.: Discussione: Migranti: le facce della nuova Milano per favorire l'integrazione

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Antonella Fachin

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Inserito da Antonella Fachin il 12 Apr 2010 - 10:19
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Un aggiornamento utile, a dimostrazione che L'INTEGRAZIONE E' POSSIBILE PURCHE' GLI ITALIANI LA PERMETTANO!!!

Ecco il resoconto di una delle maestre che svolge con ammirevole impegno e dedizione opera di accompagnamento all'integrazione
... fa ciò che dovrebbero fare le istituzioni, ciò che spetta al Comune di Milano, che invece spende milioni di euro in sgomberi costosi e inutili perchè lasciano il problema tale e quale, invece di risolverlo, come stanno facendo alcuni cittadini e cittadine.

Se il Comune, con la disponibilità di risorse che ha ricevuto per "progetti di integrazione dei rom e sinti", li spendesse veramente per percorsi di inserimento lavorativo, scolarizzazione e integrazione sociale IL FAMIGERATO PROBLEMA ROM, di cui si riempiono la bocca De Corato e i leghisti, non ci sarebbe più!
... ma se non fosse più possibile fomentare negli anziani e nelle persone che vivono in periferie abbandonate dalle istituzioni la PAURA DEL DIVERSO, i cittadini forse si accorgerebbero dei tanti altri problemi che affliggono Milano e che questa amministrazione di centro destra, al governo da quasi 20 anni, non ha mai affrontato continua a non affrontare.
Vi chiedo:
in questi 20 anni di amministrazione di centro-destra Milano vi sembra migliorata?
E' più vivibile?
E' più accogliente?
E' più bella?

Cordiali saluti a tutte/i
Antonella Fachin
Consigliera di Zona 3
Capogruppo Uniti con Dario Fo per Milano
Facebook: Antonella Fachin
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da www.golemindispensabile.it

Flaviana Robbiati

Darsi da fare

Prove pratiche di integrazione

L'Italia uscita dal magro voto di marzo ha posto tante domande, e reso ancor più profonda una discrepanza fra due mondi paralleli. Le istituzioni politiche "premiate dal voto" sembrano ispessirsi fino a divenire delle concrezioni autoreferenziate che si alimentano del potere e del privilegio e si agitano con questo principale obiettivo, senza tema di nuocere alla comunità e ai fondamenti democratici su cui dovrebbe fondarsi. Nell'altro mondo si muove il dissimile, nelle sue innumerevoli forme, e con una ostinazione che colpisce e trova comunque nei media una minima parte di espressione, eppure lavora lavora lavora lavora e ha fiducia nel futuro perché agisce con fiducia nel presente, quasi incredibimente. Prenderne nota è a questo punto doveroso.
I resti dell'ultimo sgombero in zona Bovisa a Milano
Pochi mesi fa, nel novembre 2009, da queste colonne raccontavo dell’imminente sgombero del campo rom abusivo di via Rubattino, a Milano; paure, speranze, proteste, preoccupazioni, richieste… Lo sgombero è avvenuto il 19 novembre, due mesi dopo essere stato annunciato, alle prime avvisaglie di un inverno durissimo.
Non solo l’inverno è stato durissimo.
Una canzone di Fabrizio De André diceva “dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior”. Questa è la storia, piccola e nata da poco, dell’umanità che può nascere anche nel degrado e nella disperazione.
Oggi, mentre scrivo, è Pasqua. Ho telefonato per fare gli auguri a Florica, sgomberata il 19 novembre insieme al marito e ai 3 bambini; dopo altri sgomberi e vari passaggi sotto i cavalcavia dell’hinterland, da un paio di mesi vive in appartamento: è felice, al telefono si sentivano voci, allegria. Ho chiamato Alina: lei e i suoi 4 bambini in questi mesi hanno subito 4 sgomberi, 2 dormitori e una breve sosta in camper. Oggi era a casa di una signora italiana che ospita lei e tutta la sua famiglia, in attesa di trovare una casa, che presto ci sarà. E poi Garofita, famiglia numerosa la sua, in appartamento da un paio di settimane: è una donna a cui sono state restituite la vita, la fiducia e l’allegria.
Sono solo alcune fotografie di un album di famiglia ormai ricco.
È andata così. In quel brutto giorno di novembre si sono trovati in via Rubattino blocchi di persone distanti tra loro anni luce: le forze dell’ordine attrezzate di tutto punto da un lato, le famiglie armate di bambini e sacchetti di plastica con tutti gli averi di famiglia dall’altro, e con loro maestre, volontari. Poi anche altre presenze: incaricati del Comune e dei servizi sociali, ruspe e mezzi dell’AMSA che di lì a poco avrebbero mortificato un piccolo borgo dove si viveva, giocava, discuteva, amava, dormiva, dove ogni giorno ci si preparava per andare a scuola e al lavoro; di lì a poco tutto sarebbe diventato un cumulo di spazzatura valutata in tonnellate: baracchine, topi, quaderni, cartelle, oggetti di vita quotidiana, giocattoli. Ruspe come segno di cancellazione e disprezzo. Di te cancello anche le tracce. Al posto delle tue impronte, le impronte dei cingoli. Nessuno piangeva, neanche i bambini. Era inutile.
Ma è dal letame che nascono i fiori.
Viene sera quel giorno di novembre, arriva presto, l’inverno è alle porte.
Le maestre per tutto il giorno cercano parrocchie, sedi scout, case che possano ricoverare almeno le famiglie dei loro alunni rom per la notte. I genitori italiani arrivano con coperte, cibo, scarpe e ci aiutano in frenetico intrecciarsi di telefonate.
Un po’ alla volta li sistemiamo quasi tutti, almeno per qualche notte; alcuni li dobbiamo andare a cercare tra i cespugli del parco, nella nebbiolina bagnata di fine novembre; hanno paura, si sono nascosti. Escono dal buio mamme con bambini anche molto piccoli, infreddoliti, spaventati. Li accompagnamo nei luoghi che abbiamo trovato. Ma ne resta ancora qualcuno; ci si guarda in faccia: verranno a dormire nelle nostre case, domani si penserà al da farsi.
Le storie silenziose di queste mamme accolte, dei loro bambini che si addormentano di fianco agli amici italiani, scoppiano in una Milano che sembra lontanissima. È triste una città dove difendere i bambini è considerato cosa da eroi. Molti ci chiamano, la solidarietà si allarga.
Il Comune non demorde e le molte famiglie che si sono sparse nella città sperando di poter vivere, subiscono continuamente sgomberi: Bovisa, Corsico, Forlanini, Bovisasca, Redecesio, Chiaravalle… Un rosario che si snoda senza interruzioni.

