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.: Il Blog di Alessandro Rizzo
Venerdì, 26 Gennaio, 2007 - 18:25

Idee guida di un programma per Milano

Premessa
Questo documento per punti estremamente sintetici vuole essere un contributo per la stesura di un programma di sinistra alternativa per le elezioni comunali di Milano del 2006. Esso NON può essere il programma, ne la sua base “ideologica”, perché ancora troppo incompatibile con le possibilità politiche interne all’Unione, ma contiene le linee politiche di orientamento che devono e possono guidare, da parte del Prc, la stesura di un programma articolato, specifico e realizzabile, con tutte le forme di mediazione necessarie, via via discusse con gli altri interlocutori politici. Questo perché siamo convinti del fatto che occorre dire qual è l’orizzonte politico a cui ci si riferisce e rispetto al quale si fanno gli accordi, anche per chiarezza nei confronti dei movimenti sociali e delle associazioni della società civile che potrebbero essere il fondamento (anche, e soprattutto, contenutistico) della sinistra di alternativa. Oltremodo se si indica lucidamente la direzione che si vuole percorrere, la forma della trattativa politica per stipulare accordi programmatici assume un valore politico più alto rispetto alla semplice mediazione del possibile nella fase politica attuale. Contro la reificazione della città. Prima le Persone, poi le Cose Il modello di fondo che spinge il saccheggio di Milano e il suo degrado è la preminenza delle cose (profitto) sulle persone (soggetti sociali). Il territorio va organizzato e usato in funzione della sua valorizzazione massima, non in rapporto a chi lo abita; così le scelte economiche, così il traffico, ecc.. Occorre ribaltare l’ottica: prima le persone, poi le cose. La domanda è per Chi? e non per Che cosa…. Ma le persone non sono tutte uguali….purtroppo. Chi abita Milano? Bisogna partire dal Chi del disagio, dai comuni problemi delle classi sociali subalterne della città. Nel rilancio di un processo di riconoscimento dei bisogni di chi sta male e fa fatica a vivere in questa città, contro la logica della “guerra tra i poveri”, oltre la frattura generazionale, etnica, culturale. Una lente per guardare la città e la sua trasformazione: Diritti di cittadinanza e Beni comuni In funzione orientativa non serve fare il solito elenco di problemi, ricalcato sulle funzioni amministrative. Bisogna stabilire un ordine di priorità a seguito di una scelta di valore. Per questo va indicata una lente di lettura, riconoscimento e interpretazione della realtà. Questa lente ha due poli: i Diritti di cittadinanza fondamentali e la difesa e valorizzazione dei Beni Comuni essenziali. I Diritti di Cittadinanza fondamentali sono: Diritto al lavoro Diritto alla casa Diritto alla salute Diritto alla cultura Diritto alla partecipazione I Beni Comuni essenziali sono: Acqua Aria Energia Trasporti Sanità Scuola Sicurezza Cultura Territorio pubblico (Demanio) Informazione Il perno dei Diritti di Cittadinanza sta nel Diritto al Lavoro, Non perché questo diritto è superiore agli altri, ma perché, nello specifico di Milano, chiama al nodo più importante per la città, e cioè alla sua Economia produttiva. A come tutti i suoi assetti sono intrecciati alla produzione di beni e servizi e alla loro distribuzione, a partire dalle persone, da come esse sono inserite in tale processo con funzione produttiva, come lavoratori attivi o come lavoratori passivi, garantiti o precari, subordinati, autonomi o eterodiretti, intellettuali o manuali, etc… Tutti i comparti della produzione metropolitana devono trovare un nesso comune nella difesa di condizioni di lavoro minime e decenti. Dal raggiungimento di tale obiettivo dipende la costruzione di un diritto sociale al reddito (non sono due cose separate e non possono essere nell’ordine inverso). Così coniugato il Diritto al Lavoro diventa subito la questione della Qualità del Lavoro (e non del generico diritto a lavorare – sottinteso:quasi in qualsiasi modo). Così si deve costruire una modalità di partecipazione e di decisione specifica che interconnetta in modo permanente le Istituzioni della Città e il mondo sindacale (a Milano con un occhio specifico sul precariato). La difesa dei Beni Comuni e in prospettiva la loro centralità per uno sviluppo alternativo della città rimanda ad una politica