Mi sembra che Pierfilippo Pozzi abbia detto cose serie e condivisibili che ci fanno riflettere, una angolatura interessante e ben nota.

Tuttavia costringere alla legalità i Nomadi (per rispetto scrivo questa parola con la N maiuscola tattandosi di un popolo dalle molte etnie, esseri umani) mi sembra un atto violento ed impossibile, le culture devono maturare al loro interno, forzarle dall'esterno è una impresa velleitaria con risultati parecchio incerti come la storia avrebbe già dovuto insegnarci.

Non ho ancora capito nè come, nè quando sarà possibile un approccio vero, le nostre culture sono nei fatti in scontro frontale, inevitabilmente chi è dotato di maggiore buon senso è chiamato a fare piccoli passi nella direzione dell'integrazione, una missione impossibile.

Poi possiamo dilettarci culturalmente a fare tutte le simlitudini che vogliamo, più o meno dotte, più o meno auliche, più o meno scioccanti, più o meno socialmente sostenibili, tanto il problema resta sempre lì ai nastri di partenza, irrisolto ed irrisolvibile, salvo esibizioni mistiche di chi si cimenta, accontentandosi di vana gloria, nell' autodefinirsi più disponibile e più democratico nell'approcciare il problema.

Non è con l'oratoria affabulatoria o il linguaggio forbito che risolviamo il problema, ma con mezzi finanziari e regole per tentare di arginare lo scontro tra due diverse civiltà dove pro-tempore una civiltà vuole nutrirsi dell'altra con cannibalismo sociale, e l'altra, talvolta piena di sensi di colpa, non ci sta a farsi calpestare ogni ora del giorno.

Quante risorse vogliamo distogliere e da che cosa (e da chi le prendiamo) per tentare almeno di risolvere in concreto il problema sociale e umano dei Nomadi?

Enrico Vigo