.: Discussione: DECENTRAMENTO Una risorsa da valorizzare

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Vito Empirio

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Inserito da Vito Empirio il 4 Apr 2007 - 15:56
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Nell’attuale divisione amministrativa di Milano in 9 zone, tranne la zona 1 che comprende praticamente poco più che il centro storico, tutte le altre zone hanno un’estensione tale da sfiorare il centro per arrivare agli estremi lembi della città quali quelli che una volta erano comuni autonomi come Baggio, Muggiano, Affori o Crescenzago.
Per numero di abitanti (da 150.000 a 180.000) possono essere paragonate a città di medie dimensioni.
E’ facilmente intuibile la mole di problemi, piccoli e grandi, e le diverse questioni che si propongono quotidianamente.
 
Attualmente gli organismi che dovrebbero rappresentare i cittadini a livello decentrato, gestire la partecipazione e i servizi di base, sono i Consigli di zona.
La realtà purtroppo è molto diversa.
 
I Consigli di zona non hanno nessun vero potere inteso non come esercizio di autoritarismo ma come possibilità e capacità di fare scelte in funzione del soddisfacimento delle esigenze del cittadino.
Per fare un esempio, le zone non sono in grado neppure di intervenire direttamente per sgomberare una discarica abusiva o per sgorgare un tombino, ma devono rivolgersi al settore centrale competente.
Una delle poche funzioni attribuite in autonomia al decentramento zonale, ma che viene purtroppo interpretata prevalentemente come organizzazione del consenso, è la distribuzione di fondi per iniziative pubbliche varie ad enti, associazioni o gruppi che ne facciano richiesta più o meno motivata.
Su concessioni edilizie, realizzazioni di parcheggi e su altre questioni di rilevanza cittadina, i consigli di zona sono tenuti a esprimere un parere del quale l’amministrazione centrale può o meno tenere conto; spesso non ne tiene conto ignorando così istanze che derivano dalla conoscenza del territorio dei consiglieri zonali.
 
Quindi allo stato attuale il decentramento si traduce in scarsa efficienza dei Consigli di zona, sperpero di denaro pubblico e impossibilità di rispondere ai bisogni reali della gente, questo nonostante le diverse attribuzioni di competenze stabilite da vari provvedimenti legislativi, in particolare il Testo Unico degli enti locali del 2000, che però è rimasto lettera morta.
Si tratta dunque di un’occasione mancata di dialogo e di confronto con i cittadini che hanno ormai sempre meno propensione a rivolgersi alle zone proprio per la loro scarsa incidenza sulle scelte dell’amministrazione comunale.
 
Per provare ad ovviare a questi problemi sarebbe necessario attribuire alle zone oltrechè vere competenze, fondi e personale, anche le funzioni tipiche di quel processo decisionale noto come Bilancio Partecipativo, che potrebbe essere sperimentato più facilmente all’interno di realtà relativamente piccole e che, proprio per questo motivo, sarebbe opportuno realizzare presso le zone.

Il Bilancio Partecipativo è un modo diverso di amministrare la cosa pubblica, è un metodo che include, che allarga la base e la partecipazione alle scelte attraverso il coinvolgimento dei cittadini alla predisposizione del bilancio preventivo.
In un ambito organizzato secondo i principi del Bilancio Partecipativo tutti, o almeno i soggetti più sensibili e impegnati sul territorio come le associazioni e i comitati, che sono un valore aggiunto delle periferie e non solo, posono attivarsi per individuare i problemi, stabilire le priorità ed esaminare la compatibilità degli interventi con le risorse disponibili e su questa base fare proposte e confrontarsi con gli amministratori sapendo di avere voce in capitolo.
Questo coinvolgimento stimolerebbe una partecipazione attiva ed una consapevolezza nei cittadini; inoltre la partecipazione diretta svilupperebbe il senso di responsabilità collettiva e di appartenenza alla comunità.
 
Vi sono già numerosi esempi nel mondo di esperienze di Bilancio Partecipativo realizzato con diverse modalità: oltre al caso più noto di Porto Alegre, ci sono metropoli come Buenos Aires, Barcellona, Parigi, Roma, Venezia e Firenze più un’infinità di piccoli comuni in Brianza e nell’hinterland milanese dei quali i più rappresentativi sono Pieve Emanuele e Vimercate.
 
A mio avviso in una città grande e complessa come Milano, iniziare ad applicare questi principi al decentramento zonale, significherebbe realizzare una forma di democrazia diretta con funzioni progettuali di lungo periodo per compiere un primo passo nella direzione di ridurre o azzerare la distanza che c’è attualmente tra il cittadino, gli amministratori pubblici e, di conseguenza, la politica.

In risposta al messaggio di Camillo Ferraris inserito il 2 Apr 2007 - 19:01
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