.: Discussione: Box a Milano, dieci anni di scandali

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Antonella Fachin

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Inserito da Antonella Fachin il 23 Lug 2009 - 10:50
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Oltre ai disagi dei cittadini residenti che devono convivere con dei cantieri di durata indefinita, pressoché infinita, che portano degrado e disturbi vari,
oltre ai danni che alcuni edifici hanno subito per i cedimenti dei loro immobili confinanti con i cantieri (vi sono immobili che ora pendono di 4° e appartamenti con fenditure e fessurazioni)
oltre ai danni economici dei commercianti che operano vicino ai cantieri e che nel corso degli anni di cantierizzazione hanno visto ridursi sempre di più la clientela e, conseguentemente, gli affari.
oltre all'inerzia del Comune che, in fase di scelta delle aree per i box sotterranei ha preteso di operare nell'interesse pubblico con i poteri di commissario straordinario dell'allora sindaco Albertini, ma in seguito si è pilatescamente lavato le mani di fronte ai problemi denunciati dai cittadini residenti, singolarmente o attraverso i vari comitati costituitisi,
oltre a tutto ciò, ora c'è anche il disagio dei prenotatari ....

Cordiali saluti atutti/e
Antonella Fachin
Consigliera di Zona 3
Capogruppo Uniti con Dario Fo per Milano
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dal Corriere della sera di lunedì 20 luglio 2009:

Govone, Risorgimento, Darsena: centinaia i proprietari sulla carta

Box, ritardi e prezzi raddoppiati
Il Comune: no agli aumenti

Costruttori in liquidazione e cantieri infiniti. I clienti: una truffa, per fare il rogito ci chiedono sempre più soldi


MILANO - Proprietari, ma «precari». I 267 citta­dini che hanno comprato un box in via Govone, zona Mac Mahon, aspettano da gennaio 2007 di firmare l’acquisto di fronte a un notaio. Dopo due anni e 3 mesi di ritardo sui lavori, oltre 40 mi­la euro già pagati e una richiesta d’au­mento dei prezzi del cento per cento, possono usare il loro garage. Ma ne hanno preso possesso secondo l’inedi­to equilibrismo giuridico della cessio­ne «a titolo precario». Altri 23 cittadi­ni, che contestano il rincaro dei prezzi, non hanno neppure ritirato le chiavi. Va anche peggio in piazza Risorgimen­to: qui altri acquirenti, che si sono rifiu­tati di cedere ad aumenti di prezzo del loro garage (aumenti giudicati illegitti­mi dal Comune), sono stati esclusi dal­la cooperativa. «E ora andremo in Tri­bunale», dicono.

Poi c’è piazza XXV Aprile, dove il costo dei box è già salito da 26 a 33 mila euro. Prima ancora del­l’inizio dei lavori. La politica dei parcheggi interrati ha disseminato la città di crateri prima, di contenziosi e battaglie legali oggi. I ca­si di Govone, Risorgimento e XXV Apri­le sono tutti legati alla stessa azienda, la Vfv Consultecno della famiglia Villo­resi. Una galassia di cooperative rag­gruppate nel consorzio edilizio «Il Qua­drello». E due Spa, tra cui quella che do­vrà scavare per costruire 700 posti au­to sotto la Darsena. Lì sui Navigli, il cantiere non è neppure partito. E da tre anni l’antico porto di Milano è ridotto a una discarica, in cui gli unici a goder­sela sono i topi che sguazzano tra fan­go e immondizia. Le nuove perizie spiegano come è stato impostato l’«affare box»: dal 2001 l’«interesse pubblico» di ridurre il traffico ha dato il via a oltre duecento cantieri per parcheggi sotterranei, un giro d’affari da oltre un miliardo di eu­ro, finito per lo più in mano a 5 grossi gruppi di costruttori. Con un sistema di regole che garantiva sentieri e scor­ciatoie.

Funzionava così: il Comune metteva a bando un’area, si faceva la gara, se l’aggiudicava quasi sempre la prima azienda ad essersi proposta. A quel punto veniva fissato un prezzo medio a cui vendere i box, i cittadini accorrevano e pagavano, poi spuntava­no una miriade di lavori «imprevisti» in corso d’opera e i prezzi salivano del 10, 20, 50 per cento. E anche di più. Con il cambio della giunta, da Albertini a Moratti, e con la città martoriata da lavori infiniti e proteste, è arrivata una stretta sulle regole. Il caso di via Govone è emblematico: a maggio 2004 l’area viene concessa al­la società «Il Quadrello», a patto che co­struisca il parcheggio in 540 giorni e venda i posti auto a un costo medio di 19.930 euro. I cittadini firmano e paga­no. I lavori dovrebbero terminare a no­vembre 2005, ma il parcheggio viene concluso oltre 2 anni dopo, a dicembre 2007. Ma la vera sorpresa è il prezzo: la richiesta per un box (come riportato dalla perizia «arbitrale» depositata il 30 giugno scorso) sale a 36.238 euro. Perché? L’azienda elenca una serie di impro­babili «imprevisti», come l’obbligo di doversi adeguare in corso d’opera alle leggi antincendio (che ovviamente do­vevano essere già rispettate nel proget­to iniziale).

In più chiede un aumento di quasi 3 milioni di euro (spese da di­stribuire tra chi ha comprato i box) per i due anni e tre mesi di ritardo. Rispon­de il Comune (il 3 ottobre scorso): «Si ritiene che l’operatore non possa avan­zare richieste di danni a fronte di pro­lungamenti » dovuti a «una sua carente organizzazione del cantiere». In sinte­si: aziende che prima avevano mano li­bera nell’allungare i lavori e alzare i co­sti, oggi si trovano di fronte il muro di Palazzo Marino. Che, in Govone, rico­nosce un prezzo di vendita di 21 mila euro a box (il perito «arbitro» ha infine stabilito il prezzo finale a 24 mila). Risultato: due anni di braccio di fer­ro e rogiti non ancora firmati. Proteste: «Questo tirare in lungo è una sorta di ricatto». Ma oggi c’è un’incognita peg­giore. Perché una delle imprese che sta­va lavorando in XXV Aprile, la Cega, è in liquidazione dopo aver accumulato oltre 180 protesti in sei mesi. È la stes­sa che ha costruito il parcheggio di via Govone, con i box che i cittadini hanno pagato senza diventarne proprietari. Gli acquirenti «precari» oggi hanno pa­ura: «Se i nostri box venissero pignora­ti, perderemmo tutto».

Gianni Santucci
20 luglio 2009

In risposta al messaggio di Claudia Bellante inserito il 20 Lug 2009 - 12:11
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