.: Discussione: Annunci e buone intenzioni non moltiplicano le biciclette

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Oliverio Gentile

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Inserito da Oliverio Gentile il 28 Ago 2009 - 09:09
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Dalla discussione "Il Tavolo sulla Sicurezza Stradale a Milano" di www.sicurezzastradale.partecipaMi.it, segnalo/riporto:
http://www.sicurezzastradale.partecipami.it/infodiscs/view/5#post_160

Vorrei segnalare un articolo di Repubblica Milano sullo stato delle piste ciclabili in città, con una intervista a Ciclobby a commento del tutto.

http://milano.repubblica.it/dettaglio/una-giornata-sulle-piste-ciclabili-poche-malconce-e-mal-segnalate/1705529

http://milano.repubblica.it/dettaglio/galli:-palazzo-marino-tradisce-i-milanesi-che-vanno-in-bicicletta/1705563


Una giornata sulle piste ciclabili
poche, malconce e mal segnalate


Nessuno le conosce, il più delle volte non sono collegate tra loro, spesso non sono segnalate. Non esistono mappe aggiornate ufficiali. Il risultato? Piuttosto che perder tempo a cercarle, i ciclisti milanesi preferiscono pedalare nel traffico
di Teresa Monestiroli

Ci sono volute tre ore di pedalata sotto il sole prima di trovare una pista ciclabile degna di una città europea. Peccato che siano solo poche decine di metri – tra piazzale Lotto e via Tempesta – malamente indicate. Ma per un ciclista abituato alle corsie riservate di Milano sono una sorpresa. Sulla striscia d’asfalto rosso tirato da poco la bici scivola che è un piacere, sembra di essere in Olanda. Il resto del viaggio è un percorso a ostacoli tra buche, manto sconnesso, radici di alberi secolari, lungo uno spezzatino di piste dove si perde la bussola di continuo. L’abbiamo testato personalmente.

Dopo l’incidente della signora Teresa Cavalloni, caduta dalla bici qualche giorno fa dopo essere finita in una delle tante buche della pista di via Legnano — ora provvisoriamente tappate — ricoverata in ospedale e ancora oggi ricoperta di ecchimosi, abbiamo deciso di metterci in sella alla scoperta delle piste ciclabili della città. Sconosciute anche a chi, come chi scrive, in bici a Milano ci va da vent’anni. E abbiamo capito il perché. Prima di tutto non si vedono. Nessuno le conosce, il più delle volte non sono collegate tra loro, spesso non sono segnalate. Non esistono mappe aggiornate ufficiali — anche se l’assessore alla Mobilità promette di pubblicarne una a breve — ma soprattutto non c’è alcun un cartello che ne indichi il percorso. Il risultato? In pochi le usano perché piuttosto che perder tempo a cercarle, i ciclisti milanesi preferiscono pedalare nel traffico.

Lungo il percorso che unisce piazza Sant’Ambrogio al Naviglio della Martesana la pista si interrompe più volte e riprenderla è una caccia al tesoro. Un esempio? Arrivati all’Acquario da piazza Lega Lombarda, per proseguire verso San Marco bisogna infilarsi a sinistra in piazzale Marengo per raggiungere in poche pedalate via Garibaldi. Operazione praticamente impossibile per chi non l’ha mai fatto prima, visto che non ci sono né cartelli né disegni sulla strada. Stesso problema dalla Triennale a via Bertani. La vecchia mappa che consultiamo durante il viaggio dice che c’è una pista che corre intorno al parco Sempione, ma non la troviamo. Così pedaliamo sul largo marciapiede di viale Milton dove incontriamo un vigile urbano. «Scusi, ma la pista ciclabile dov’è?» chiediamo ingenuamente. La risposta fa sorridere: «Questo è un marciapiede largo, quindi è come una pista ciclabile». Allora perché altrove non è permesso? Chissà.

