.: Discussione: Appalti Expo, le mani della 'ndrangheta

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Oliverio Gentile

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Inserito da Oliverio Gentile il 25 Giu 2008 - 12:05
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Da ViviMilano: 

http://www.corriere.it/vivimilano/cronache/articoli/2008/06_Giugno/25/expo_ndrangheta.shtml

La Procura di Milano: costretti a combattere solo scippatori e clandestini

Appalti Expo, le mani della 'ndrangheta

Il giudice Salvini: le cosche hanno troppo potere. «Ma la Moratti ha bocciato la Commissione antimafia. Mancano mezzi e uomini»

Misero gli occhi (e poi mani, aziende, camion, affari) nella Salerno-Reggio Calabria, quei 278 chilometri d'autostrada controllati, casello per casello, dalle famiglie della 'ndrangheta. Le grandi opere, alle cosche, piacciono. Non solo a casa loro. E non per altro: Milano, come ha detto la Direzione nazionale antimafia, «è la vera capitale della ndrangheta»; tra le attività dei calabresi ci sono bar, ristoranti e centri commerciali, e soprattutto imprese edili e di movimento terra; è partita la grande corsa alla costruzione in vista dell'Expo. Tre indizi. Che non fanno una prova. Ma che preoccupano: «Attenti alle infiltrazioni negli appalti dell'esposizione universale ».

Un messaggio per le istituzioni. Per il Comune. Per Letizia Moratti. Moratti la cui maggioranza, ricorda il gip Guido Salvini, «ha bocciato la proposta dell'opposizione di creare una locale commissione per vigilare sulle organizzazioni criminali. La bocciatura non è stato un buon segnale: è stato un favore concesso a chi vuole che le mafie procedano indisturbate». Indisturbate. Così tanto che ci son certi sindaci dell'hinterland, dove le cosche si tramandano malaffari di generazione in generazione — con gli storici capifamiglia in galera, magari all'ergastolo —, si diceva, ci sono certi sindaci che l'hanno sotto la finestra, la 'ndrangheta, e fanno finta di non vederla, nemmeno di sentirla. Indisturbate, le cosche. Anche perché, e citiamo di nuovo Salvini, «tra Milano e provincia, tra poliziotti, carabinieri e finanzieri ci sono soltanto 200 persone specializzate, preparate, addestrate apposta per combattere la 'ndrangheta». Pochi uomini. Pochi mezzi.

A proposito di numeri: i 200 sono meno della metà dei beni confiscati in Lombardia ai boss, 500. E di questi 500 una ridotta parte è stata riconvertita. In città, la Moratti s'è presa l'impegno di intervenire sugli immobili al palo, prigionieri della burocrazia. «Speriamo che alle promesse seguano i fatti». Se già su qualche annuncio di vendesi casa, prima del quartiere e della via mettono la parolina «Expo», a legittimare un prezzo esagerato per la zona in questione, figurarsi le cosche. Figurarsi quanto si stanno preparando. Figurarsi quanto vorranno mangiare. Nella scia d'un potere cui l'ultima relazione parlamentare antimafia, figlia della tenacia di Francesco Forgione (la relazione è diventata un libro, edito da Baldini Castoldi Dalai e presentato ieri alla Feltrinelli di piazza Duomo con Forgione, Salvini e il giornalista del Corriere Giuseppe Sarcina) ha dedicato pagine e pagine, la 'ndrangheta, a Milano, non spara e non ammazza.

O almeno: a marzo, in Brianza, hanno ucciso Rocco Cristello, 47 anni, referente per il Nord dei Mancuso, potente clan leader nel traffico di droga. Un caso isolato, si diceva. Forse. Ha detto Nicola Gratteri, magistrato in prima linea: «In Lombardia le cosche sono riuscite perfettamente a clonarsi. Saldando rapporti con esponenti del mondo bancario, finanziario e istituzionale». Un colosso, la 'ndrangheta. Eppure chi lancia allarmi è preso come un visionario, eppure in Procura «c'è la diffusa consapevolezza che la sicurezza sia ormai ridotta a scippi, microcriminalità, clandestini».

Andrea Galli
25 giugno 2008

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