.: Discussione: Migranti: le facce della nuova Milano per favorire l'integrazione

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Antonella Fachin

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Inserito da Antonella Fachin il 23 Gen 2009 - 17:00
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"Il Rapporto Migrazioni dell’ISMU mette a fuoco la seconda generazione di immigrati: non più stranieri, non ancora italiani per colpa della legge e della burocrazia": ecco una sintesi tratta da ChiamaMilano.

Cordiali saluti a tutte/i
Antonella Fachin
Consigliere di Zona 3
Capogruppo Uniti con Dario Fo per Milano
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GENERAZIONE IN BILICO
Il Rapporto Migrazioni dell’ISMU mette a fuoco la seconda generazione di immigrati: non più stranieri, non ancora italiani per colpa della legge e della burocrazia

È la Lombardia la regione con il maggior numero di alunni stranieri: nel 2008 le scuole lombarde hanno accolto un quarto degli studenti con cittadinanza diversa da quella italiana. Più di 137mila sui circa 574mila totali, con un aumento del 10,3 per cento rispetto al 2007. E’ uno dei dati che emergono dal XIV rapporto Ismu sulle migrazioni 2008 presentato lunedì scorso a Milano.  
Al primo gennaio 2008, gli stranieri in Italia erano 4 milioni circa, con un incremento del 9% sul 2007. In aumento anche gli irregolari, circa 300 mila in più rispetto al 2007 per un totale di 650mila presenze nel 2008. Su Milano, il dato è del 18,2% di irregolari sul totale.
Anche per quanto riguarda l’imprenditorialità la Lombardia è la prima regione: le imprese guidate da extracomunitari sono il 18% delle 258mila totali (nel 2000 erano solo 85mila).
Le proiezioni al 2030 parlano di uno straniero su tre italiani sia tra i minorenni che tra i giovani adulti, per quanto riguarda il Nord.
In questo contesto generale, che ci fornisce un quadro del fenomeno immigratorio sia allo stato attuale che futuro, c’è tutto un capitolo dedicato al fenomeno delle seconde generazioni.
Un’etichetta che a guardar bene comprende non solo i figli di immigrati nati in Italia, ma anche i moltissimi che arrivano nel nostro paese da bambini in seguito ai ricongiungimenti familiari ed entrano presto nel sistema scolastico italiano: l’ultimo rapporto Istat (2008) rileva 666mila minori stranieri che rappresentano il 23% del totale degli stranieri residenti in Italia. Un dato quanto mai imperfetto perché basato solo sui minorenni regolari. In ogni caso l’aumento rispetto all’anno precedente è di 80mila unità, e la metà di questo incremento è determinato da bambini nati in Italia da genitori stranieri, e quindi conteggiati come minori stranieri non esistendo nell’attuale ordinamento giuridico italiano lo ius soli (cioè l’acquisizione della cittadinanza per nascita sul territorio nazionale).
Le stime fatte recentemente parlano di circa un milione: di fatto oggi gli alunni con cittadinanza straniera, nati e non nati in Italia, iscritti nelle scuole italiane secondo i dati del ministero dell’Istruzione sono circa 650mila.
Dati a parte, la G2 costituisce di fatto la cartina tornasole attraverso cui valutare il grado d’integrazione degli immigrati in Italia e lo stato di evoluzione del processo immigratorio nel nostro paese: nati qui o arrivati da bambini, l’Italia fatica a riconoscere quello che in altri paesi europei è già un dato di fatto e spesso prende in considerazione il “problema” solo in seguito a fatti di cronaca, com’è recentemente accaduto.
La G2 in Italia deve confrontarsi innanzitutto con una normativa e una burocrazia che non favoriscono il processo d’integrazione; e in secondo luogo con temi quali i diritti negati e l’identità.
“Non più legati al Paese di origine, non ancora totalmente parte del Paese dove vivono” dice Giulio Valtolina della Fondazione Ismu, che ha curato il capitolo “Nascere in Italia. Da stranieri” del XIV Rapporto sulle migrazioni, uno di pochissimi studi fatti in Italia sulla seconda generazione.
Una generazione in bilico fra l’appartenenza italiana e la percezione di rifiuto da parte della società, il che è dovuto in primis all’impossibilità di essere a tutti gli effetti cittadini italiani: nonostante i dati rilevino un continuo incremento della presenza di alunni stranieri sia nelle scuole dell’obbligo che alle superiori, i figli dell’immigrazione vengono percepiti dalla società come estranei, anche laddove siano cresciuti su suolo italiano e parlino la nostra lingua talvolta con inflessioni dialettali. Questo è spesso dovuto anche all’evidenza data dai tratti somatici, quelli che gli studiosi definiscono “marcatori etnici”. Il che spesso conduce a forme di estremizzazione dell’identità di origine, come accade per le ‘bande’ di latinos di cui ogni tanto si sente parlare.
E’ chiaro che non possedendo la cittadinanza italiana non si può votare, o ad esempio avere accesso agli ordini professionali. Moltissimi appartenenti alla G2 sono arrivati in Italia a 3, 4, 5 anni, in età prescolare: ma la legge attuale non dà loro la possibilità di diventare cittadini italiani a tutti gli effetti, lasciandoli sospesi in un limbo in cui restano cittadini di un Paese che magari non hanno mai visto o di cui non parlano la lingua. Quelli che sono nati in Italia possono chiedere la cittadinanza al 18° anno d’età: ma neanche questo è così semplice, poiché tra le altre cose bisogna consegnare un certificato di cittadinanza ininterrotta in un Comune italiano, che non sempre si possiede.
Uno stato di cose che necessita decisamente di un cambiamento, soprattutto in considerazione del fatto che si tratta di un fenomeno in crescita vertiginosa e che gli appartenenti a questa seconda generazione hanno aspettative molto più elevate di quelle dei loro padri. E spesso anche dei coetanei più ‘italiani’ di loro.

A.P.
In risposta al messaggio di Antonella Fachin inserito il 5 Dic 2008 - 15:01
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