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Oliverio Gentile

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Inserito da Oliverio Gentile il 8 Feb 2011 - 18:16
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Da milano.corriere.it:

dalla parte del cittadino

Il ragazzo rom costretto ad alzare bandiera bianca

Mercoledì scorso ho atteso Marius alla sede Acli di Via Conte Rosso per la consueta lezione di italiano. L'ho aspettato con più apprensione del solito, perché dopo l'ultimo sgombero in via Adriano temevo che non sarebbe venuto. Mi immagino quindicenne come lui e penso alle mie possibili emozioni di fronte a chi smantella ogni volta, con le stesse modalità sbrigative, quella che Marius definisce la sua «casa». Di «case» Marius ne ha girate parecchie: la prima era una baracchina, la seconda una tenda, la terza una cascina, la quarta una scuola abbandonata, la quinta di nuovo una cascina. È il dopo-sgombero però che Marius non sopporta, per l'imbarazzo di doversi presentare alla lezione dei suoi insegnanti volontari con i vestiti del giorno prima impossibilitato a lavarsi. Un problema di cui non ci siamo mai accorti, perché Marius è un bel ragazzino che ha sempre cercato di curare la sua persona. È arrivato sorridente e puntuale. Quando ha incominciato a scrivere non immaginavo che sarebbe stata la nostra ultima lezione. Me l'ha detto dopo un po', con lo sguardo fermo che non riusciva però a nascondere lo sconforto. «Cosa posso fare? Non posso fare niente». La sua famiglia non riesce più a reggere la frequenza degli sgomberi. Ha deciso di ritornare in Romania. Poi Marius, ha incominciato a parlare di riconoscenza, di amicizia, di dedizione che aveva colto benissimo e che l'aveva fatto sentire importante. Proprio qualche giorno fa, parlando con gli amici che condividono questa esperienza, mi chiedevo: «Che senso ha illudere questi ragazzi di poter vivere una vita normale, se sono di fatto condannati alla povertà?». Mi sbagliavo. Ha un senso. «Quando sono venuto non sapevo neanche scrivere il mio nome, ha detto Marius. Voi mi avete dato tanto, mi avete dedicato del tempo, e lo avete tolto alle vostre famiglie. Dopo gli sgomberi, ci avete sempre dato vestiti, scarpe, cose, aiuto. Io ti giuro che metterò al sicuro i miei quaderni, le matite, l'astuccio, la cartella, tutto quello che mi avete dato per la scuola e lo conserverò come una cosa di valore». L'italiano è ancora incerto, ma i suoi progressi in questi mesi sono stati enormi e ciò che dice è un dono per noi. Ne valeva la pena.

Laura Terni

 

Quei non pochi lettori che, quando in questa rubrica capita di parlare di immigrati rom e dei loro problemi, sempre scrivono: «Perché non se ne tornano da dove sono venuti?», troveranno forse soddisfazione da questa lettera: alcuni di loro, spossati dagli infiniti sgomberi, in effetti se ne vanno, ma a me viene il dubbio che se ne vadano i migliori.

Isabella Bossi Fedrigotti

08 febbraio 2011
In risposta al messaggio di Oliverio Gentile inserito il 31 Gen 2011 - 12:28
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