Il nostro giro inizia da via Olona, alle undici del mattino. La partenza è promettente, visto che le condizioni del manto non sono (troppo) disastrose. Viaggiamo in fretta fino al Parco Solari per poi imboccare via Dezza. Qui ci dividiamo. Le piste (caso rarissimo) sono due, una per senso di marcia. Ma il malcapitato che finisce su quella dal lato dei numeri pari rischia la vita dopo pochi metri. Qui corpose radici di alberi hanno sfondato l’asfalto sollevandolo a tal punto che è meglio scendere dalla bici se si tiene alla propria incolumità. Le strade si riuniscono in via De Alessandri e fino al parco di via Pallavicino procediamo spediti, schivando buche e inserzioni di bitume che rendono il percorso non proprio uniforme.

All’interno del parco abbiamo il primo spaesamento. La pista infatti gira a sinistra, ma per andare in San Marco, la nostra meta, bisogna andare a destra. Nessun cartello ci avvisa e finiamo per sbagliare strada. Ripreso il cammino arriviamo in via Alberto da Giussano dove la corsia è stata ricavata su un largo marciapiede. Ottima idea, pensiamo, perché non estenderla anche altrove? Procediamo schivando auto parcheggiate a lisca di pesce che bloccano il passaggio anche in via XX Settembre. Poi su per l’u nica salita della città che ci conduce fino alla Triennale. Riprendiamo la pista in via Bertani. Da qui a piazza Castello le condizioni del manto sono vergognose. Il rosso che dovrebbe caratterizzare la corsia riservata alle due ruote quasi non si vede più.

L’asfalto è crepato in più punti, la bici finisce in alcune buche. Con invidia guardiamo la carreggiata per le auto in via Elvezia. Lì l’asfalto è perfetto, tirato da poco. Viene voglia di abbandonare la pista e infilarsi nel traffico. Ma resistiamo, arrivando fino a piazza Castello perché, come già detto sopra, perdiamo la deviazione per via Garibaldi. Torniamo indietro e a fatica riprendiamo il percorso corretto che ci porta fino a via San Marco dove scopriamo un’altra peculiarità tutta milanese delle piste. A parte il mercato settimanale che questa volta ci costringe a rinunciare alla nostra corsia, la seconda parte della via ha una pista davvero unica: in porfido, notoriamente scomodissimo per chi sta in sella. Ma non desistiamo, vogliamo arrivare fino alla Martesana. Anche qui non perdere la bussola è difficile, ma la fortuna ci accompagna mettendo sulla nostra strada una ciclista esperta. La seguiamo e grazie a lei scopriamo la galleria che passa sotto i Bastioni di Porta Nuova e sbuca all’inizio di via Melchiorre Gioia, evitandoci la scalinata con bici in spalla sotto il sole cocente.
In via Melchiorre Gioia la pista ciclabile è inizialmente buona, ben segnalata e con asfalto rifatto da poco. Poi diventa intermittente, con un manto sconnesso e faticoso: ogni 50100 metri si passa alla strada normale per tre o quattro volte, dove si è costretti a pedalare fra le auto. Non mancano le buche neanche in tutto il primo tratto di viale Monte Rosa, dove andiamo per un’u ltima tappa prima di tornare alla base. E dove la fatica della mattinata viene ripagata con quei pochissimi metri all’olandese, quasi in piazzale Lotto, quando a ostacolare il nostro cammino sono solo i colletti bianchi che tornano in ufficio. Sono le due e decidiamo di prendere la metropolitana per tornare. Eccola l’ultima triste sorpresa: la bicicletta paga come un passeggero. La corsa ci costa 2 euro, ma almeno ci sono le scale mobili.

(27 agosto 2009)


Galli: "Palazzo Marino tradisce
i milanesi che vanno in bicicletta"

Il presidente di Fiab Ciclobby: "Le competenza tecniche ci sono, quello che manca è la volontà politica. Ed è un peccato, perché ne va della nostra qualità della vita"
di Luca De Vito

Eugenio Galli, presidente di Fiab Ciclobby. Come sono secondo lei le piste ciclabili a Milano?
«Sono poche, senza manutenzione, prive di segnaletica e spesso frammentate. Insomma, non sono di certo l’ideale per pedalare».

