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Antonella Fachin

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Inserito da Antonella Fachin il 7 Mar 2009 - 15:02
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Gentile Sig. Batocchi,

rispondo volentieri alla sua richiesta di precisazioni e, se non le spiace, senza bisogno di chiedere all’autore di quelle parole il loro significato. Credo di esserne capace da sola e, del resto, se le ho riportate nel post, la ragione è semplice: le condivido.

Il fatto che riporto scritti di altri vuol essere un arricchimento di riflessioni per tutti; non mi considero tuttologa né voglio essere autarchica e vivere e scrivere solo di mio.

Ho l’onestà intellettuale di non fare mio quello che è stato scritto da altri e quindi dico chi ne è l’autore se lo scritto è pubblico; negli altri casi,preciso che le parole sono state scritte da amiche e/o amici in uno scambio non pubblico di mail e non ne riporto per correttezza il nome.

Inoltre per me le idee e le riflessioni non debbono essere di proprietà di qualcuno: ha importanza se una considerazione la svolgo io o se riporto le parole di altri? A me interessa l’idea e non la personalizzazione dell’idea.

Infine io apprezzo più chi dice una cosa saggia di altri, poichè vuol dire che ne ha compreso il significato e valore, di chi dice una cosa stupida che è frutto del suo solo pensiero!

Fatte queste premesse, torno alla sua cortese richiesta. Ciò che ho scritto qui di seguito sono precisazioni, spiegazioni, per dare alle parole il significato che noi (il suo autore ed io) intendiamo e per consentirLe di comprendere il nostro pensiero; certamente non per condividerlo. Non ho questa pretesa.

Dunque:

"neofascismo populista asservito alle leggi del mercato".
L’espressione “neofascismo” non richiama storicamente, né per il mio amico né per chiunque altro parli oggi di neofascismo (v. ANPI e molti storici) il “fascio littorio” dell’antica Roma, bensì il ben più triste e tragico ventennio del fascismo italiano che dagli anni ’20 alla seconda guerra mondiale ha governato e controllato con un regime totalitario l’Italia.

Il neofascismo è il fascismo che dopo la seconda guerra mondiale ha continuato ad operare in Italia sotto diverse vesti, partiti e movimenti sino ai giorni nostri.

Si riferisce non solo alla tendenza a una celebrazione nostalgica del fascismo storico (quello di Mussolini), ma anche e soprattutto alla ripresa di una certa idea di nazionalismo sintetizzata nello slogan “l’Italia agli Italiani”.

Slogan ridicolo e anacronistico perché, in primo luogo, se tutti i milioni di Italiani sparsi per il mondo ritornassero in Italia (come ho fatto io, che sono nata a Londra) non ci sarebbe più un centimetro quadrato libero sul nostro territorio, altro che fuori gli stranieri dall’Italia!

In secondo luogo lo slogan è espressione della tipica argomentazione xenofoba di una attinenza della criminalità e del terrorismo con l’immigrazione, soprattutto clandestina, come se a delinquere fossero solo gli stranieri o gli Italiani “non omologati”, e dell’illusione che i problemi degli Italiani dipendano dalla presenza di stranieri (v. mancanza di case, di posti negli asili nidi e nelle scuole; servizi pubblici insufficienti ecc.).

Nel neofascismo –inteso non solo come movimento politico, ma anche come atteggiamento culturale e/o di opinione- è diffuso l’atteggiamento di rifiuto della società multirazziale in quanto tale. C’è inoltre la tendenza non a pretendere che chi delinque sconti la sua pena, sia esso italiano o straniero, ricco o povero (per il nostro codice penale peraltro povertà ed emarginazione possono essere delle attenuanti, a causa dell’influenza negativa dell’ambiente sulla volontà del singolo, e non aggravanti come si vorrebbe adesso!) ma, se si tratta di diverso o di straniero, a criminalizzare l’intera etnia: tutti i Rom e i Sinti sono ladri, anche di bambini; tutti i Rumeni sono assassini e stupratori; tutti gli Albanesi sono criminali e assassini e via di questo passo.

Questa generalizzazione è una forma evidente di razzismo, così come in passato (e forse in alcuni paesi ancora oggi) tutti gli Italiani erano considerati mafiosi o scansafatiche.

In questo neofascismo ha inoltre ripreso fiato un tema che non era più stato all’ordine del giorno dai tempi del fascismo storico, la cosiddetta omofobia, l’odio/disprezzo verso gay e lesbiche, e più in generale l’atteggiamento diffuso del rifiuto dei “diversi” e dei “deboli”.

Insomma con il termine “neofascismo” si fa riferimento a quella strategia politica che cerca di intercettare le inquietudini presenti nella società e di dare ad esse asserite risposte “forti” e razziste, sulla base di affermazioni e asserzioni che poi molte persone comuni e gli stessi mezzi di comunicazione riprendono e diffondono.

