.: Discussione: Camper del Corriere, il bilancio: una citta' a due velocita'

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Oliverio Gentile

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Inserito da Oliverio Gentile il 6 Ott 2009 - 11:18
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Da milano.corriere.it:

Il camper del corriere alla Stazione Centrale

Una sfida possibile


Restano problemi da risolvere, ma il miglioramento è visibile ed esportabile in altre zone di Milano

Allora si può fare, si può elimi­nare la parola vergogna ap­piccicata per anni a una piaz­za e a un luogo, si può dire che la Sta­zione Centrale non è più il capolinea della disperazione a Milano. Racco­gliamo questo segnale davanti al camper del Corriere e fa piacere sen­tire tante voci che dicono «adesso è meglio», «c’è meno paura», «è fini­to il suk»: è il segnale che quando si cambia in meglio i cittadini ritrova­no un po’ di fiducia nelle istituzioni e altre sfide contro il degrado sono possibili. E’ legittimo dire «finalmente», perché ci sono voluti anni di denun­ce, fiaccolate, proteste, agguati, bor­seggi al chiuso e all’aperto e sit-in davanti a Palazzo Marino per smuo­vere l’inerzia della politica, ma è cor­retto riconoscere che qualcuno ci ha messo l’impegno e anche la faccia, si è dato da fare per rendere più sicuro un posto chiamato, non a caso, Ho­tel Paura. Ci sono sicuramente altri proble­mi da risolvere in un quartiere diven­tato avamposto dell’immigrazione clandestina (le lettere dei cittadini ne danno conto), ma vogliamo parti­re da una considerazione positiva tra le tante negative che ci assedia­no: il miglioramento visibile della si­curezza davanti alla Stazione Cen­trale è un biglietto da visita esporta­bile in altre zone di Milano, è la pro­va che i controlli di polizia servono e che le pattuglie in strada sono un de­terrente per la criminalità diffusa. Ma polizia e militari non bastano se non si combatte anche il degrado, se non si cura il decoro e non si miglio­ra la vivibilità. La Stazione Centrale rifatta è un luogo ripulito che fa di­menticare gli sporchi anfratti di un tempo, ma se c’è un rilievo da fare, ecco, qui si poteva fare di più: si po­teva rendere meno tortuoso e lento il percorso sui tapis roulant e più chia­ra la segnaletica per i passeggeri: è migliorata la sicurezza, ma si ri­schia di perdere il treno.

Giangiacomo Schiavi
06 ottobre 2009


Da milano.corriere.it:

Trent’anni di abbandono. Pronto il piano di restauro modello Parigi e Berlino

Il chilometro dei magazzini fantasma


La Stecca di via Sammartini: archi murati e saracinesche martoriate


L’ultimo camionista ha scaricato tubi e gas in un’altra Milano, erano gli anni di piombo e le merci viaggiavano ancora sul ferro della Centra­le. «Lo vede, ora, che abbandono? Qui ormai pas­sano solo i grossisti del mercato del pesce, qual­che balordo, i senzatetto che dormono nei vago­ni morti, gli ubriaconi col cartoccio di vino e qualche spacciatore, lì, dopo il tunnel». Il tumore della Stazione, dicono all’osteria e nei palazzi con portinaio filippino, è alle spalle della facciata liberty. È un chilometro nero di ma­gazzini deserti, archi murati, serrande martoria­te e finestre sigillate con lastre d’acciaio. È la stecca ferroviaria di via Sammartini e via Ferran­te Aporti, abbandonata dalla fine degli anni Set­tanta e di volta in volta agitata e sfrattata dal meccanico losco, dall’artigiano abusivo, dal loca­le notturno. Il comitato di zona ha diagnosticato qui «il cancro della Centrale» e Grandi Stazio­ni, la società di Fs che gestisce lo scalo, ha indicato la cura: «Un restyling completo entro l’Expo». Sul modello tedesco di Berlino e del Viaduc des Arts di Parigi.

