.: Discussione: Operazioni sui derivati del Comune di Milano

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Antonella Fachin

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Inserito da Antonella Fachin il 30 Apr 2009 - 17:09
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Il notiziario ChiamaMilano riporta oggi anche i seguenti due articoli di approfondimento.

Cordiali saluti a tutte/i
Antonella Fachin
Consigliere di Zona 3
Capogruppo Uniti con Dario Fo per Milano
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CRONACA DI UNA TRUFFA ANNUNCIATA
Cronologia di una spericolata operazione finanziara con la quale il Comune pensava di guadagnare, rischia invece il dissesto

A Milano il “bubbone” derivati scoppia nell’aprile 2008, dopo che, anche grazie alla trasmissione “Report” , magistratura e media accendono i riflettori su quella che di lì a poco si sarebbe rivelata una vera e propria slavina.
Per trovare il bandolo della matassa bisogna risalire al maggio 2005 quando l’Amministrazione Albertini, bisognosa di far cassa ed estinguere mutui precedenti, emette sul mercato un bond da 1.685 milioni di euro, a tasso fisso e rata costante.
Il bond viene costituito da quattro banche -Jp Morgan, Depfa, Deutsche Bank e Ubs- che lo vendono e poi versano la somma al Comune. L’Amministrazione si impegna a restituire l’importo entro il 2035.
La mossa non è solo azzardata, ma è anche illecita. La Giunta infatti, dopo aver incaricato degli “arragners” (consulenti delle banche) competenti di predisporre un progetto di operazione finanziaria idoneo alle necessità del Comune, invece di avviare come da prassi una gara per individuare il migliore intermediario finanziario con cui concludere l’operazione, l’affida direttamente agli arrangers stessi.
Inoltre le banche, per rendere la proposta apparentemente più vantaggiosa, omettono di informare il Comune circa l’obbligatorietà di chiudere il contratto derivato stipulato nel 2002 con Unicredit.
Un mese più tardi il Comune decide di rateizzare il rimborso e passare dal tasso fisso a quello variabile, tramite l’utilizzo di un prodotto “derivato”.
In pratica si stabilisce che mentre le banche avrebbero pagato ai possessori del bond e dunque girato al Comune 421 milioni l’una con tasso fisso del 4,019% , il Comune avrebbe pagato alle banche una cifra variabile con tasso compreso tra il 6,19% e il 3,48. Operazione assai imprudente, che va incontro a tutti i rischi di oscillazioni del mercato.
Dal 2005 al 2007 però, prima con Albertini poi con il nuovo Sindaco, il tasso viene rinegoziato più volte.
L’ultima rinegoziazione risale all’ottobre 2007, quando il Comune, per incassare 14 milioni di euro utili per il bilancio, vende alle banche una sorta di assicurazione con la quale si costituisce garante in caso di fallimento dello Stato italiano.  
Nell’aprile 2008 la Corte dei Conti comincia a fare finalmente luce sulla vicenda e stima una perdita potenziale per le casse comunali di oltre 250 milioni di euro a seguito delle sei modifiche sul bond trentennale emesso nel 2005.
Nel maggio 2008 l’opposizione presenta un esposto alla Procura della Repubblica in cui chiede di valutare l’ipotesi di truffa aggravata a carico delle banche per le ingenti commissioni occulte indebitamente incassate: le  banche avrebbero incassato oltre 70 milioni di euro contro i soli 170mila prospettati.
Nel luglio 2008 i saggi incaricati dal Comune di analizzare lo “stato dell’arte” dell’affaire derivati rafforzano l’allarme. La manovra con cui il Comune nel 2005 estingue i mutui precedenti non avrebbe tenuto conto dei costi pregressi -il derivato con Unicredit- e il Comune sarebbe entrato nello swap (scambio di flussi di cassa con le banche) già con una passività a suo carico, il che è vietato dalla legge.
La perdita stimata a causa delle variazioni sul bond emesso nel 2005 ammonterebbe a 300 milioni. I saggi inoltre puntano il dito sulle inadempienze o incapacità di alcuni tecnici del Comune e sul mancato coinvolgimento del Consiglio Comunale nelle sei rinegoziazioni.
Nel novembre 2008 il Pd deposita un esposto alla Procura Generale della Corte dei Conti. La speranza è quella di riuscire ad ottenere l’annullamento dei contratti, sia in base alla violazione della legge sulla questione Unicredit, sia sull’illegittimità del contratto 2007, quello in cui il Comune garantisce in caso di insolvenza della Repubblica italiana (credit default swap). Questa infatti sarebbe una tipologia di contratto in strumenti derivati non prevista dalla normativa vigente per gli enti locali, oltre ad esporre ad un rischio ulteriore il bilancio del Comune.
Nel gennaio 2009 il Sindaco, attraverso una delibera di Giunta, avvia un’azione giudiziaria civile contro le quattro banche chiedendo risarcimenti per 200 milioni di euro. Pochi giorni dopo la Jp Morgan fa a sua volta causa al Comune per rivendicare la legalità dei contratti stipulati e tentare di portare la battaglia legale in Inghilterra, dove la giurisdizione potrebbe essere più favorevole, ma dove le amministrazioni pubbliche non possono sottoscrivere prodotti finanziari strutturati come i CdS.
Intanto il Pd presenta formalmente al Sindaco un’istanza di autotutela amministrativa: chiede in pratica la revoca dell’operazione del 2007, che riporterebbe in essere i derivati originali, andando a migliorare di molto la situazione di indebitamento. La risposta del Sindaco non è ancor arrivata.  
L’ultimo capitolo è storia di questi giorni, con la bufera giudiziaria che sta investendo banche e funzionari comunali.
Giulia Cusumano
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DERIVATO… QUESTO SCONOSCIUTO
Cosa sono gli strumenti finanziari sottoscritti dal Comune che rischiano di affossare il bilancio cittadino?