Intervengono la Caritas, il Cardinale Tettamanzi, viene chiesta una moratoria almeno per l’inverno. Le istituzioni dichiarano che la legalità non conosce stagioni, e carovane di senza tetto vagano nei non-luoghi della città. Si sgombera sotto la neve, si sgomberano i neonati e le donne incinte, si sgomberano i disabili, i bambini, gli anziani. Ci sono famiglie che verranno allontanate più volte nello stesso giorno. Seguiamo le nostre famiglie in questa via crucis ed è proprio seguendole che scopriamo che a Milano, nel silenzio, ci sono sacche di inferno: le famiglie che vivono sottoterra come a Bovisa, quelle che cercano rifugio in fabbriche crollate, tra macerie, fango e topi. La Milano che plaude agli sgomberi accusa i rom di far vivere i propri bambini in condizioni sub umane.
Maestre, volontari, genitori, ci siamo sempre, o almeno ci proviamo. Il soccorso non è una soluzione, ma è un gesto di civiltà dovuta.
Intanto facciamo anche altro: cerchiamo case, finanziamenti per borse-lavoro, accompagnamo chi ne ha bisogno presso ambulatori medici, ci rechiamo da chi ce lo chiede a raccontare, perché sempre più persone sappiano.
Anche i genitori rom fanno molto. Dei 36 bambini che erano iscritti a settembre, una metà circa continua a frequentare la scuola nonostante le difficoltà, le distanze, la mancanza del minimo che serve per vivere. Le maestre imparano a tenere a scuola le cartelle come segno di attesa e per evitare che finiscano sotto i cingoli delle ruspe.
Mamme rom e mamme italiane intanto si conoscono e scoprono che sono di più le cose che fanno uguali di quelle che differenziano. Insieme si fanno molte cose, ci si aiuta, si condividono i pensieri. Mamme e bambini rom diventano di casa negli alloggi delle famiglie italiane. Nascono tante iniziative, fatte non “per” i rom, ma “con” i rom.


Tanto lavoro, ore, passione, soldi, pensieri, sere… cos’abbiamo ottenuto? Nulla.
Milano ha intensificato gli sgomberi con una frequenza che sa di accanimento, ce ne sono stati più di 230 in due anni. Anche le nostre centinaia di ore di lavoro volontario, le centinaia di coperte che abbiamo raccolto e tante altre cose vengono azzerate a ogni sgombero.

Eppure, nelle nostre piccole storie è cambiato tutto, a Milano c’è una rivoluzione che ha fatto più rumore delle ruspe. Milano oggi non è la stessa di un anno fa perché tanti cittadini hanno ridato voce alla solidarietà e alla giustizia. Per molti dei nostri rom questa è la prima volta che sperimentano il rispetto e la parità nella dignità: anche questo è rivoluzione.

Se le istituzioni volessero ascoltarci, noi potremmo raccontare che l’integrazione è possibile, che con i soldi spesi per gli sgomberi queste famiglie avrebbero potuto essere aiutate a raggiungere l’autonomia economica ed abitativa, potremmo spiegare che è l’integrazione che genera sicurezza e arricchimento sociale e che contrastare la povertà e l’esclusione fa nascere cittadini responsabili del bene comune, potremmo dimostrare che quando si vive in condizioni degne del genere umano non si ha più bisogno di accettare le proposte della delinquenza e si diventa custodi del bene sociale così faticosamente raggiunto.

È una battaglia che parte da molto lontano la nostra perché punta a mutare gli occhi con cui ognuno guarda i rom, purtroppo il problema non sta solo nei palazzi della politica, sta in ciascuno.
Eppure la civiltà o è per tutti, o non è di nessuno. È per questa civiltà per tutti che continuiamo, nonostante tutto, a esserci.
(8 aprile 2010)
In risposta al messaggio di Oliverio Gentile inserito il 10 Apr 2010 - 13:52
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