.: Discussione: Quali regole per un Partito veramente democratico

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Luigi Francia

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Inserito da Luigi Francia il 31 Maggio 2007 - 05:50
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Ritengo che la maggioranza dei quesiti posti interessi purtroppo solo una minoranza di “addetti ai lavori”. La stragrande maggioranza dei cittadini infatti affronta nella vita reale ben altri problemi e vorrebbe risposte che tardano ad arrivare su temi ben noti e che non è questo il luogo per approfondire, dato il tema di questo forum.


Per stare quindi al tema, vorrei soffermarmi su tre quesiti che ritengo fondamentali, posti da
Cesare Saccani il 23 Maggio 2007:
·          quali sono le regole per creare e organizzare un Partito veramente democratico a prescindere dalla modifica della legge elettorale, dall'effettiva applicazione dell'art. 49 della costituzione o da quello che faranno in futuro altri Partiti?
·          quali sono le modalità di selezione delle persone destinate a far parte della costituente?
·          quali sono le regole che garantiscono pari opportunità a tutti i candidati mettendo sullo stesso piano chi ha alle spalle le strutture e le risorse di un partito e chi invece queste risorse non ha?
 
 
Sinceramente penso che solo il primo quesito interessi realmente i cittadini (e sono la stragrande maggioranza) non organizzati in un partito e che i restanti due siano temi contingenti, sia pure importanti per i diretti interessati.
 
Intervengo quindi solo sul primo punto.
Poiché credo che non sia di alcun interesse una discussione accademica l’argomento andrà affrontato in sede di redazione dello statuto del nuovo partito democratico e quindi in una specifica commissione di lavoro a livello nazionale nominata dalla costituente.
Quale spazio potranno avere coloro che non parteciperanno alle cosiddette “primarie” , cioè i veri esterni non è al momento ipotizzabile.
Volendo comunque entrare nel merito ritengo che l’effettiva applicazione dell’art. 49 della Costituzione sia prioritaria anche rispetto alla legge elettorale. Ricordo che detto articolo recita:
“Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale.”
 
Credo che sia maturo il tempo in cui si dia attuazione con legge costituzionale al dettato dell’art. 49, così come è altrettanto necessario che sia dia piena attuazione ad un altro articolo della Costituzione altrettanto importante per la vita democratica del nostro Paese: l’art. 39 che recita:
L'organizzazione sindacale è libera.
Ai sindacati non può essere imposto altro obbligo se non la loro registrazione presso uffici locali o centrali, secondo le norme di legge.
È condizione per la registrazione che gli statuti dei sindacati sanciscano un ordinamento interno a base democratica.
I sindacati registrati hanno personalità giuridica. Possono, rappresentati unitariamente in proporzione dei loro iscritti, stipulare contratti collettivi di lavoro con efficacia obbligatoria per tutti gli appartenenti alle categorie alle quali il contratto si riferisce.”
Nei citati articoli si parla di “metodo democratico” e di “ordinamento interno a base democratica”.
Nella pratica attuale ogni partito ed ogni sindacato interpreta queste parole a modo suo.
E nella prassi quotidiana le cosiddette regole mutano in ogni partito e in ogni sindacato, con diversità addirittura a livello di ogni singola sede di votazione, sia essa nazionale, regionale, provinciale o locale (la sezione di partito o sindacale). Ora si vota a scrutinio segreto, ora per alzata di mano, ora con preferenze multiple, ora con lista unica, ora con liste contrapposte. Non esistono in una parola regole chiare e stabili che diano garanzia al cittadino comune analoghe a quelle che invece paradossalmente esistono per il condominio o per una qualsiasi società di capitali o no. E si tratta di organismi (i partiti e i sindacati) che decidono chi ci deve governare e quale sarà il livello della nostra busta paga!
Limitare il potere dei partiti o dei sindacati e dei loro apparati dirigenti è forse un’utopia, ma  se non si imbocca questa strada avremo sempre una democrazia imperfetta e per quanto gli ingegneri del diritto costituzionale si diano da fare comanderanno sempre delle “oligarchie” più o meno “illuminate”, sicuramente detentrici del potere reale.
Ciò premesso credo che un buon passo avanti potrebbe essere dire chiaramente all’opinione pubblica che le nuove regole che si vogliono dare al nuovo Partito Democratico intendono prefigurare la proposta al Parlamento italiano di una piena attuazione dei suddetti articoli della Costituzione italiana, contestualmente e con priorità rispetto alla proposta di una nuova legge costituzionale elettorale.
Se posso indicare una priorità credo che sia imprescindibile stabilire l’obbligatorietà della preferenza unica in ogni organismo istituzionale o associativo, pubblico o privato nella scelta di candidati o nelle nomine di qualsiasi genere, e che detta norma debba essere inserita anche nelle preleggi a modifica del nostro Codice Civile. Questo potrebbe essere un buon segno che farebbe capire che in Italia i referendum hanno ancora un senso e non possono essere disattesi o vanificati.
La preferenza unica toglie il potere di “controllare” il voto di chi è chiamato a esprimersi e puntualmente il “sistema” ha abolito la preferenza del tutto. Il cittadino si trova così a dover scegliere sulla base di liste preconfezionate compilate da organismi i cui componenti sicuramente non nominano i vari candidati a qualsiasi carica o per l'inserimento in qualsiasi lista con votazioni segrete e a preferenza unica. Quindi non c’è vera libertà di scelta e, di conseguenza, non c'è vera democrazia.
In risposta al messaggio di Cesare Saccani inserito il 30 Maggio 2007 - 10:23
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