.: Discussione: Un paradosso ciclistico

Opzioni visualizzazione messaggi

Seleziona la visualizzazione dei messaggi che preferisci e premi "Aggiorna visualizzazione" per attivare i cambiamenti.
:Info Utente:

Germana Pisa

:Info Messaggio:
Punteggio: 0
Num.Votanti: 0
Quanto condividi questo messaggio?





Inserito da Germana Pisa il 23 Feb 2008 - 11:55
accedi per inviare commenti
In attesa di vedere gli sviluppi della situazione a Milano propongo una serie di articoli che illustrano la situazione in altre capitali europee.

-

Auto contro bici a Londra - 22-2-08


di Simon O'Hagan - da The Independent.
Scelto e tradotto per Megachip da Fabrizio Bottini

Sul percorso che faccio ogni mattina in bicicletta per andare al lavoro a Londra c'era una strettoia insidiosa, dove si passa sotto l'Admiralty Arch, l'imponente struttura che segna l'ingresso a Trafalgar Square. L'ampio viale del Mall si riduceva in quel punto alle sole due corsie di traffico, al momento immobile, lasciando ai ciclisti una strisciolina di spazio per strizzarsi sulla fascia sinistra della via. Spesso non c'era neppure quello spazio.

Poi, qualche settimana fa, qualcuno al Transport for London ha avuto la brillante idea di inserire in quel punto un breve tratto di pista ciclabile. É comparsa sull'asfalto una spessa fascia bianca, a liberare quei pochi centimetri vitali per i ciclisti, lasciando comunque spazio per le due corsie del traffico motorizzato. Diciamo che l'idea ad ogni modo era quella. In realtà, è successo che le auto ignorano la pista ciclabile, e si dispongono esattamente come hanno sempre fatto, bloccando il passaggio dei ciclisti.

L'altro giorno ho guardato con piacere l'apparire due coni per deviare il traffico all'inizio della pista, a dare qualche motivo in più ai veicoli per spostarsi sulla destra. Però il giorno successivo i coni erano stati abbattuti – presumibilmente dalle ruote di un'auto – e tutti, automobilisti e ciclisti, ci ritrovavamo più o meno al punto di partenza. Quella che era una piccola insidiosa strettoia resta tale. Solo, in un certo senso è anche peggio perché nella situazione si è introdotto un aspetto di antagonismo. Agli automobilisti non piace concedere spazio ai ciclisti. I ciclisti sono infastiditi dall'intrusione delle auto nelle loro corsie.
L'esempio del tentativo di gestire il traffico all'Admiralty Arch, di rendere la vita un po' più semplice alle centinaia di ciclisti che ci passano sotto ogni giorno, spiega una questione più generale a proposito della sfida che si trovano di fronte gli esperti di mobilità urbana. Sottolinea anche un rapporto fra automobilisti e ciclisti che si potrebbe descrivere quantomeno come difficile. Chi viaggia su due ruote viene considerato una specie di bifolco fasciato di stoffa elastica che di norma scorazza sui marciapiedi e passa col rosso. Agli occhi del ciclista il plotone delle quattro ruote non mostra di accorgersi in alcun modo del fatto che condivide la strada con altri utenti, assai più vulnerabili.

Con questi presupposti, l'annuncio della scorsa settimana del sindaco di Londra Ken Livingstone di un piano di investimenti da 500 milioni di sterline per interventi sulle piste ciclabili nella capitale va al cuore del problema così come certamente è percepito da qualunque utente delle vie urbane: possono in qualche modo auto e biciclette coesistere in modo soddisfacente?

