.: Discussione: Una costituente per un nuovo welfare

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Paolo Ramella

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Inserito da Paolo Ramella il 18 Giu 2008 - 14:48
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Possiamo condividere i punti aperti della lettera, ma, senza entrare troppo nel dettaglio, si può dire che alla volontà di fare qualcosa in più, certamente doveroso da parte di tutti, non solo la politica,  c'è un problema in parte sottovalutato che ben abbiamo presente tutti i giorni: il lavoro. Il lavoro è l'attività che genera ricchezza da distribuire e negli ultimi 10-15 anni è cambiato profondamente sia per la qualità dei contratti di lavoro sia per la sua scarsità. Un esempio lampante è proprio innestato dalle merci e dai servizi a basso costo, inutile stupirci se poi una fabbrica o azienda "occidentale" si ritrova a dover ridurre dipendenti o sposarsi in Paesi più "disponibili" a fare sconti fiscali, e sociali, oppure subìre quei Paesi che hanno costi decisamente più bassi dei nostri.

La cosiddetta globalizzazione, peraltro sempre esistita, è diventata una globalizzazione "selvaggia", una globalizzazione "azzera diritti" e "azzera filtri" e quei mercati (i nostri) che hanno costruito nei decenni forme sociali innovative si ritrovano a doversi difendere con armi superate o a dover adattarsi alle economie più flessibili e meno sensibili a certe questioni. Questo comporta un mercato del lavoro confuso, in continua tensione e precario, a tutti i livelli. Ogni politica sociale deve poter poggiare su certezze e oggi queste sono diventate più difficile da ricercare. D'altronde la stessa esistenza di Stati nazionali in una Unione Europea è venuta meno, col tempo, e questo mentre non è stato ancora definito il ruolo politico dell'Unione.

In questo momento l'Italia, l'Europa, stanno subendo una concorrenza interna (Paesi "storici" europei vs nuovi Paesi dell'est europei) e una concorrenza, forse più selvaggia, dai cosiddetti paesi emergenti, magari da parte di imprenditori/finanziatori occidentali. Il livello di welfare europeo è il migliore al mondo, ma rischia seriamente di perdersi per strada di fronte a queste sfide non governate dalla politica (nazionale o europea), come giustamente evidenziato nella lettera.

La mia impressione è che siamo di fronte a scelte difficili, nel breve termine, che possono anche generare tensioni non indifferenti (si vedano le ultime dovute ad aumenti sensibili per materie prime nell'energia o negli alimentari) e nel contempo dobbiamo garantire diritti certi e welfare a parti sempre più consistenti di popolazione (locale o importata).

E' una strada difficile che può cambiare profondamente la vita delle persone, in genere quelle più esposte, e queste interminabili tensioni (sociali, politiche...) creano mostri che l'Europa ha conosciuto a lungo nel secolo scorso.

In risposta al messaggio di Virginio Colmegna inserito il 11 Giu 2008 - 15:36
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