Una rete di aree ciclabili carente, quindi.
«Il Comune dice che in città ci sono 72 km di piste ciclabili, ma si sa bene che in questi casi i numeri servono a poco. La maggior parte di questi sono infatti dei “moncherini”, anche di poche centinaia di metri. Il problema comunque è più complesso: quello delle piste è solo una piccola parte della questione mobilità ciclistica…».

Si spieghi meglio.
«L’obbiettivo dovrebbe essere quello di una città interamente permeabile all’uso della bici. Avere la possibilità di andare ovunque in sicurezza, questo è il principio generale da seguire. Gli strumenti poi sono i più diversi: dissuasori, restringimenti, rotatorie, segnaletica. E, ovviamente, piste ciclabili».

Che cosa è stato fatto da parte del Comune per promuovere la mobilità ciclistica in città?
«Si sono sentite grandi parole e sono state fatte grandi promesse. Hanno detto che “la viabilità ciclistica è una priorità”, ma l’o perato dell’amministrazione è risultato ampiamente insoddisfacente: le hanno bucate tutte. Il piano cui abbiamo collaborato anche noi — ovvero il documento che politicamente doveva rappresentare la svolta — di fatto è rimasto nel cassetto e dei ciclisti non si è più preoccupato nessuno. Basta guardare alle recenti opere realizzate in città: la stazione Centrale e il tunnel di porta Garibaldi sono stati costruiti senza tenere minimamente in considerazione chi usa la bicicletta».

Ma le hanno bucate proprio tutte?
«Il bike sharing è stata una buona cosa, anche se si tratta di un progetto ancora in fieri di cui vorrò valutare i risultati finali. E poi c’è la nuova corsia ciclabile sul viale Cassala, all’altezza del ponte delle Milizie: un buon esempio di segnaletica per ciclisti».

L’abbiamo provata e ci è sembrata, a dire il vero, un po’ pericolosa.
«È pericolosa nel momento in cui l’automobilista non si comporta in modo corretto. Se la corsia non viene fatta rispettare — alla stregua della linea continua — allora sì che si creano problemi. Ma quello dei controlli, al pari dell’educazione stradale, è un altro argomento su cui troppo spesso le istituzioni si sono arenate».
Ma quindi, nel pratico, che cosa si potrebbe fare?
«Le cose più semplici, che poi sono anche le meno costose. I grandi progetti fanno bene, ma quelli piccoli sono subito fruibili. A questo punto abbiamo bisogno di pragmatismo e concretezza».

Qualche esempio?
«Nel 2007 il consiglio comunale aveva approvato una mozione con cui si impegnava la giunta a rendere agibili per i ciclisti 90 marciapiedi in città. Beh, non è stato fatto nulla. Adesso i ciclisti ci vanno ugualmente, ma lo fanno al di fuori delle regole. Per questo intervento basterebbe un po’ di segnaletica orizzontale e verticale».

Poi?
«Viale Monza, corso Buenos Aires e corso Venezia sono le strade a più alta intensità di transito ciclistico: che cosa costerebbe disegnare una corsia come quella di viale Cassala? Casi come questo possono essere moltiplicati in tutta la città a basso costo».

Terzo?
«Fare manutenzione dell’esistente e unire i tratti di ciclabile spezzettati».
Detta così sembra davvero che basti pochissimo. Perché non si arriva a dei risultati allora?
«Le competenza tecniche ci sono, quello che manca è la volontà politica. Ed è un peccato, perché ne va della nostra qualità della vita».

(28 agosto 2009)

In risposta al messaggio di Eugenio Galli inserito il 18 Lug 2008 - 16:07
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