.: Discussione: Expo per un messaggio di nuova umanità

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Oliverio Gentile

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Inserito da Oliverio Gentile il 21 Nov 2008 - 12:32
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Da ViviMilano - caso del giorno

http://www.corriere.it/vivimilano/caso_del_giorno/articoli/2008/11_Novembre/21/caso.shtml

Il caso del giorno

Expo per un messaggio di nuova umanità

Non è facile continuare a credere nella trasformazione, nel miglioramento, in un Bel Paese così giovane, eppur tanto vecchio

Caro Schiavi, se all'incontro al Museo di Storia Contemporanea di mercoledì non ero l'unico under 30 presente in sala, gli altri si mascheravano benissimo. Non è facile continuare a credere nella trasformazione, nel miglioramento, in un Bel Paese così giovane, eppur tanto vecchio. Ho continuamente conferme dell'incapacità di una generazione che ormai dovrebbe lasciare spazio al ricambio di comprendere le trasformazioni in corso... Non è riproponendo Milano «città moderna», «capitale della modernità», che si può credere che questa città divenga un prototipo per il Paese, come forse era stato nel 1906. Difatti è proprio il termine «modernità» che coglie nel segno la profonda differenza tra le esposizioni del passato e la fiera del futuro: se nel 1906 la modernità era «futuro» (o meglio un futuro-presente, l'automobile esposta ne sembrerebbe la prova), oggi la modernità è «passata». Tra i molteplici esempi della «crisi della modernità» può essere citato il tempo. E così, come per il tempo che dall'accelerazione è arrivato all'istantaneità, anche la speranza di un'espansione senza limiti della scienza e del progresso mi sembra ormai inattuale. Ecco che la modernità entra in crisi quando viene a confrontarsi con i propri limiti. Ecco che da «progressisti» quasi ci vogliamo ad essere «conservatori», cioè a «salvare il salvabile», a tutelare l'ambiente e la differenza culturale, e quindi il cibo (uno dei più forti legami tra natura e cultura). Se Milano si riproponesse all'insegna della modernità non sarebbe pertanto al passo con i tempi. Che cosa viene dopo la modernità? A questa domanda si deve rispondere. Come cioè abbandonare l'espansione senza limiti, propria dell'ottimismo positivista, senza per questo perdere fiducia nel futuro; quali ideali e progetti saranno capaci di rinvigorire la «vitalità del sentimento»? Quali casse di risonanza vengono offerte a chi, sotto i 30 anni, sta oggi riflettendo sui problemi che forse domani minacceranno la dignità della vita?

Gregorio Taccola

Caro Gregorio, posso dirti che c’era una volta il futuro e si chiamava Duemila: è stato per anni un faro, ma forse era solo una finzione, un traguardo fissato nel tempo. Oggi che questo tempo è liquido, e si scioglie come i replicanti di Blade Runner, tocca a noi fissare degli obiettivi e dei limiti ideali, creare una «vitalità del sentimento». Se nel 1906 la modernità era la tecnica, oggi la modernità è l’uomo: in questo hai ragione, siamo dei conservatori. Che ne dici di un Expo capace di lanciare un messaggio di nuova umanità?

Giangiacomo Schiavi
21 novembre 2008