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.: Il Blog di Alessandro Rizzo
Sabato, 26 Aprile, 2008 - 15:10

discorso tenuto il 25 aprile a cinisello balsamo

 
Ringrazio il Comune di Cinisello Balsamo, il Sindaco Zaninello, il settore organizzazione manifestazioni, Patrizia e Billie, il presidente del consiglio comunale Fasano, e particolarmente l’ANPI di Cinisello Balsamo, per avere dato in questa due giorni di ricorrenza del 63° anniversario della liberazione dell’italia dal nazifascismo, da un’infamia inventata in Italia, un volto e una caratteristica partecipata, veramente partecipata, ma socialmente avvertita come necessaria, escludendo quel rituale, importante chiaramente per ricordare e fino a oggi avvenuto, di cerimonia istituzionale, ma spesso sfociante in un ricordo utile ma fine a sé stesso, in un tributo giusto e fondamentale, ma non reso incisivamente attuale, vivente, concepito come parte integrante della nostra cultura.
Questa è stata un’occasione per dare un segnale che vuole concepire l’esigenza tutta attuale di attuare la costituzione tramite un impegno delle nuove generazioni nell’antifascismo: mi rendo disponibile in futuro, ma futuro prossimo, a portare avanti in modo costante e coerente un impegno di coinvolgimento delle giovani generazioni, come comune ma anche come città metropolitana di milano, la provincia con l’assessorato barzaghi sta lavorando molto in questo senso, con le scuole, primi riferimenti, primi target a cui rivolgerci, luoghi dove deve essere attuato il metodo pedagogico della resistenza.
Oggi siamo in questa piazza, come in tante altre piazze d’italia, a dire a gran voce che la Costituzione Repubblicana, nata dalla Resistenza, vi ricordate Calamandrei “Se voi volete andare in pellegrinaggio, nel luogo  dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati, dovunque è morto un italiano, per riscattare la libertà e la dignità: andate lì, o giovani, col pensiero, perché li è nata la nostra Costituzione."?, è ancora attuale, che deve essere, come l’ANPI ha ricordato nella sua ultima conferenza regionale, attuata tramite un impegno antifascista che deve sapere coinvolgere soprattutto le giovani generazioni, e mi metto in questa dimensione.
Io penso a un impegno antifascista che sia anzitutto impegno culturale per una rivoluzione etica e morale in questo paese, che è strutturato su visioni utilitaristiche, individualiste, provinciali, fortemente corruttibili le coscienze tramite nuove forme di vassallaggio e di “servitù” intellettuale e opportunistica: il fascismo mantiene uno stato feudale, di rottura di una convivenza civile, dove nessuno è libero di procedere autodeterminandosi e liberandosi dai propri bisogni, ma dove tutte e tutti sono posti l’uno contro l’altro, mantenendosi alla base di quella che viene detta “piramide sociale” e lottando contro chi vive nelle stesse condizioni sociali. Un panorama dove hobbsianamente possiamo parlare di una lotta di tutti contro tutti, “homo homini lupus”, dove l’uomo diventa nemico per un altro uomo, in un atto di esaltazione del superomismo e della fedeltà cieca e indiscutibile nell’uomo forte, nell’homo novus.
La Costituzione è negazione di questa deriva e decadenza civile e morale: vuole non solo riscattare l’uomo e la sua dignità, ridando libertà al Paese, ma vuole programmare, è la sua la caratteristica di essere testo precettivo, un nuovo mondo altro e possibile, riprendendo le basi della nostra cultura storica, quella illuminista.
Ma noi dobbiamo nel difendere come giovani la Costituzione, opporci fin da oggi a chi esalta progetti di revisionismo, che è uno strumento fine al potere di legittimare ogni pretesa di imporre la propria forza e la propria ideologia come unica ideologia possibile. Gran parte del revisionismo parla di guerra di liberazione come guerra civile, nel momento in cui vuole equiparare vincitori e vinti, coloro che combatterono per la libertà, riscattando l’Italia e l’Europa e chi, invece, scelse, per diversi motivi, di adoperarsi per proseguire quella scia di sangue e di repressione disumana e genocida che fu il regime nazifascista, assoldandosi nelle fila dell’occupante straniero.
Il 25 aprile è la festa della Libertà. Non possiamo dire altro, come scrisse Claamandrei. E la libertà non può essere la conclusione di una guerra civile, dove una parte rimane sconfitta, mentre il concetto di libertà è assoluto, riguarda tutte e tutti.
Drammatiche le parole di un futuro forse probabile ministro, Marcello Dell’Utri, che ha sostenuto: "Se dovessimo vincere noi revisioneremo i libri di storia". E’ preoccupante l’uso strumentale della storia e della cultura da parte del potere. E’ preoccupante che ci sia un vento che voglia negare che quello che è stato, e che è stato drammaticamente tragico, eseguito e voluto da alcuni uomini, sia oggi negabile e sottoposto a revisione nel merito. Dove poter dire studiare la storia perché in futuro l’umanità non ripeta certe barbarie? Si vuole usare alcune tragedie per fini politici e ricordare la Resistenza insieme ad altri fatti che sono totalmente autonomi implica necessariamente il mettere in discussione la dignità e l’autorevolezza storica, civile ed etica che la resistenza ha comportato e ancora porta con sé. La Regione Lombardia ha finanziato un’iniziativa per ricordare le foibe: è vero è fatto storico indiscutibile. Fu una tragedia. Ma è stata letta, come cita la delibera regionale, sotto un’ottica strumentale e faziosa, considerando questa pagina terribile della storia d’Italia e di Slovenia in modo decontestualizzato dal procedere degli eventi: le foibe esistevano prima del 1945, erano state istituite dal regime fascista contro le minoranze slovene del Friuli Venezia Giulia. Un altro esempio di antipatriottismo del fascismo, dove si armano connazionali e concittadini contro altri concittadini, che hanno vissuto insieme la tradizione civica e culturale della stessa terra dei padri, fatta di valori di tolleranza e di eguaglianza.
