organizzarsi anche dal punto di vi­sta tecnico».

Come si porta il deserto o la foresta amazzonica a Milano?

«Ci sono diverse esperienze di rico­struzioni di biomi o microclimi. Certo, qui sarà più complicato perché li rico­struiamo tutti e poi li dobbiamo rappor­tare all’agricoltura, nel senso che se fac­ciamo un pezzo di foresta tropicale, lì ac­canto poi partiranno le piantagioni di caffè. Ma si può fare».

Il cardinale sostiene che non si è pensato al tema dell’accoglienza.
«Eppure abbiamo fatto un progetto sulle cascine, che sono sicuramente uno dei luoghi più importanti di accoglienza a Milano. A Parco Lambro, ad esempio, ce ne sono 5 e lì operano don Mazzi e don Colmegna, suor Ancilla e una comu­nità per i giovani. È una ricchezza che va consolidata. Poi, vorremmo trasformar­ne alcune in luoghi di residenza tempo­ranea per studenti, visitatori e anche uo­mini d’affari».

Un sito con poco cemento. Non te­mete la rivolta dei costruttori?

«Burdett diceva che nelle valutazioni per Londra 2012 hanno calcolato che quando c’è l’acqua, il valore delle case aumenta del 25 per cento. Con il verde, arriviamo anche al 50 per cento. Neppu­re gli immobiliaristi più ottusi possono ignorare questi aspetti e la necessità di lavorare in modo selettivo puntando sul­la qualità, per rispondere ad una doman­da che è anche in calo».

Elisabetta Soglio
11 settembre 2009

In risposta al messaggio di Oliverio Gentile inserito il 19 Ago 2009 - 09:00
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