É incredibile vedere quanto abbia preso piede l'andare in bicicletta a Londra negli ultimi anni. La congestion charge, una maggiore consapevolezza ambientale, la voglia di tenersi in forma, la paura del terrorismo, la libertà e la semplice comodità, sono tutti i motivi che spiegano un probabile raddoppio della cifra dopo il 2000. Anche in queste fredde mattine d'inverno noi ciclisti riusciamo a creare un nostro particolarissmimo tipo di congestione in vari nodi di tutta la città. D'estate, le strade di Londra all'ora di punta brulicano di ciclisti.
Ma gli spostamenti in bicicletta rappresentano ancora solo l'1% di quelli giornalieri di Londra, e l'obiettivo del sindaco è di incrementare quella quota fino al 5% nel 2025. Per farlo prevede 12 “superstrade” che offrano percorsi rapidi e sicuri da e verso la zona centrale. Si introdurrà anche un progetto di bici a noleggio gratuito, sulla traccia di quello riuscitissimo Vélib di Parigi.

“C'è un vero rinascimento ciclistico” commenta Mark Watts, consigliere del sindaco sul cambiamento climatico che ha contribuito a concepire la nuova strategia. “Quando si pensa alle tensioni che comporta gestire un sistema di trasporto in una attiva città moderna, il ciclismo si rivela uno strumento vitale”.
Watts chiarisce come le superstrade non saranno realizzate dove non esistono altre grandi arterie. Comportano invece adattamenti di strade esistenti, e i ciclisti non dovranno, come qualcuno temeva, scoprire poi di essere stati esclusi da tutte le pubbliche vie. “Ci saranno piste ciclabili più ampie e si farà uso delle corsie degli autobus, sottolineando come siano allo stesso tempo sia piste ciclabili che corsie preferenziali, non percorsi che possano anche essere usati dai ciclisti”. La chiave di tutto, dice Watts, è la “massa critica” – raggiungere il punto in cui le biciclette siano così diffuse, come succede a Amsterdam o Copenaghen (esempi studiati dal Transport for London), da ribaltare completamente i presupposti su chi è padrone della strada.

“Funzionerà in entrambe le direzioni” continua Watts. “Ci sarà una maggiore accettazione dei ciclisti da parte degli automobilisti, e i ciclisti saranno sostenuti dall'idea di non essere soli. Quando erano solo una piccola minoranza era facile per chi guidava pensare che fossero degli estranei sulla via. Oggi non più”.
In quanto persona che si sposta a Londra sia in bicicletta che in macchina, io rimango scettico, specie quando strumenti come le “scatole di stop” – ambiti previsti ai semafori ad esclusivo uso dei ciclisti – sembrano non avere alcun effetto sul comportamento di chi guida. Secondo Watts, in Parlamento è in discussione in disegno di legge per consentire a chi dirige il traffico di multare chi ci sale sopra, e si prevedono contravvenzioni. Cosa che potrebbe aiutare: insieme alla proposta dei 35 kmh come limite di velocità nelle aree residenziali, che Watts spera possa rendere gli spostamenti in bicicletta una possibilità molto più sicura di quanto non appaia ai più oggi.

Naturalmente, il corso degli avvenimenti pare favorevole ai ciclisti. Si tratta dei modello di mobilità più sostenibile, e il modo in cui si è risvegliata Parigi, a parere di Watts, ha fatto meraviglie per il suo “marchio”, cosa tanto importante per il ruolo delle città moderne.

Personalmente, mi piace andare in bicicletta dentro al traffico. Certo ampie corsie riservate sono un'ottima cosa, ma la necessità di tenere i sensi all'erta mentre vado ogni giorno al lavoro fa parte del piacere della cosa, del senso di appagamento che si prova una volta arrivati. La vita di città è un'esperienza collettiva. Non è per questo che ci abitiamo?
Nota: cresce (tranne che a quanto pare in Italia, paese forse troppo neoricco?) in tutto il mondo il ciclismo urbano, compresa New York ; il testo originale anche sul mio sito Mall_int sezione Central Places (f.b.)  


In risposta al messaggio di Alessandro Rizzo inserito il 19 Nov 2007 - 16:23
[ risposta precedente] [ torna al messaggio] [risposta successiva ]
[Torna alla lista dei messaggi]