.: Discussione: Nomadi a Milano: che fare?

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Antonella Fachin

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Inserito da Antonella Fachin il 14 Feb 2010 - 16:35
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Oggi Avvenire ha dedicato l'intera pag.9 (nazionale) a "sgomberati e separati. L'odissea dei rom milanesi". Spero che chi li legge sappia riflettere su queste azioni disumani, disintegranti le famiglie rom e non utili per la collettività, perchè il "problema" viene solo spostato da una periferia all'altra, non viene risolto, come invece è l'unico modo serio di governare una città e un paese.
Pubblico  i testi degli articoli....

Cordiali saluti a tutte/i
Antonella Fachin
Consigliera di Zona 3
Capogruppo Uniti con Dario Fo per Milano
Facebook: Antonella Fachin
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DA aVVENIRE (p. 9, nazionale, 14 -02-2010)
LA DIFFICILE INTEGRAZIONE
 Dall’inizio del 2007 sono state 204 le operazioni compiute nel capoluogo Ma la politica delle ruspe fa discutere: i nomadi si spostano in altre zone e il problema si ripropone

DA MILANO NELLO SCAVO
 « Vi daremo mezz’ora per raccogliere le vostre co­se. Le mamme con figli potranno andare in una casa d’acco­glienza, i mariti no. E i bambini più grandi non potranno restare con le madri, andranno in una comunità per adolescenti » . Con queste premesse per forza « che la maggioranza di noi rifiuta l’offerta del Comune; quale fa­miglia accetterebbe di separarsi? » .
  Radu ha moglie e sei bambini tra i due e i dodici anni. Ogni tanto non finisce il discorso. « Sto pensando » , si scusa. A cosa, ce lo spiegherà solo prima di tornare nel buio del nuovo accampa­mento abusivo del quartiere Lambra­te. Di sgomberi ne ha subìti una cin­quantina, ma la grande maggioranza di quelli come lui resta in Italia, « per­ché in Romania ci trattano anche peg­gio » . Dall’inizio del 2007 a Milano sono sta­ti compiuti 204 sgomberi, 28 già que­st’anno, due solo ieri. Alla vigilia de­gli allontanamenti, nel 2007, secondo Caritas e Ismu ( il centro studi sulla multietnicità) in città si contavano 4.130 rom. Nel 2008 la prefettura ne aveva censiti 3.562, escludendo però giostrai e rom che vivono negli ap­partamenti. Secondo il Comune nel­l’agosto 2009 si contavano circa 1.400 rom negli insediamenti illegali, ades­so sarebbero quasi 1.300. Le cifre non dicono però che la diminuzione non è data dal successo della politica delle ruspe, a cui quest’anno sono stati de­stinati 24 milioni di euro.
  «Semplicemente ci spostia­mo fuori Milano – spiega A­lexandru –, andiamo a Se­grate, a Pioltello, vicino al­l’aeroporto di Linate, in al­tre province o sotto i ponti della ferrovia». Fino a quan­do non andranno a stanar­li anche lì. Alexandru e Petru sorridono anche dei momenti peggiori. Come della notte in cui « la neve ha sfondato il tetto del­la baracca e i bambini si sono messi a gridare perché pensavano che fosse­ro arrivate le ruspe del Comune». I ca­terpillar sono piombati il giorno do­po. Nel fuggi fuggi, con la neve che ar­rivava alle ginocchia « alcuni bambi­ni hanno perso i quaderni con i com­piti » , raccontano i volontari di Sant’Egidio.
  Alexandru e Radu in fondo sperano ancora. Sono contenti del loro lavoro di muratori: 6 euro l’ora, 50 euro al giorno. In nero. « È bello quando mo­striamo alle famiglie italiane la nuova casa. Ci ringraziano, ci dicono bravi, ma non sanno che il loro muratore è un rom che da otto anni vive in ba­racche di cartone e cellophane». Il da­tore di lavoro si fida a tal punto da la­sciare a loro l’uso dell’auto aziendale, « però il padrone non conosce la ve­rità: sa che siamo romeni ma non gli abbiamo mai detto che siamo rom » . Più facile buttare giù un muro di ce­mento che un pregiudizio. « Come vi sentireste voi italiani se emi­grando all’estero doveste ne­gare di essere calabresi, sici­liani o cristiani o ebrei? Ecco, adesso sapete cosa si prova » .
  Non chiedono quattrini, ne sconti, «l’affitto posso pagar­lo, ma quando mostro il pas­saporto con le foto dei miei sei figli mi accompagnano fuori dicendo che mi faranno sapere » .
  Tra gli accampati più d’uno finisce per avere problemi con la giustizia. Secondo il Comune dall’inizio di gen­naio 181 rom sono stati coin­volti in reati. « È vero, ci sono tra noi anche persone cattive, ma non possono accusarci tutti. I rom non sono tutti de­linquenti, come i siciliani non sono tutti mafiosi » .
  Alexandru e Radu tornano a chiudersi nei pesanti giubot­ti scuri. Sta per cominciare un’altra notte a zero gradi. « Dobbia­mo uscire a cercare altri posti in cui ac­camparci. Ci sono degli amici mura­tori che dicono che a Segrate c’è un capannone abbandonato » .
  Domani Alexandru e Radu comince­ranno a costruire villette nel Lodigia­no.
  «I vigili però ci hanno detto che al­l’alba torneranno con le ruspe » . Fi­nalmente Radu svela per cosa sta in pensiero. « Cosa risponderò ai miei fi­gli quando mi chiederanno perché co­struisco le case degli italiani ma non riesco a darne una anche a loro? » . 
 