Il rinnovamento della stazio­ne non è ancora arrivato, qui in fondo, negli scantinati nascosti agli ospiti. Lo stradone di via Sammartini finisce al numero 122, davanti al rifugio che fu di Fratel Ettore e ancora accoglie gli ultimi, i barboni e gli sconfit­ti. È la strada «donde te sientes en tu casa», o meglio dove ti sentivi, visto che l’insegna del Santo Domingo è lì a ricordare balli che non si fanno più. Chiuso. Come lo sporting club, il cen­tro di karate, il Musta Fish. Sulle porte resistono i vecchi avvisi di Aem, «si ricorda di pagare la bolletta», ma non c’è n’è più bisogno, o quasi. Non fosse per il mercato ittico e un paio di risto­rantini tipici, «Pesce vivo» e «Freddo d’Orien­te », non fosse per le notti alternative della disco­teca Tunnel e per qualche officina del servizio ferroviario, i vecchi depositi non avrebbero biso­gno di energia. Ma di una ripulita. Raccontano gli abitanti della zona che i brutti vizi ti rovinano ogni mattina nuova: i marciapie­di puzzano di urina e di birra rovesciata dalle bottiglie, in mezzo alle risse; nei tunnel tira un’aria fetida, le pareti sono nere di fumo, l’asfal­to chiazzato di vomito.

La tolleranza zero ha ri­pulito piazza Duca d’Aosta, lambisce la gay stre­et e il viavai nel palazzo dell’amore, ma non ha modificato il paesaggio oltre il semaforo di Tona­le. Lurido era, lurido rimane: 105 depositi per il nulla, 33 mila metri quadrati serrati a doppia mandata. È un monumento all’immobilismo, la muraglia su cui sbatte la difficoltà di Milano a rigenerarsi: «Da quando i camion hanno smesso di caricare i vagoni, è scemato anche l’utilizzo dei magazzini», sintetizzano da Fs. Trent’anni non sono bastati. All’ultima Fiera del Real Esta­te, a Cannes, Grandi Stazioni ha presentato un progetto di ri­strutturazione, operazione rite­nuta «necessaria per recupera­re un’intera area urbana degra­data».

La filosofia è semplice, un buon intervento può conta­giare positivamente il conte­sto, il bello chiama il bello. E co­munque: il presupposto è che la stecca ferroviaria di via Sammartini e Ferranti Aporti è «vicina al centro» e «facilmente connes­sa alla metropolitana», dunque ideale per essere trasformata in un polo commerciale di qualità. L’ipotesi — terza fase del programma di re­stauri partiti nella stazione con un investimento di 120 milioni di euro — è già allo studio del Comune. Se ne parlerà, e molto, prima del­l’Expo. Per ora basti il paragone con l’ex viadot­to ferroviario sulla Promenade Plantée, a Parigi: il tracciato dei vecchi treni per la Bastiglia, 4,5 chilometri di arcate e ponti, è diventato un’area pedonale con giardini pensili e atelier artigiana­li, la periferia s’è reinventata attrazione turistica. La banlieue è nostra.

Armando Stella

06 ottobre 2009


Da milano.corriere.it:

Dalla parte del cittadino

Decoro e controlli: la Centrale rinasce

«Reati in calo, ora cambiamo le piazze». Gli abitanti: stop al degrado, la stazione non sia cattedrale nel vuoto

MILANO - Le due Punto della polizia gi­rano e non si fermano mai. Le seguono le jeep dell’esercito, anche di notte. La camionetta sta ferma là, con altri dodici po­liziotti. E quattordici vigili su due turni. E poi gli agenti in borghese, del commissariato e della polizia ferroviaria. Area militarizzata? Basta passeggia­re tra piazza IV Novembre, Du­ca D’Aosta, Luigi di Savoia. Non esiste, in tutta Milano, un’area con più alta densità di divise. Il custode dell’hotel Gal­lia sorride: «Certo, sono rima­sti i piccioni, quelli continuano a sporcare». Negli ultimi trent’anni, le on­de di tutti i disastri sociali di Milano sono venute a sbattere sempre qua, contro i marmi della stazione Centrale. Gli an­ni Ottanta dell’eroina. Delle am­bulanze che ogni sera si porta­vano via i ragazzi in overdose. Gli anni Novanta dell’immigra­zione dall’Est, quando sul fian­co della stazione si comprava­no e vendevano uomini: badan­ti, braccianti, prostitute. E infi­ne gli anni Duemila della cocai­na. Delle rapine. Dei ragazzini rom che scippavano anche cin­quanta, sessanta portafogli a pomeriggio. Oggi la stazione rinnovata luccica (anche se i ne­gozi, dentro, sono ancora deser­ti).

