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Oliverio Gentile

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Inserito da Oliverio Gentile il 13 Ott 2009 - 15:53
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Da milano.corriere.it:

Dalla parte del cittadino

Mamme e ciclisti: sì alla città del verde «Ma via la bisca cinese dal Sempione»

Dal Lambro a Forlanini, 6 mila tonnellate di rifiuti all’anno. «Wi-fi impossibile e troppo degrado»

MILANO - Il verde per correre, per ripo­sare, per giocare. E poi il verde dimenticato, diventato bo­sco-dormitorio, con le panchi­ne coperte di stracci e bianche­ria ad asciugare. E altro verde, diventato una bisca a cielo aperto, dove i cinesi giocano a mahjong , con le carte da gioco che si mischiano alle bancono­te. Il Parco Sempione, con i suoi abitanti («questo è il no­stro giardino»), le sue vittorie (dieci anni fa era l’enclave de­gli spacciatori) e le sue con­traddizioni (la contestatissima ruota panoramica) è il polmo­ne-metafora di questa città che chiede più verde da vivere e (spesso) ottiene promesse e progetti faraonici. «Perché il verde economicamente è a per­dere, se diventa guadagno vuol dire che qualcosa non funziona» dicono i residenti, dall’Arco della Pace all’Arena, fino alla Triennale. Così la ri­chiesta al Sempione è una so­la: «Lasciateci il parco, lasciate­celo vivere. Non trasformatelo in un luna park o nel tempio della movida». Ma «per favo­re», liberateci dai disperati, dai balordi, dalla bisca a cielo aperto nel grande spiazzo del­la biblioteca Sempione.

Milano è la città che pro­gramma, attraverso il Piano di governo del territorio, nuovi boulevard, tram sospesi, me­no auto, ramblas alberate, vie d’acqua e la trasformazione di un polmone verde che sarà pa­ri a cinque volte il londinese Hyde Park. Programmi e so­gni di qui a vent’anni. Progetti da 700 milioni di euro. Ed è la città che annuncia: al Sempione avevano portato la rete wireless, collegamento Internet gratuito. Ma la pac­chia è già finita, più di un me­se fa. E chi arriva con il pc in pausa pranzo ora se ne va delu­so. Quattro chiamate per capi­re l’arcano. E il panino rimane a metà. Ma c’è, soprattutto, la città del giorno per giorno, che il verde lo vive e lo consuma, che lo ama o che non lo rispet­ta. Da Est a Ovest, da Nord a Sud, dal Parco Lambro al Forla­nini, dal Bosco in città al Parco Nord: ventuno milioni di me­tri quadrati di verde, che «pro­ducono » seimila tonnellate di rifiuti ogni anno.

Una monta­gna di cartacce, vetri, escre­menti di cane, cicche di siga­retta. Con i giovani, che nottetem­po trasformano il paradiso at­torno a piazza Vetra in un gi­gantesco pub all’aperto, occu­pano con i rave party le aiuole di Città Studi, calpestano sen­za pietà l’erbetta e i fiori fuori dai locali della movida. E i su­damericani con i raduni del fi­ne settimana, che danno il lo­ro contributo alla desertifica­zione dei prati tra partite di cal­cio e faraoniche grigliate. Un parco, ripete inascoltato l’ar­chitetto Borella (l’inventore, dal nulla, del Parco Nord) «è come un bambino, deve esse­re amato e accudito giorno do­po giorno e ha bisogno di chi lo diriga». C’è anche il parco dei run­ner semiprofessionisti (sono seimila accertati nella metro­poli) che preparano le marato­ne con il chiodo fisso del «ver­de uguale salute». E che chie­dono «strutture attrezzate e spogliatoi dedicati», magari al posto dei baracchini dove si fa vendono bibite e caramelle.

E quello dei ciclisti che fanno la gimcana tra mamme che spin­gono le carrozzine e proprieta­ri di cani che se potessero can­cellerebbero le aree cani e ri­schiano la multa lasciando li­beri di correre i quattrozampe. Perché tutti sognano un par­co per loro. A Milano sul verde si consumano le guerre. Quel­la per la gestione, tra Italia No­stra e il Comune sul Parco del­le cave, oasi naturalistica com­piuta a metà. E quella del ce­mento. Nel parco più indifeso. Il Parco Sud, l’immenso capola­voro verde di 47 mila metri quadrati disegnato sulle carti­ne, che ospita agricoltori e ba­siliche, rogge e marcite, capo­lavoro di biodiversità, peren­nemente a rischio di cementifi­cazione. Non ci sono sottobo­sco né animaletti al Forlanini, dove lo specchio d’acqua è più simile a uno stagno, i viali so­no miniautostrade d’asfalto e un progetto di riqualificazione è chiuso in un cassetto da sem­pre, forse perché troppo ambi­zioso, comunque costoso: i sol­di che non c’erano vent’anni fa, non ci sono certamente ora.

Paola D’Amico Cesare Giuzzi
13 ottobre 2009

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In risposta al messaggio di Oliverio Gentile inserito il 12 Ott 2009 - 11:50
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