 Studi interrotti per gli allontanamenti Amicizie spezzate e la domanda alle maestre: «Dove sono finiti?»
 La scuola, un’ancora di salvezza da non perdere

 DA M ILANO P AOLO L AMBRUSCHI
 L e mamme di via Feltre da no­vembre vanno a prenderli ogni giorno nei campi, nei loro ri­fugi provvisori, tra uno sgombero e l’altro. Li ospitano a casa una sera per ciascuna famiglia in modo che, dopo il rifugio di plastica e cartone, gli alunni rom di via Feltre non per­dano anche la scuola e l’amicizia con i coetanei italiani.
  «E a marzo – spiega Domenico Prot- ti, del Comitato genitori della scuo­la frequentata dai rom romeni del campo di via Rubattino, sgombera­to a novembre, e da alcuni del cam­po di Chiaravalle – faremo una festa per raccontare il nostro impegno. Motivato da una domanda dei no­stri figli: perché dopo lo sgombero non vedo più il mio amico del cam­po nomadi in classe? Fin dal loro ar­rivo abbiamo conosciuto i bambini e le loro famiglie, molte delle quali lavoravano e ci siamo mobilitati per dare loro una mano. Esperienza che continua, anche se dei 30 iscritti a novembre ne sono rimasti 8 nel plesso. La questione è complessa. Ma credo che aiutare i bambini nel­la scolarizzazione offra loro la pos­sibilità di costruirsi un futuro di­verso » . Nelle scuole milanesi di periferia frequentate dai piccoli rom rome­ni, dal Corvetto a Lambrate, colpi­sce la solidarietà spontanea delle fa­miglie di alunni italiani verso i pic­coli rom, l’amicizia senza confini tra bambini, l’impegno delle inse­gnanti. Se l’iscrizione è frutto del la­voro faticoso della Comunità di Sant’Egidio e dei Somaschi, l’inte­grazione è frutto di accoglienza quo­tidiana.
  Gli sgomberi spezzano questi per­corsi, perché spesso i padri rispedi­scono moglie e figli in Romania sal­vo farli rientrare quando trovano un’altra sistemazione provvisoria. Contrariamente a quanto si crede, i rom vogliono mandare i figli a scuo­la. Martedì scorso, nonostante lo sgombero a Chiaravalle, qualcuno è riuscito a presentarsi regolarmen­te in aula. Altri hanno preferito re­stare con i genitori. Dei più, pur­troppo, se ne sono perdute al mo­mento le tracce. Marinella Villa è vi­cepreside dell’Istituto Fabio Filzi di via Ravenna, a Milano quello con la più alta concentrazione di alunni rom, provenienti dai campi di via san Dionigi, Chiaravalle e Vaiano Valle.
