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Inserito da Oliverio Gentile il 23 Mar 2009 - 11:52
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Da Milano 2.0:
Expo 2015 a Milano, parlare di sconfitta sarebbe poco Pubblicato da Matteo Failla, Blogosfere staff alle 10:43 in Milano cronaca, Milano politica Mese dopo mese, quasi fosse un bollettino di guerra, mi ritrovo a scrivere un post sull'avanzamento dei lavori dell'Expo. Non trovando notizie su questo aspetto - lo so, è incredibile, ma è tutto ancora fermo - opto per un triste resoconto delle occasioni mancate. O perdute, che è peggio ancora. Un annetto fa speravo nella scossa in arrivo per questa metropoli alla ricerca di una nuova identità. Oggi posso solo constatare il decesso di una cittadella dalla mentalità provinciale, che sonnecchia alle spalle di immensi giochi di potere dal retrogusto tutto italiano; un retrogusto amaro, di quelli che per giorni e giorni lasciano le papille gustative in subbuglio. Troppi interessi privati stanno bloccando la lunga cavalcata verso l'Esposizione Universale del 2015. E a breve potremmo ritrovarci un terzo incomodo, che tra l'altro, a quanto pare, un dito nella marmellata ce l'ha già: questo "terzo" si chiama 'ndrangheta, robetta da poco insomma. Ormai possiamo sederci in riva al fiume e piangere, comunque vada a finire sarà una sconfitta, un'occasione mancata, una grande opportunità giocata solo a metà. Ricordo ancora con immensa gioia il giorno della dichiarazione del vincitore. Quel 31 marzo ero qui a Milano, alla Fabbrica del Vapore, testimone di un momento storico che di lì a poco mi avrebbe fatto gridare "Io c'ero". Ricorderete che abbiamo trasmesso in diretta i video dalla Fabbrica testimoniando la lunga attesa e la successiva gioia della città. Oggi invece possiamo solo affidarci ad un soffocato gridolino di dolore. altro che notizie trionfali. Come sono cambiate le cose. Dopo 10 mesi rileggo queste parole scritte il giorno dopo la vittoria e quasi mi vengono i brividi. Tutto è fermo, solo i litigi riescono a portare avanti l'argomento Expo su giornali e blog. Se non esistessero le diatribe tra "governanti" non potremmo neanche parlare di Expo: non ci sarebbero notizie da dare. Nemmeno la tardiva e fantozziana creazione del CDA ha risolto nulla. Dopo l'era Glisenti è arrivata l'era Stanca. Stanca, già. Per concludere in bellezza, giusto per far venire anche a voi una leggera tristezza - non è che solo io devo sentirmi sconfitto, deprimetevi un po' anche voi - un articolo di Alberto Statera per Repubblica. di Alberto Statera ALTRO che "Grosse Koalition" all'ombra della Madonnina, come scrisse il Financial Times quando Milano, regnante ancora per pochi giorni il governo Prodi, si aggiudicò la gara internazionale per l'Esposizione universale del 2015. Un anno è passato da quel 31 marzo del 2008 e la litigiosissima "kleine koalition" di destra che governa la ex capitale morale e la Lombardia, adesso di conserva con il governo di Roma, la Madonnina la sta facendo lacrimare. Oltre, naturalmente, alla Torno, società alquanto problematica titolare del progetto, di cui l'italo argentino Carlos Bulgheroni ha ceduto quote rilevanti all'Abm Merchant, del finanziere Alberto Rigotti, basato in Lussemburgo, che se il Bucone si farà aspira alla gestione del passaggio a pagamento per sessanta o almeno quarant'anni. E le due nuove linee del metrò, la quattro e la cinque? E le altre infrastrutture ? Letizia Moratti nicchia, dopo aver impiegato un anno per rinunciare al controllo della Società di gestione dell'Expo attraverso il suo uomo, dopo scontri epocali con il ministro dell'Economia Giulio Tremonti, con Formigoni, con la Lega, tutti impegnati non a metter giù rotaie e parcheggi ma, "culi sulle sedie", come dice, chiedendo l'anonimato, uno dei protagonisti di quest'anno di operose lotte di potere nella destra meneghina. Già gli esordi furono cupi: non cosa, come e quando fare, ma chi doveva controllare il ben di dio di 12 miliardi pubblici da spendere, più un indotto stimato in 44 miliardi. Il sindaco, il presidente della regione, il presidente della Provincia, il ministro dell'Economia, la Lega Nord, la famiglia La Russa, protesi di Salvatore Ligresti, Berlusconi stesso. O domineddio? La Moratti scelse come suo domineddio quel Paolo Glisenti che Vittorio Sgarbi, ex assessore alla Cultura milanese, ha definito "l'elaborazione intellettuale del nulla". Detto "Pennacchione" quando a Roma faceva il giornalista, si era preparato il potere assoluto e uno stipendio da otto milioni di euro o giù di lì fino al 2015. Ma è stato smascherato dalle truppe di Bossi: "Quando ci siamo seduti a un tavolo - ha confessato Dario Fruscio, presidente bossiano del collegio dei sindaci della società di gestione prima di dare le dimissioni da quell'inferno - ho capito che di aziende lui capisce poco o niente". Così Glisenti ha dovuto mollare. |
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In risposta al messaggio di
Oliverio Gentile inserito il 27 Mar 2008 - 15:27
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