I marmi esterni sono bian­chi di restauro. E la Centrale che era, mezza criminale e mez­za sbandata, s’è allontanata o sparpagliata in giro. A volte, ap­pena dietro l’angolo. In via Napo Torriani c’è un condominio con le telecamere di sorveglianza e un sistema di chiavi «intelligenti», attivate solo per i residenti in regola. Un giro di otto-dieci monoloca­li, su cinquanta, affittati a pro­stitute. Un ascensore con le chiavi e un altro sbarrato, per­ché i clienti ci orinavano den­tro. Centocinquantamila euro di debiti per spese non pagate e investimenti in sicurezza. Sul portone a vetri, sei cartelli «vendesi». Gli investigatori del commissariato Garibaldi-Vene­zia fanno indagini continue. Due appartamenti sequestrati l’anno scorso, altri due un paio di mesi fa. All’ultima assem­blea condominiale è stato vota­to all’unanimità anche un enco­mio cittadino per la polizia. Qualche prostituta ancora in strada.

I cittadini sbottano: «Per dieci minuti di sosta in più i vigili ci multano, perché alle prostitute niente sanzioni? E perché la magistratura conti­nua a dissequestrare gli appar­tamenti?». In via Antonio Da Recanate, a cinquanta metri di distanza, un paio di donne oc­chieggiano ai clienti dalla fine­stra. Poco più in là, piazza San Camillo De Lellis: in ogni stra­da c’è un centro massaggi. So­no cinque, cinesi, tre di nuova apertura. Situazione emblema­tica del malaffare che sceglie le retrovie. Sulle piazze della stazione re­sta un generico problema di «bivacco»: intorno ai phone center, ai supermercati etnici, ai kebab. Nigeriani (regolari) in IV Novembre. Nordafricani in Duca D’Aosta, insieme a pic­coli gruppi di alcolizzati ucrai­ni. Unica emergenza, i furti di bagagli sui pullman in arrivo e in partenza per gli aeroporti. I poliziotti in borghese hanno ar­restato un paio di ladri, ora nuove regole di «scarico» dei bagagli dovrebbero proteggere di più i passeggeri. «Su 80 ri­chieste d’apertura di nuove sa­le giochi — racconta Paolo Piz­zero, comandante dei vigili di Zona 2 — 60 riguardano que­sta zona» .

La Centrale non sarà mai Montenapoleone. Il vice sinda­co, Riccardo De Corato, spiega un dato di fatto: «A distanza di un anno, oggi possiamo dire che la Centrale si presenta alla città con un nuovo volto». Così oggi la stazione è qualcos’altro, un simbolo di come Milano sappia (o no) convivere con le proprie paure. Nel primo seme­stre del 2009 in città sono cala­ti quasi tutti i reati: meno 12 per cento di furti, meno 37 per cento di rapine, meno 25 di de­litti legati alla droga, meno 23 di lesioni. La vera domanda che nasce intorno alla stazione allora è: la maggior sicurezza reale corrisponde a una mag­gior sicurezza percepita? O for­se contano di più quel senso di trasandatezza, quelle scene di palazzi abbandonati da dieci an­ni, quel restyling sul monolite di marmo della stazione che naufraga nella sporcizia delle strade intorno? Interrogativi che la Centrale, bonificata dalle divise e da 70 telecamere, pro­pone ogni giorno alla città del­la «tolleranza zero».

Gianni Santucci
06 ottobre 2009


Da milano.corriere.it:

Il camper del Corriere

In campo i volontari

Molto possono fare i cittadini per la difesa del quartiere. La voglia di fare c'è, ma manca una guida

Nella più autentica e vitale — sebbene notevolmente sfilacciata — tradizione mila­nese, si alzano intorno alla pri­ma tappa del camper delle vo­ci che rivendicano per i cittadi­ni una sia pur piccola parte nella gestione della città. Il che non vuol dire farsi carico dell’impossibile, dell’eccezionale, del gran­dioso, che ovviamente spet­ta ad altri, bensì di interven­ti minori ma non per questo meno importanti e, comun­que, in grado di rendere più vivibile la metropoli. Dice a questo proposito Pietro Fino, residente in via Pergolesi: «Molto potrebbe­ro fare i cittadini per miglio­rare la vita nei quartieri oc­cupandosi di faccende che l’Amministrazione regolar­mene trascura o svolge ma­le, come, per esempio, della pulizia di giardini e giardi­netti, eventualmente anche di piazze e monumenti, del­la cura di aiuole, prati e ar­busti, della riparazione di panchine e giochi».