concentrata sullo spazio pubblico, come sottrazione progressiva della parte fondamentale delle condizioni di vita alla logica del mercato capitalistico e della mercificazione. La proprietà sociale e collettiva dei Beni Comuni, la loro fruizione in una logica comunitaria, non è utopia rivoluzionaria, ma progetto qui ed ora per il rilancio del ruolo economico della città intesa come collettività coesa e a misura di cittadino. La pubbicità dei beni comuni è essenziale al loro uso sociale. Quindi assoluto no alle privatizzazioni. Ma l’uso sociale presuppone una logica economica diversa da quella del mercato; quindi abbandono degli strumenti di gestione aziendale e privatistica come le Spa, benché a capitale pubblico. Ritorno alle municipalizzate con nuova gestione partecipata. La difesa dei Beni Comuni di una Città vieta eticamente l’autofinanziamento attraverso lo sfruttamento privatistico dei beni comuni di qualcun altro: quindi no alle “multinazionali” comunali o simili. Da qui la proposta di un welfare state cittadino a base individuale (non famigliare) dove la garanzia dell’accesso a tutti ai beni comuni (a tendenziale gratuità) rappresenti il punto di partenza per politica di assistenza e dei servizi sociali ad alta qualità. I soldi L’obiezione più comune ad un impianto politico e sociale del tipo sopradescritto riguarda il reperimento delle risorse economiche. L’obiezione è fondata, visto il quadro politico generale e i trasferimenti sempre più ridotti dello Stato agli Enti Locali. Ma questa condizione non è una legge di natura insuperabile.
E soprattutto non può essere la gabbia d’acciaio ideologica per sostenere l’ineluttabilità delle politiche liberiste locali. In primo luogo la battaglia politica per un municipalismo sociale, egualitario e democratico non può essere disgiunta da una battaglia generale per una distribuzione/produzione diversa delle risorse generali (cosa che non c’entra affatto con il federalismo dei ricchi, oggi tanto sostenuto, e con l’assistenzialismo dei poveri attraverso il clientelismo dei finanziamenti a pioggia). In secondo luogo occorre riformulare un sistema fiscale cittadino, su criteri egualitari e progressivi In terzo luogo istituire una politica seria di risparmio e riduzione degli sprechi. Tutto ciò non basta, ma si comincia così. Le Istituzioni della partecipazione Tutto questo funziona e può concretizzarsi compiutamente (in una decina d’anni) se viene sostenuto, realizzato e controllato da alcuni fondamentali strumenti di partecipazione, in grado di renderla permanente, in progressivo allargamento e funzionante. La partecipazione deve superare i confini della consultazione, per diventare davvero strumento di costruzione politica, cioè vera e proprio democrazia partecipativa.
Allo scopo deve avere dei luoghi pubblici sanciti come reali Istituzioni.
Le Istituzioni della partecipazione sono (Gli strumenti)
1) Bilancio partecipativo e Piano regolatore partecipato
2) Censimento pubblico e partecipato delle risorse Ricerca popolare in continuo aggiornamento per individuare precisamente le risorse economiche e sociali della Città
3) Inchiesta sociale metropolitana Mandato a organismi sociali popolari per compiere inchieste sociali precise e specifiche in cui la voce dei cittadini divenga reale espressione dei problemi, oltre la statistica e la dittatura del sondaggio (Gli Istituti)
4) L’istituto mediano sui Diritti di Cittadinanza
5) L’istituto mediano sui Beni Comuni “Istituzioni di movimento” permanenti in grado di funzionare come osservatori e luoghi di produzione di proposta che lavorino in stretto contatto con gli assessorati e la giunta
6) Consultazione popolare vincolante In casi di particolare rilevanza politica sperimentare forme di democrazia diretta attraverso la consultazione generale dei cittadini con potere vincolante.
7) Il biennale Forum sociale della città Un appuntamento di discussione generale della società civile in cui fare il bilancio del lavoro svolto e in cui indicare le linee guida del lavoro futuro, dotato di un “gruppo di continuità” concretizzato in una Radio della Città autogestita con funzione di servizio pubblico. “L’acqua che io prensi, giammai non si corse” (Dante, Paradiso) “Senza idej, senza on cervell Che regola i paroll in del descor, Tutt i lenguagg del mond hin come quell Che parla on umilissem servidor” (Carlo Porta)