La matrice revisionista è sempre la stessa: espungere frasi dal contesto, connettere fonti disparate e non omogenee, forzare i contenuti del testo: tutto il classico armamentario del negazionista tecnico.
Ma oggi più che mai risuonano come attuali le parole di Pasolini, che nella sua ultima intervista rilasciata a Furio Colombo, intravedeva tempi duri e tristi per il Paese, fatti di decadenza civile, perdita di libertà e indipendenza, di campagne di denigrazione delle diversità, di imposizione di stili e modelli di vita stereotipati e omologanti, tipici non di un semplice pensiero unico, quello del prevalere del più forte sul più debole ma, bensì, di una cinica logica di imposizione e di prepotenza.
L'Italia sta marcendo
in un benessere che è
egoismo, stupidità,
incultura, pettegolezzo,
moralismo, coazione,
conformismo: prestarsi
in qualche modo a
contribuire a questa
marcescenza
è, ora, il fascismo.
Pier Paolo Pasolini,
Vie Nuove n. 36,
6 settembre 1962
Essere giovani antifascisti oggi, nell’anno del 60° anniversario della costituzione, significa opporsi a questo stato di cose, a questo terreno di coltura di una decadenza culturale e civile che porta al fascismo, all’intolleranza, alla disintegrazione della convivenza civile, nel mentre ci sono forze politiche, lo denuncia anche il cardinale Tettamanzi, cavalcano le pulsioni più bieche e infami, volgari dell’indole umana, alimentando atti intimidatori e di violenza razzista, xenofoba, omofoba. E’ un dato preoccupante quello che vede opera vincere le pulsioni più razziste e destabilizzanti, quelle che qualche mese fa organizzarono un assalto incendiario alle abitazioni dei nomadi, legittimamente e regolarmente presenti sui territori comunali.
Proprio perché sono convinto che oggi la frase e il monito di Calamandrei, “Ora e sempre Resistenza”, sia un impeto morale e attuale rivolto a noi giovani generazioni, di riscatto e di vigilanza affinché la libertà, che è cosa preziosa, venga tutelata e preservata ogni giorno, perché non ci si debba in futuro capire che essa è fondamentale e vitale per l’esistenza umana nel momento in cui ne siamo privati, come lo stesso giurista fiorentino diceva. Ma vediamo nella storia della Repubblica quanti giovani hanno anche sacrificato la propria vita per esprimere quell’innegabile esigenza di dare attuazione a un antifascismo non solo di “facciata”, ma anche di sostanza, auspicando forme di democrazia progressiva, citiamo Curiel, dove il concetto di libertà si possa sposare con il concetto di giustizia sociale e di eguaglianza, dove le parole romantiche e di grande impulso culturale di Che Guevara, che sono riscatto libertario per tutto il genere umano, che sono l’antitesi di quello che possano essere presupposti di un mondo altro e possibile, perché necessario: “Fino a quando il colore della pelle non sarà considerato come il colore degli occhi noi continueremo a lottare”. Parlo di quella generazione di “nuovi partigiani” di “nuova resistenza”, che oggi giustamente viene rivalutata e che si è composta di insigne figure di giovani che con l’immaginazione volevano proseguire quell’impegno di attuazione dei principi e dei valori, attuazione spesso non contemplata, spesso sospesa, della Lotta di Liberazione iscritti nella Costituzione, proprio in momenti difficile dove era più possibile movimenti di repressione e di reazione, come la strategia della tensione e come i tentativi di colpi di stato, i “rumori di sciabole”: mi riferisco a Varalli, a Zibecchi, a Franceschi, a Brasili, ad Ardizzone, a tutti coloro che da sempre hanno vigilato contro movimenti neofascisti e reazionari, opponendosi con la forza del proprio ideale e della propria imaginazione in un riscatto dell’umanità tutta, come indica la nostra Costituzione. A loro dobbiamo rifarci, proseguendo con coerenza, nonviolenza, che è più forte e incisiva della violenza, diceva Gandhi, costanza e determinazione in quella strada e lungo percorso che ci porterà ad attuare i valori culturali iscritti nella nostra Carta fondamentale. Il Comitato di difesa della Costituzione, che ebbe una vittoria esaltante e che tutt’ora deve essere presa come riferimento politico innanzitutto e dato imprescindibile contro chi vorrebbe mettere le mani sulla Carta in gran parte non applicata né ottemperata, che in ogni paese, comune, circoscrizione si è costituito e ha visto una grandissima partecipazione di cittadine e di cittadini che si opponevano con gli strumenti referendari a un vile e indegno colpo di mano contro una Costituzione considerata ancora oggi attuale e punto di riferimento in Europa come alta elaborazione giuridica, istituzionale, civile e culturale, nonché testo letterario, rivisto da Marchesi. Ebbene la maggioranza degli aventi diritto ha detto NO a un progetto di destabilizzazione e di annientamento dello spirito democratico progressivo scritto in quella Carta.
Volevo concludere con una poesia di Brecht, “Prima di tutti vennero a prendere gli zingari e fui contento perché rubacchiavano. Poi vennero a prendere gli ebrei e stetti zitto perché mi stavano antipatici. Poi vennero a prendere i comunisti ed io non dissi niente perché non ero comunista.
Un giorno vennero a prendermi e non c'era rimasto nessuno a protestare..." Non perdiamo tempo e proseguiamo sull’impegno antifascista e di pedagogia all’antifascismo e ai valori della resistenza.