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.: Il Blog di Alessandro Rizzo
Martedì, 8 Aprile, 2008 - 12:50

Caro Walter, ora basta con le accuse alla sinistra

Lasciamo le polemiche al dopo elezioni, cerchiamo di riportare un certo flair play, un certo gentelman agreement: ma credo che questa ipotesi di comportamento sia solamente valida per La Sinistra, L'Arcobaleno che non ha mai offeso ma solamente difeso una propria autonomia e una propria progettualità politica, a volte denunciata ingiustamente di essere stata la causa della crisi di governo: una crisi non compresa dalle nostre elettrici e dai nostri elettori, che hanno votato nel 2006 contro una destra irresponsabile e impresentabile, a favore di un cambiamento possibile e necessario; una crisi voluta a tavolino, artatamente preparata nei salotti e nei trasatlantici di Montecitorio, come la sfiducia espressa dal senatore Dini, oppure data alle stampe in una conferenza tenuta a Palazzo Chigi dall'allora ministro Mastella.
La sinistra non può, però essere accusata di avere fatto cadere il governo, ora, da parte del candidato premier del maggiore partito contendente la guida del Paese, fino a ieri al governo e in maggioranza e oggi, invece, in un'operazione di restailing presentatosi come novità unica, pur avendo condiviso le responsabilità politiche e le scelte della maggioranza uscente di centrosinistra. Questa affermazione è una falsità ed è anche un po' disonesta intellettualmente, deformante.
Caro Walter la Sinistra non ha concorso a "segare" l'albero del governo Prodi, non si è ripetuta la situazione del 1998, seppure ti ricorderei che esisteva già da allora un dibattito interno alla sinistra chiaro e trasparente, sull'opportunità di dichiarare la sfiducia al governo, e sebbene i rapporti tra Rifondazione, la massima rappresentanza della sinistra, e L'Ulivo erano puramente elettorali di accordo tecnico e non programmatico, come è stato nel 2006.
La sinistra, i ministri che esprimevano la sinistra del centrosinistra, non hanno mai dichiarato alle stampe, con un atto alquanto discutibile e indegno, il voler "staccare la spina" al governo: la sinistra ha semplicemente detto nel dicembre 2007 che era giunto il momento di cambiare rotta, tornando ad impegnarsi a proporre e attuare i punti programmatici scritti, ripeto scritti, nelle pagine del programma di governo: la lotta alla precarietà, superando la legge 30 e la stessa legge Treu; un'azione di redistribuzione del reddito e non di semplice, seppure necessario, risanamento economico; l'esigenza della politica dei due tempi e prevedere un dilazionamento delle misure, urgenti e importanti, di ristabilimento dei conti pubblici; la definizione dei criteri di elargizione delle entrate superiori alle previsioni previste nel tesoretto (che fine ha fatto, seppure si è consapevoli che esista?); una politica di ritori progressivo delle truppe dall'Iraq e dall'Afghanistan; una politica di abbassamento e contenimento dei prezzi dei beni di consumo e un miglioramento dei salari; una politica di estensione dei diritti civili universali, senza discriminazioni e differenzazioni derivanti da scelte di orientamento sessuale.
Tutto questo era previsto come "cahier de doleances" e come proposte di politica di respiro fortemente riformatore nella lettera che i quattro ministri nostri avevano inviato al governo e al Presidente Prodi, chiedendo che nel febbraio 2008 fosse avviato un processo di verifica di governo per cercare di definire collegialmente le nuove linee politiche coerenti con il programma sottoscritto da tutte le forze sostenitrici L'Unione. Ripeto tutte le forze politiche, nessuna esclusa: neppure le forze che hanno dichiarato alla stampa la loro uscita dalla maggioranza, o hanno espresso il proprio voto di sfiducia al governo, decidendo questa mossa nelle salette appartate dei gruppi palramentari.
Non solo: si accusa Bertinotti di avere dichiarato il 4 dicembre scorso alla stampa che la stagione del governo stava volgendo alla conclusione, fonte, si pensa, di un inizio di crisi. Non è assolutamente vero, se si legge l'intervista pubblicata su Repubblica: la volontà era quella di dire al governo di andare avanti su un'altra strada, che non fosse quella di risanamento economico, di compiacimento, spesso avvenuto, degli interessi di certa imprenditoria. La volontà era quella di dire cambiamo rotta e proseguiamo sul cammino che avevamo proposto alle elettricie  agli elettori nel 2006 tramite un lungo e ricco programma di trasformazione sociale, civile e culturale. Le risposte? Il programma si fa solo per le elezioni, poi si modifica nel proseguimento della legislatura. Come dire: vi abbiamo chiesto il consenso in base a delle promesse che, poi, avremmo disatteso ed evaso. Il programma si stila collegialmente se si è in coalizione per approvarlo e attuarlo.
Ma vorrei anche dire, a chi critica e accusa la sinistra di avere "segato" l'albero del governo, che qualche settimana prima, a pochi giorni dal consenso ampio che Veltroni aveva avuto con le consultazioni delle primarie del Partito Democratico per la carica di segretario, lo stesso Veltroni, fresco di nomina, disse che era possibile prevedere in futuro un'ampia autonomia delle forze politiche, in primis il neonato PD, di correre da sole, sperimentando, poi, quello che è avvenuto successivamente, ossia il non accettare nessun tipo di accordo programmatico o tecnico di alleanza con la sinistra, correndo da soli. Si può fare dice Veltroni e il suo slogan impreversante nella campagna elettorale: il problema è che ciò che si può fare oggi nella propaganda si poteva benissimo fare prima, essendo al governo e sostenendo l'impulso riformatore che quel governo aveva potenzialmente. Ma dov'eri Walter prima della caduta del governo? Sostenevi il governo o eri impegnato a trattare una nuova legge elettorale sentendo prima il centrodestra e accreditando come interlocutore di eccellenza Berlusconi, anzichè cercare di lavorare a una maggiore coesione programmatica e politica del centrosinistra?
E poi, veramente, è giunta l'ora di dire che nessun ministro della sinistra è sceso in piazza per criticare positivamente certe scelte che erano state prese, spesso, senza investire su quel rapporto di rappresentatività rinato con la parte sana del Paese, pieno di fiduciosa speranza di rinnovamento politico e sociale, culturale, civico, dopo 5 anni di governo Berlusconi e di crisi delle coscienze, come scriveva il noto giurista Franco Cordero su Repubblica.
Per onestà intellettuale, almeno. Qualcuno, invece, c'era al "family day", tanto osannato dalle truppe formigoniane, oggi in pectore, se malauguratamente vincesse la destra berlusconiana, ed era un qualcuno che non poteva essere considerato come un "qualsiasi attivista cattolico": era il ministro Fioroni, della pubblica istruzione, oggi nelle fila del PD, che manifestava contro un progetto di legge di proposta ministeriale del proprio governo, di cui era componente, riguardante l'attuazione dei DICO. Perchè non riportare un clima di fair play e di onestà intellettuale: almeno prima delle elezioni, a pochi giorni dall'apertura dei seggi. E' ancora possibile avere un confronto laico, aperto e rispettoso, senza accusarsi reciprocamente di avere tolto la spina al governo, già molto precario nella sua stabilità, a causa di una legge porcata varata dal centrodestra?

Alessandro Rizzo