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.: Il Blog di Alessandro Rizzo
Domenica, 24 Giugno, 2007 - 17:54

GAY E DIRITTI ESSERE IN TANTI NON BASTA PIU’

GAY E DIRITTI ESSERE IN TANTI NON BASTA PIU’
24/06/2007 - Il Manifesto - Gianni Rossi Barilli
LA QUESTIONE È INVECE CHE NON SI PUÒ PIÙ ASPETTARE CON PAZIENZA UN'IPOTETICA MATURAZIONE DI CHI GOVERNA QUESTO PAESE. LA LEGGE SUL DIVORZIO PASSÒ A UN SECOLO DI DISTANZA DALLA PRESENTAZIONE DELLA PRIMA PROPOSTA DI LEGGE IN MATERIA. PER LA PARITÀ DEI DIRITTI GLBT, COME SINGOLI PRIMA ANCORA CHE COME COPPIE, NON DEVE ACCADERE LA STESSA COSA. Ascoltare la piazza. Questo ritornello l'abbiamo sentito innumerevoli volte all'indomani del Family day organizzato dalle parrocchie. Non tutte le piazze però sono uguali, se dobbiamo considerare la fredda accoglienza politica ricevuta dal pride di Roma della scorsa settimana, che pure ha avuto dimensioni altrettanto o anche più imponenti del family day. D'altro canto, visto che le due piazze sostenevano istanze contrapposte, sarebbe forse logico concludere che non era possibile ascoltarle entrambe. Ma si tratta di un ragionamento valido solo se si sposa la tesi ideologica dell'oltranzismo religioso che vive come un'aggressione inaccettabile tutto ciò che non rientra nella sua ristretta e prescrittiva visione del mondo. E proprio di questo si tratta in Italia, dove chiunque voglia evitare di passare per estremista deve genuflettersi ai diktat di papa Ratzinger o perlomeno dare per scontato che siano argomenti sacrosanti.
Eppure basterebbe guardarsi un po' intorno per capire che le tesi apocalittiche e interessate del Vaticano sono completamente fuori dalla realtà. Basterebbe osservare a come si sta evolvendo la società italiana per vedere che la conclamata crisi della famiglia «costituzionalmente intesa» non dipende affatto dalle richieste di riconoscimento di gay, lesbiche e transessuali. E basterebbe mettere il naso nelle politiche di nostri vicini come la Francia o la Germania (tralasciando per una volta la diabolica Spagna) per sapere che il sostegno alle famiglie eterosessuali non è per nulla incompatibile con il superamento delle discriminazioni nei confronti degli omosessuali. Questo è però proprio quanto il sistema politico italiano si rifiuta di fare. Per amorale valutazione del fatto che da noi le truppe del papa pesano assai di più di quelle del frastagliato popolo glbt e per l'arcaica impostazione culturale (leggi crassa ignoranza e impermeabilità al buonsenso) della nostra classe dirigente.
Cosa devono fare quindi le persone glbt che chiedono diritti minimi per avere la possibilità di essere cittadini come gli altri? È ormai chiaro che riempire le piazze e far vedere che si è in tanti di per sé non basta. Dunque si è cominciato a pensare di usare altri metodi, partendo dalla necessaria premessa che la politica istituzionale, un tempo interlocutore indispensabile per il cambiamento in una società arretrata, è diventata oggi una controparte e un elemento di freno. Si è parlato per esempio di forme di sciopero fiscale, facendo gridare allo scandalo gli alfieri governativi della lotta all'evasione che non hanno esitato a etichettare l'idea come uno scivolone berlusconiano. Di ben altro si tratta però. Come ha spiegato il presidente di Arcigay Aurelio Mancuso in un articolo sul Riformista «stiamo parlando di azioni che si rifanno alla tradizione della non violenza anti collaborazionista indiana». Qualcuno ricorda ad esempio l'obiezione di coscienza alle spese militari che una volta si faceva in Italia? Altre proposte sono l'astensionismo elettorale attivo o addirittura la restituzione polemica delle carte d'identità. Si può discutere dell'adeguatezza di questa o quella forma di lotta, ma certo è che si diffonde la consapevolezza che qualcosa di nuovo e incisivo bisogna fare. C'è anche la via giudiziaria, già intrapresa singolarmente da alcune coppie omosessuali per contestare in tribunale le discriminazioni subite, ma si tratta di un percorso lungo e tortuoso. La questione è invece che non si può più aspettare con pazienza un'ipotetica maturazione di chi governa questo paese. La legge sul divorzio passò a un secolo di distanza dalla presentazione della prima proposta di legge in materia. Per la parità dei diritti glbt, come singoli prima ancora che come coppie, non deve accadere la stessa cosa.