Egli parte dalla condivisibile premessa che i «normali» sono la stragrande maggioran­za e i lazzaroni invece una minoranza abba­stanza modesta, ragion per cui numerosi mi­lanesi avrebbero la voglia di far qualcosa per il proprio quartiere in prima persona, senza aspettare — a lungo se non invano — un in­tervento dall’alto. «Gli entusiasmi e anche la buona volontà ci sono — dice ancora Fino — il problema è l’organizzazione del volonta­riato. A chi chiedere, a chi rivolgerci per inca­nalare queste numerose e benefiche energie? A volte leggiamo che in qualche zona della cit­tà qualcosa viene fatto e ci piacerebbe non essere da meno, ma siamo smarriti perché non sappiamo come metterci insieme, come trovarci, come distribuire il lavoro da fare.

I consigli di zona potrebbero — dovrebbero — dare una mano. E se fosse un giornale, magari il Cor­riere della Sera, a far da punto di riferimento, indi­cando, quartiere per quar­tiere, gli interventi più ur­genti, i numeri e le organiz­zazioni da contattare?». Manca, insomma, la gui­da, colui che è in grado di fa­re la squadra e pianificare il lavoro. A prima vista po­trebbe sembrare un volersi perdere in un bicchiere d'ac­qua, ma in realtà alla reda­zioni arrivano non raramen­te, da parte di cittadini di buona volontà, richieste di informazioni su come trova­re il canale giusto per offri­re il proprio tempo e la pro­pria intelligenza a una buona e utile causa. Servirebbe qualcosa come una banca dati oppure un portale specializzato affinché non vadano sprecate tante preziose energie citta­dine. E se uno o più cominciassero, il buon esempio farebbe facilmente scuola.

Isabella Bossi Fedrigotti
06 ottobre 2009


Da milano.corriere.it:

Diritti e doveri

Multe, televendite e la cucina molesta


Gli avvocati in piazza: i legali affiancano il camper del Corriere «dalla parte dei cittadini»

Al camper del Corriere si affianca lo sportello di consulenza legale dell’Ordine degli avvocati. Ecco alcuni casi trattati dai legali durante la tappa di ieri in piazza Duca d’Aosta.

Ho preso una multa ma ritengo che il vigile abbia commesso un errore. Come posso impugnare la sanzione per chiedere che venga annullata?
In questo caso non sempre è necessario rivolgersi a un avvocato. È possibile recarsi direttamente all'Ufficio del Giudice di pace di via Francesco Sforza all’angolo con via Andreani, dove si possono compilare i moduli prestampati e presentare a documentazione comprovante per il ricorso. Avere un avvocato potrebbe in ogni caso essere utile per far fronte ad aspetti più tecnici. A Palazzo di Giustizia, l'Ordine degli avvocati di Milano offre uno spazio di orientamento gratuito ai cittadini, anche per la scelta del professionista più indicato.

Ho un fratello con gravi problemi psichiatrici, ho scoperto che ha acquistato tramite televendita prodotti per migliaia di euro. Qualche mese fa un ufficiale giudiziario ha pignorato tutti i beni della famiglia per la riscossione del debito del fratello: cosa posso fare per uscire da questa situazione?
È possibile opporsi all'esecuzione tramite un legale in quanto i beni non sono di proprietà di chi ha il debito, ed è possibile chiedere la nullità del contratto poiché il soggetto contraente ha dei disturbi psichiatrici e può essere di fatto considerato incapace di intendere e volere. Per non incorrere nuovamente in questo problema è necessario chiederne l'interdizione e per tutelarsi da eventuali ulteriori pignoramenti, è indispensabile cambiare la residenza e il domicilio del soggetto stesso.

Ho dei condomini stranieri che cucinano a ogni ora producendo odori forti e persistenti. Cosa posso fare per risolvere i miei problemi?
In questo caso la cosa migliore è evitare le vie legali, in quanto si tratta di una questione culturale. L'articolo 844 stabilisce che le immissioni di odori sono vietate nel momento in cui superano la normale tollerabilità. Il confine è dunque labile e interpretabile. Poiché la tutela giudiziale non sarebbe efficace, è sicuramente consigliabile tentare un approccio personale nel tentativo di conciliare abitudini culturali diverse tra loro, cercando un dialogo con il vicino.

06 ottobre 2009
In risposta al messaggio di Oliverio Gentile inserito il 5 Ott 2009 - 14:04
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