.: Discussione: Imbrattamento della città

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Andrea Giorcelli

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Inserito da Andrea Giorcelli il 13 Nov 2008 - 00:07
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Sono rimasto ancora una volta amareggiato dalle dichiarazioni di "Bros" e dall’articolo del Corriere Milano del 2/11 sul quindicenne “annoiato e insospettabile figlio della ricca borghesia milanese” che vive in centro, fa vacanze in posti da sogno, circondato dalla bellezza, ma non ha scrupoli a portare ulteriore bruttezza dove non vive lui, nelle tristi periferie che a suo dire e di Biondillo possono solo migliorare grazie alle “spruzzate di colore”.
Le scritte e disegni murali di tutti i tipi (perché chiamarli "graffiti"? un graffito è "un inciso o un disegno tracciato su roccia, metallo o ceramica con una punta che scalfisce la superficie in modo da scoprire parte di uno strato di colore diverso preparato di sotto, o riempiendo le incisioni con materiale di colore diverso", niente a che vedere con quello di cui si parla), oltre a esser espressione di nulla e spesso di dubbio valore artistico sono elementi entrati di forza e non invitati nello scenario cittadino, determinando, come anche gli onnipresenti cartelli e adesivi pubblicitari, un grande disordine, un inquinamento visivo che tutti si sono dovuti abituare a subire rassegnati e che influisce negativamente a livello psicologico.
L'aspetto della città dovrebbe essere una scelta di tutti cittadini, da tradurre a livello istituzionale con un'attenta e generale pianificazione urbanistica e dell'arredo urbano che la rispecchi, e non essere alterato da pochi imbrattatori.
Credo sia diseducativo proporre quest'attività in termini positivi, si deve invece separare nettamente l'elemento artistico dalla componente di danneggiamento e trasgressione, che spesso si fondono in maniera ambigua e strisciante.
Chi decide che cos’è arte e che cosa no? Non si può saperlo prima che l’opera sia realizzata, allora nel dubbio tutti gli aspiranti sarebbero autorizzati a utilizzare la città per esercitarsi a spese del decoro urbano e dei cittadini?
Oltre a sporcare muri, case, monumenti, fontane, tettoie per bici, vagoni, e tanto altro, con vernici solitamente per metalli inadatte al supporto murario che si scrostano in breve tempo, deteriorando gravemente i materiali di cui sono composti, il danno che provocano alla città è enorme e non è solo identificabile nei danni materiali o d’immagine.
Un altro effetto negativo del vandalismo in genere è che la gente diventa sempre piú chiusa e diffidente, che aree o piazze pedonali, giardini pubblici, fontane, porticati, cortili aperti, insomma gli spazi pubblici che da sempre caratterizzano la vita pubblica e la storia delle città, si sono trasformati in luoghi fortemente indesiderati dai cittadini, da evitare, da chiudere, da non realizzare, da non avere sotto casa, perché non sono vissuti come degli elementi di valore e vivibilità come dovrebbe essere se vivessimo un paese civile, ma come dei problemi, dei fastidi.

Perché dobbiamo sottostare al ricatto strisciante e puramente arrogante per cui, se non vengono destinate superfici per tale attività, ci si ritrova scuole, serrande e palazzi ricoperti di scritte?
Giudico patetica la giustificazione secondo cui ravvivano la città col colore, anzi, mi sembra che accentuino il senso di disagio, sporcizia e marginalità. Io dico che è cento volte meglio un muro o un cavalcavia grigio ma pulito, piuttosto che riempito d'orridi scarabocchi.

Anche la proposta di dedicare spazi appositi in determinati luoghi non mi sembra corretta — a meno di una valutazione dell'impatto d’insieme nel contesto urbano e dell'inserimento nell'ambiente  — perché la scelta ricadrà su qualche area periferica già colpita da degrado e non certo sul salotto buono del centro. Cosí come non è accettabile la soluzione di alcuni negozianti che, per evitare scarabocchi, si sono accordati coi "graffitari" per farsi dipingere con un disegno la serranda, che i regolamenti comunali prevedono invece di colore uniforme.

Che gli esercizi di stile e l'arte si sviluppino su supporti diversi, mobili e non immobili, interni e non esterni: facciamo realizzare i "graffiti" su pannelli rimovibili, magari messi a disposizione del Comune, da esporre, nei casi in cui si tratti di opere d'arte, in determinati spazi al chiuso o temporaneamente all'aperto. Altri spazi della città che potrebbero accogliere i murales sono i lunghi sottopassaggi, i corridoi di metropolitane e treni, dove non sarebbero visibili da lontano e quindi non avrebbero un effetto negativo sul paesaggio, che altrimenti ne subirebbe la disarmonia.

D’altra parte chi progetta la città futura (sia edifici, sia arredo urbano, ecc.) dovrebbe tener conto anche di questa minaccia, evitando superfici scrivibili accessibili dagli spazi pubblici, es. costruendo su pilastri, o realizzando basamenti molto ruvidi, pareti scabrose. Un'altra idea potrebbe essere piantare dei rampicanti per coprire i muri.

E per poter irrogare le nuove sanzioni agli “imbrattatamuri”, difficili da cogliere sul fatto, si potrebbe predisporre una catalogazione fotografica di tutte le scritte murali presenti nel territorio comunale e ritenibili segni di identificazione dell’autore (cosiddette “firme” o, in inglese, “tags”), nonché delle precise località in cui siano rinvenute, per poter procedere, in caso che sia colto in flagranza, alla contestazione di tutte le altre “firme” precedentemente catalogate riconducibili e quindi imputabili a quell’autore. Ciò permetterebbe anche di costringerli a ripulire tutte le proprie scritte.

Andrea Giorcelli
Consigliere della zona 7 (capogruppo Verdi)