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Lunedì, 27 Ottobre, 2008 - 15:27

Acqua e profitto privato: DUE DOMANDE AL MINISTRO TREMONTI

DUE DOMANDE AL MINISTRO TREMONTI
di Emilio Molinari (presidente del Comitato Italiano per un Contratto Mondiale sull'Acqua)
(tratto da “Lavori in Corso” n. 125, il periodico online dell'Associazione Culturale Punto Rosso.)
Lunedì 20 settembre, il ministro Tremonti intervistato dal Corriere della Sera, parla di valori simbolici e spirituali che rendono insostituibile l'acqua, da cui sorge la vita stessa: "Acqua e cibo non sono da abbandonare alla logica del profitto privato ... non sono problemi di sola tecnologia, risolvibili con la scienza, ma sono i problemi della politica e della morale ... l'efficienza economica ha poco o nulla a che fare con il soddisfacimento dei bisogni primari ... ".
Sono le parole del movimento dell'acqua, di migliaia di cittadini e di centinaia di sindaci, impegnati nell'impedire la messa sul mercato di questo bene comune e la privatizzazione dei servizi idrici.
Stanno scritte in una legge d'iniziativa popolare, firmata da 400.000 cittadini e consegnata al Parlamento nel 2007, nella quale i servizi idrici non sono considerati di carattere economico ma, nello spirito dell'art. 43 della Costituzione, stanno nella sfera dell'interesse generale, da gestire pubblicamente.
Bene, sig. ministro, lei ci conferma nelle nostre convinzioni, anche quando mette in guardia dall'idea che il mercato sia la risposta alla domanda di Diritti fondamentali. Ha detto cose che nessun politico italiano ha finora pronunciato, ma è in grossa contraddizione con il suo ruolo.
Il 6 agosto, la legge 133 presentata dal suo governo e votata all'unanimità dal Parlamento, ha definito tutti i servizi pubblici locali, compresa l'acqua, di carattere economico e ha reso obbligatorio per Comuni, Province e ATO, privatizzare, entro il 31 dicembre del 2010, tutti i servizi pubblici locali del nostro paese, compresi i servizi idrici.
Tutti i servizi pubblici tolti alla gestione degli enti locali e consegnati a poche Spa italiane, a banche e a due multinazionali francesi.
E' un fatto storico che merita una discussione pubblica.
L'acqua diventa una merce quotata in borsa: ACEA, IRIDE, HERA, A2A, SUEZ, VEOLIA, le loro fusioni, le banche e "i fondi" domineranno il mercato idrico e dei servizi italiano.
Ma se i Comuni non gestiscono più beni comuni e servizi essenziali, se si cancella un pezzo di storia dei municipi e delle municipalizzate, cosa diventa la democrazia? E i sindaci? Giocheranno in borsa con derivati e titoli spazzatura, venderanno il territorio per fare cassa, gestiranno la paura e l'ordine pubblico?
Questo non è interesse generale e primato della politica, di cui lei parla.
Che senso ha parlare di "svolta storica del federalismo fiscale" senza beni comuni, senza servizi pubblici da gestire da parte delle comunità locali?
Sig. ministro, si stanno intrecciando tre crisi che rischiamo di diventare una terribile crisi di civiltà:
• la crisi economica e finanziaria;
• la crisi delle risorse, di cui acqua e cibo sono gli aspetti più evidenti (un miliardo di profughi idrici e 820 milioni di contadini della sussistenza cancellati);
• la crisi della democrazia, che nasce dalla paura di questo miliardo di assetati e affamati e dalla privatizzazione della politica e delle istituzioni prigioniere della borsa e delle lobby economiche e criminali.
Il crollo finanziario altro non è che il fallimento delle privatizzazioni e dell'idolatria dell'efficienza, efficacia, economicità del privato e del mercato. E' una catastrofe da anni '30 si è detto, ma dell'ubriacatura delle privatizzazioni nessuno fa cenno, nessuno si scusa.
Allo Stato, al quale si è chiesto di ritirarsi dall'economia, al denaro pubblico, introvabile per riparare reti idriche, fare sanità, scuola, servizi essenziali, si chiede di salvare l'economia dell'azzardo, affermando il primato dell'investitore su quello del cittadino.
Miliardi, che richiederanno nuovi tagli alla spesa pubblica, nuove privatizzazioni, un ulteriore declino della partecipazione.
Non pretendo di formulare proposte per la crisi in atto, resto sul terreno da lei indicato dall'intervista: acqua e cibo. Ricordare gli anni '30 - però - dovrebbe far pensare a un nuovo New Deal e a un nuovo Welfare, a investimenti pubblici per servizi essenziali gestiti localmente, in modo partecipato, dai cittadini, con i quali rilanciare l'occupazione.
Sig. ministro, in molte parti del mondo sull'acqua si sono messi forti vincoli: in America Latina le Costituzioni dichiarano l'acqua non mercificabile, la municipalità di Parigi se ne riprende la gestione, la Svizzera la dichiara monopolio di Stato, in Belgio, Austria, Olanda, persino negli USA, l'acqua è pubblica.
L'acqua non è un bene di carattere economico, lei l'ha confermato, ma coerenza vuole che almeno:
si scorpori il servizio idrico dalla legge 133 e si apra una discussione sui servizi di interesse generale (art. 43 della Costituzione) e sulla legge di iniziativa popolare del movimento;
si intervenga con un piano di investimenti pubblici per rinnovare l'intera rete idrica italiana che disperde il 35% della preziosa acqua;
• si chieda all'Europa di predisporre un Fondo pubblico per portare acqua potabile e per l'alimentazione di base, nel Sud del mondo;
• si partecipi al Forum Mondiale dell'Acqua di Istanbul 2009, dichiarando che l'acqua è un diritto umano, da sottrarre alle multinazionali.
C'è un'altra crisi in atto sig. ministro ed è quella dei linguaggi "virtuali" che la politica adotta e che non coincidono mai con i fatti e la realtà.
Anche questo è un pericolo per la democrazia.