L’aggettivo “populista”: non è sinonimo di “popolare” ossia, come Lei ha scritto, di “atteggiamento a favore del popolo”, bensì indica un atteggiamento politico strumentale, tipico della maggior parte delle dittature, che è basato sull’accentuazione del rapporto diretto fra il leader e le masse popolari, il popolo di cui il leader si dichiara portavoce e di cui asserisce di perseguire il bene.

Da qui l’idea, viva ancora oggi, che al potere c’è bisogno di un uomo di polso, un uomo forte che decida per tutti e che “spazzi via” rom, romeni, slavi, mussulmani (e chi più ne ha più ne metta): questo non è tipico solo dei regimi totalitari e del fascismo storico; questo viene sostenuto anche oggi dal neofascismo.

Questo approccio politico-culturale neofascista non cerca di risolvere strutturalmente, alla radice, i problemi sociali e di convivenza “a favore del popolo”; si limita sostanzialmente a “cavalcare l’onda” delle inquietudini popolari con reazioni “emergenziali” e con forme più o meno palesi di discriminazione, non procede all’analisi del problema e all’individuazione di azioni e politiche sociali, le uniche che nel tempo possono garantire un reale miglioramento delle condizioni di vita e del clima sociale all’interno delle città e del paese.

Questo approccio, ad esempio, si propone di:

-         risolvere il problema della casa non con politiche di edilizia sociale vera e diffusa, ma solo favorendo la “guerra tra poveri”: sì per gli Italiani e no per gli immigrati, anche se essi sono legittimamente in Italia, con permesso di soggiorno e lavoro, ed hanno i requisiti richiesti per essere in graduatoria.

-         di chiudere il flusso di immigrazione, anche se la stragrande maggioranza di immigrati hanno un lavoro, sia esso dipendente sia esso autonomo (come se il flusso di persone povere dal sud del mondo al nord più ricco possa essere arrestato!).

-         di rilevare le impronte digitali ai bambini e agli adulti Rom e Sinti, con evidente discriminazione tra italiani.

-         di invitare i medici a denunciare i clandestini che ricorrono al pronto soccorso.

-         di usare l’esercito nelle città, per ragioni di ordine pubblico anche in tempo di pace.

-         di legittimare le ronde di cittadini, anziché spendere i soldi pubblici per potenziare e meglio organizzare le forze dell’ordine.

Tutto ciò per il popolo!

Tutto ciò, peraltro, non fa ha fatto che favorire la diffusione di reazioni personali e/o di gruppo nello stile western del “farsi giustizia da sé”.
E’ ritornata a livelli emergenziali la violenza di strada, la pratica squadristica, in un crescendo che ha visto il 2008 costellato di episodi di violenza, commessi da Italiani, anche gravi e inquietanti (v. raid punitivi a Roma e dintorni contro stranieri regolari del tutto estranei a precedenti episodi di violenza).

Tutto ciò non ha ridotto la violenza nelle mura domestiche che rappresenta il 70% degli abusi sessuali e della violenza su donne, bambini e ragazzi.

Tutto ciò non ha ridotto i fenomeni di bullismo.

Tutto ciò non ha ridotto i fenomeni di pedofilia, commessi non dall’orco nero, dallo sconosciuto, ma nella stragrande maggioranza dei casi da italiani insospettabili, parenti, amici o conoscenti dei minori e delle loro famiglie.

Tutto ciò cerca di reprimere fenomeni di violenza con gli stessi risultati di chi volesse svuotare la vasca da bagno lasciando il rubinetto aperto.
Bisogna agire sulle cause che sono connaturate a questa società ancora basata sulla sopraffazione, sulla mancanza di rispetto nei confronti dell’altro, sia all’interno della famiglia sia nella società, dalla scuola agli ambienti di lavoro.

Da qui anche l’espressione di neofascismo “asservito alle leggi del mercato”, espressione che si basa sulla constatazione che questo atteggiamento neofascista (ossia razzista e nazionalista che cerca di trovare nel consenso popolare la giustificazione del suo operato) vive all’interno del sistema capitalistico occidentale (al tempo di Mussolini e di Hitler la borghesia industriale era in gran parte fascista e nazista convinta): i penultimi cercano di prendersela con gli ultimi, non con il sistema che favorisce lo scontro anziché la convivenza; lo sfruttamento (v. lavoro in nero) anziché il rispetto della persona in quanto tale; gli affari a tutti i costi anziché l’etica negli affari; il privato ovunque anziché la tutela pubblica dei beni comuni; il potere del denaro anziché il merito e l’equità sociale.

Cordiali saluti a tutti/e
Antonella Fachin
Consigliera Zona 3
Capogruppo Uniti con Dario fo per Milano
In risposta al messaggio di Francesco Batocchi inserito il 3 Mar 2009 - 21:42
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