.: Discussione: Neo-imprenditoria dinamica e globalizzata opera sulla città!

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Oliverio Gentile

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Inserito da Oliverio Gentile il 29 Giu 2009 - 11:37
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Da milano.corriere.it:

Assimpredil: le prefetture ci aiutino a non dare lavoro alle imprese «corrotte»

Mafia nelle imprese. «Favorita dalla crisi»

L’allarme di De Albertis. Rosati, Cgil: è un grave rischio. Manfredi Catella: più controlli

La mafia è un tarlo. Che rode pia­no piano il cuore produttivo di Mila­no. Le imprese più vulnerabili sono quelle colpite dalla crisi ma che, no­nostante la fragilità, hanno a che fa­re con gli affari più ricchi. Un iden­tikit che oggi corrisponde a pennel­lo alle attività delle costruzioni. A lanciare l’allarme — per una volta il termine non è sprecato — è Claudio De Albertis, presidente di Assimpredil, associazione dei co­struttori di Milano e Lodi che assi­ste 8.000 imprese di cui un migliaio associate. «Esiste una stretta corre­lazione tra infiltrazione mafiosa e l'attuale fase di recessione economi­ca — mette in allerta De Albertis —. Se l'economia legale registra una drastica contrazione dei finanzia­menti, quella illegale può contare su una "permanente, enorme, illimi­tata liquidità finanziaria", come ha già fatto notare il procuratore nazio­nale antimafia, Piero Grasso. Il peri­colo dell'usura è in agguato e l'usu­ra è il veicolo che innesta relazioni pericolose».

Tradotto: in questa fase ottenere credito dalle banche è difficile, per­ciò chi è alle strette accetta l’ingres­so in azienda, magari sotto forma di soci, di nuovi attori che possono garantire liquidità. Così l’azienda di­venta un perfetto veicolo per il rici­claggio di danaro sporco. «Questa questione va presa male­dettamente sul serio — accetta la sollecitazione dei costruttori Ono­rio Rosati, segretario generale del­la Cgil di Milano —. Le imprese non vanno lasciate sole. Il proble­ma andrebbe affrontato insieme, attraverso un tavolo cittadino a cui partecipino tutti gli attori coin­volti nella partita». I costruttori dicono di non avere strumenti sufficienti per isolare i colleghi che hanno a che fare con la criminalità organizzata. Il certifica­to antimafia garantirebbe sempre meno. E non solo perché, come ha detto il procuratore nazionale anti­mafia, Piero Grasso, è aggirabile creando società con dei prestano­me. «Il certificato rileva solo situa­zioni di mafiosità conclamata, pres­soché inesistenti — fa il punto De Albertis —. L'impresa, ma anche il privato che voglia affidare lavori edili, rischia di cadere nella rete di soggetti mafiosi senza essere mes­so in condizione di sapere con chi ha a che fare».

Dall’inizio dell’anno stanno sulle dita di una mano le imprese a cui la prefettura di Mila­no ha ritirato il certifi­cato antimafia. «Una di queste è la Lucchi­ni Artoni. L’azienda la­vorava per i più grandi cantieri della città, com­preso quello della linea 5 del metrò e delle grandi riqualifi­cazioni urbane. Adesso i 130 dipen­denti sono a spasso, e non per col­pa loro», lamenta Ferdinando Lioi della Uil. Così il sindacato confede­rale oggi chiede al prefetto di trova­re una soluzione che salvi la parte sana dell’azienda. «Per quanto ci riguarda, come Comune lavoriamo fianco a fianco con Dia e prefettura. Chiediamo in­formazioni sulle aziende che parte­cipano ai nostri bandi di gara e quando qualcosa non ci convince le estromettiamo», racconta l’asses­sore ai Lavori Pubblici del comune di Milano, Bruno Simini.

Ma allora come è possibile che un’azienda a cui viene ritirato il certificato anti­mafia si trovi nei cantieri del metrò cinque? «Quello è project finan­cing, non si è passati attraverso l’appalto pubblico». La via d’uscita, secondo De Alber­tis, è garantire ai privati le stesse in­formazioni su cui possono contare le stazioni appaltanti pubbli­che. «A oggi all'operatore privato è preclusa la ve­rifica presso la Prefet­tura e l'accesso alla banca dati dell'autori­tà», lamenta Assim­predil. Ma cosa ne pensa­no i singoli operatori? «I nostri azionisti sono fondi bancari, assicurazio­ni, fondi pensione. L’esigenza di trasparenza è massima. Per noi è meglio evitare di affidare i lavori a imprese colluse invece di scoprire una situazione in corso d’opera», assicura Manfredi Catella, ammini­stratore delegato di Hines Italia, gruppo che sta creando il nuovo quartiere Porta Nuova. Conclude il manager: «Chiediamo di potere al più presto lavorare con le stesse in­formazioni a cui hanno accesso gli operatori pubblici».

Rita Querzé
rquerze@corriere.it
29 giugno 2009


In risposta al messaggio di Gregorio Mantella inserito il 18 Maggio 2008 - 12:52
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