.: Discussione: Cittadella della giustizia, un altro rinvio?

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Oliverio Gentile

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Inserito da Oliverio Gentile il 16 Ott 2009 - 22:19
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Da milano.corriere.it:

DALLA PARTE DEL CITTADINO

Bruti Liberati: il tribunale?
No al trasloco, sì al restauro


Polemiche dopo la visita del Camper del Corriere: nasce il partito contro la cittadella della giustizia al Corvetto

MILANO - Il palazzo di Giustizia di Milano è un’opera di enorme pregio dal punto di vista architettonico, è un edificio costrui­to espressamente per questa funzione, dentro la città...». Perché, allora, lasciar­lo per l’ultima periferia sud, oltre il Cor­vetto, a Porto di Mare? No, è un’ingiusti­zia. Si apre il processo al trasloco del Tri­bunale. La difesa della sede storica è rap­presentata anzitutto dal procuratore ag­giunto Edmondo Bruti Liberati: «Questo è il palazzo in cui hanno lavorato Galli e Alessandrini, in cui s’è cercato di andare a fondo sulla strage di piazza Fontana, in cui sono state svolte le grandi indagi­ni sul terrorismo e sui sequestri di perso­na, sul crack del Banco Ambrosiano e sulla vicenda Sindona. Qui sono state scoperte la loggia P2 e Tangentopo­li... ».

E i simboli, nella giustizia, hanno «la loro valenza», conclude Bruti Libera­ti: «Nessun’altra città al mondo si prive­rebbe di questo patrimonio». Il ministero della Giustizia ha concor­dato con Comune, Provincia e Regione la costruzione di una nuova cittadella della legge a Porto di Mare, con Tribuna­le e nuovo carcere. Per arrivarci è però necessario abbandonare l’attuale palaz­zo di Giustizia e dismettere San Vittore. Costo dell’operazione: circa un miliardo di euro. Tempi: da definire. La presiden­te del Tribunale, Livia Pomodoro, appro­va il trasferimento e individua nel vec­chio palazzaccio la futura sede d’una grande organizzazione internazionale, ti­po l’Istituto delle Nazioni Unite per la ri­cerca sul crimine e la giustizia.

Eppure, dentro e fuori il palazzaccio cresce il par­tito del «no, grazie». Ne fanno parte ma­gistrati, avvocati, professori. E sostiene la battaglia anche Italia Nostra: «L’edifi­cio storico va tutelato». Il Tribunale è un capolavoro del razio­nalismo anni Trenta, progettato da Mar­cello Piacentini e arricchito da Mario Si­roni, Carlo Carrà, Arturo Martini, Lucio Fontana. È in centro, «facilmente rag­giungibile ». Ai detrattori, che denuncia­no la mancanza di spazi e gli alti costi di manutenzione, risponde il giudice Ange­lo Mambriani, anche lui contrario al tra­sloco: «Sono in costruzione nuove aule nell’area dell’Umanitaria, si possono riorganizzare e recuperare spazi interni e si deve accelerare sul processo civile te­lematico, per eliminare carta e archivi».

In sintesi: abbandonare il palazzo di Giu­stizia è un delitto. Anche perché «non so­no ancora stati quantificati i costi di ma­nutenzione della nuova cittadella»: il Co­mune ha avviato tre mesi fa lo studio di fattibilità del progetto Porto di Mare, ma i risultati non sono ancora pronti. No al trasloco e «per fortuna una deci­sione definitiva non c’è ancora». La pen­sano così avvocati e docenti illustri, da Stefano Rubio a Francesco Delfini, da En­nio Amodio a Eva Cantarella. «L’opera­zione non deve rispondere a esigenze edilizie», insiste il procuratore aggiunto Bruti Liberati. E invita a rileggere la scrit­ta in latino sul fronte del Tribunale, per chi l’avesse dimenticato, la giustizia è a fondamento del regno . Ecco, «resta un buon insegnamento».

Armando Stella
16 ottobre 2009

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In risposta al messaggio di Oliverio Gentile inserito il 15 Ott 2009 - 11:03
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