Arrivati a Palazzo Marino per risollevare le sorti delle casse comunali, i derivati si sono trasformati ben presto nel peggiore incubo dell’Amministrazione cittadina.
Anche chi di finanza ci capisce poco o nulla, dopo mesi di titoloni sui giornali ha imparato a familiarizzare con questo vocabolo.
Una parola che a Milano come in altri comuni d’Italia, si teme ormai più della febbre suina.
I derivati sono titoli finanziari che le grandi banche emettono nei confronti di un soggetto -un ente, un’impresa, o in questo caso un comune- che necessita di liquidità immediata.
Il soggetto che sottoscrive il contratto di derivati si impegna a restituire il prestito alla banca secondo i tassi di interesse concordati.
Il “tranello” però sta nella natura stessa della parola “derivati”; si chiamano così perché il loro valore deriva da variabili esterne non governabili.
Variabili connesse all’andamento dei mercati che incidono sul tasso di interesse applicato al debito.
In pratica il soggetto ”scommette” contro una banca.
Vince e ottiene rendimenti positivi, se l’economia va bene e quindi il tasso di interesse resta entro un certo livello.
Perde e subisce perdite, se l’economia va male e il tasso supera il livello.
Vincitori e vinti si scoprono nel tempo: solo alla scadenza del contratto derivato (quello del Comune di Milano scadrà nel 2035) si capirà chi dei due soggetti il mercato ha favorito, poiché tutte le proiezioni di oggi sono basate su ipotesi di andamento che variano in continuazione.
Fino a quel momento si possono soltanto fare stime relative a determinati periodi e condizioni economico-temporali.  Stime che quasi sempre vedono lievitare i tassi di interesse e “soccombere” i soggetti privati.
L’abilità dei banchieri sta nell’”ingolosire” i clienti vendendo i propri prodotti come strumenti solidi e di facile accesso, eventualmente proponendo loro un’assicurazione con condizioni poco trasparenti. Ovvero, prima ti vendo il derivato come strumento sicuro, poi ti vendo anche l’assicurazione sul derivato…forse qualche campanello d’allarme dovrebbe suonare?
Il buonsenso di un soggetto sta nell’informarsi sulle ricadute che la sottoscrizione di un contratto derivato comporta. Misura che richiede la consulenza di esperti finanziari in grado di prezzare il fair value dei derivati (valore di mercato di quello specifico strumento finanziario in un determinato momento) e soprattutto valutare i rischi connessi all’evoluzione di quel derivato nel tempo.
La stima del valore di un prodotto derivato si ottiene attraverso sofisticati calcoli matematici che mettono in relazione la previsione di possibili scenari futuri di mercato e le conseguenze degli stessi sul valore.
La sottovalutazione della necessità di una consulenza ad hoc in grado di valutare rischi e pericoli dei derivati è il motivo per cui molti imprenditori e amministrazioni comunali  si sono ritrovati la “miccia” accesa in mano e milioni di debiti nelle casse.
Il ricorso ad operazioni tanto azzardate d’altra parte è sintomo non solo di imprudenza e dubbia competenza amministrativa, ma anche della difficoltà degli enti locali nel farsi carico delle ingenti spese che il governo di una città, di una provincia o di una regione richiede.
E’ prevedibile che dopo il risvolto mediatico-giudiziario della faccenda, in Italia si sarà quantomeno più cauti nell’avviare contratti di derivati.
Gli enti che fino a ieri se ne avvalevano dovranno ora “ ingegnarsi” per trovare nuove soluzioni per fare cassa.
Tempi di crisi, taglio dell’ici, priorità della ricostruzione in Abruzzo, incognita sulla circolare Tremonti che impedisce agli enti locali di utilizzare i proventi delle vendite degli immobili per gli investimenti (norma che la Corte dei Conti ha ritenuto di fatto illecita ma che il Governo non ha ancora abrogato).
La situazione per gli enti locali è tutt’altro che in discesa.
Milano dovrà rimboccarsi le maniche e l’allarme è già partito.
L’Assessore al Bilancio Giacomo Beretta ha recentemente ammesso la criticità in cui versano i conti pubblici e ha preannunciato tagli di investimenti in settori secondari quali sport, giovani cultura e decentramento.
Intanto la Corte dei Conti ha invitato l’Amministrazione ad adottare interventi correttivi nel bilancio 2009, poiché non tiene conto dei 335 milioni che a fine anno dovrà versare per rimborsare i prestiti obbligazionari (Poc) emessi nel 2004 convertibili in azioni Aem (oggi A2A).
L’Assessore risponde citando come prima fonte di ammortamento quei 169 milioni destinati a suo tempo alla realizzazione del primo lotto della nuova linea MM4 presenti nel bilancio consuntivo 2008. Fondi non utilizzati perché per la nuova linea del metrò i lavori non sono mai cominciati, e per i quali, a questo punto, si dovranno nuovamente reperire le risorse.
E almeno per le opere connesse all’Expo il Comune spera di ottenere una deroga al Patto di stabilità.
Un’Expo come sappiamo sempre più problematica e complessa, caratterizzata in maniera quasi endemica da ritardi, faide, disguidi e rinvii di investimenti.

Giulia Cusumano

In risposta al messaggio di Oliverio Gentile inserito il 28 Apr 2009 - 10:25
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