  « Molti bambini – spiega – sono co­stretti a interrompere la frequenza per gli sgomberi. Purtroppo non vie­ne loro concessa alternativa, nono­stante abbiano diritto di studiare co­me tutti i minori. Il comune sostie­ne che possono continuare a fre­quentare in altre scuole, ma sradi­care un bambino dalla classe e dai compagni è doloroso. Se poi non ha una casa o vive in condizioni di mar­ginalità, è peggio. Non difendo le condizioni in cui vivono, questo in­verno con la neve e il gelo è stato durissimo. Ma credo che, verso que­sti tentativi di scolarizzazione e di integrazione, si debba avere un oc­chio di riguardo » . Alessandra Roccato, che vive al Cor­vetto, testimonia di aver incontrato e frequentato i rom fin dalle scuole materne delle due figlie, Eleonora e Martina, oggi adolescenti.
  « Erano le loro compagne e i loro compagni del campo di Chiaraval­le, che poi hanno ritrovato alle me­die.
  Amicizie normali, spesso con visite nelle abitazioni. Sono diven­tata amica della zia, perché gli ami­ci erano orfani di madre. Non tutti genitori italiani erano ben disposti, ma per la maggioranza non c’erano problemi » .
  Un’altra insegnante impegnata è Anna De Zordo. In classe con lei c’è Ian, nome di fantasia, nove anni, a­lunno romeno sveglio e vivace. « Vi­ve in una baracca, senza acqua né luce, eppure viene regolarmente o­gni mattina. All’inizio dell’anno molte famiglie gli regalano il mate­riale didattico e lo zaino, si cerca di aiutarlo in tutti i modi». Nessuno dei suoi compagni nota la sua povertà o la diversità della sua cultura.
  « Perché la scuola – conclude – con­sidera la diversità un valore e prova a costruire la città del futuro » .

La Caritas e le associazioni: occorre abbassare la tensione

 DA M ILANO D ANIELA F ASSINI
 Loro ci sono ancor prima dell’arrivo delle ruspe: tengono in brac­cio i bimbi, mentre le mamme si preoccupano di ripiegare co­perte e vestiti e gettare tutto nei sacchetti e nelle valigie che ver­ranno poi caricate su auto e roulotte dai destini incerti. Loro sono lì, anche nei 12 campi regolari di Milano, si preoccupano di accompa­gnare i più piccoli a scuola, tutte le mattine, li aiutano il pomeriggio nel doposcuola e per i più grandi e volenterosi li seguono nei corsi professionali che possano aprire loro un futuro più dignitoso e ' re­golare'. Loro sono la Comunità di Sant’Egidio, la Casa della Carità e la Caritas Ambrosiana solo per citarne alcune, fra le più attive nel ' rincorrere' le emergenze degli sgomberi dei campi rom a Milano.
  « Sgomberi che continueranno anche la settimana prossima – esor­disce don Virginio Colmegna, alla guida della Casa della Carità –. So­lo abbassando la tensione si può affrontare il problema che deve es­sere bipartisan. È necessario instaurare una strategia di sgombero che deve essere condivisa a livello provinciale e regionale » . E la Co­munità di Sant’Egidio precisa: « I rom rumeni sgomberati sono citta­dini comunitari, basterebbe dare loro i diritti di tutti gli europei » . E aggiungono: «Ogni sgombero ha un costo e sposta solo 'il problema' da una zona a un’altra della città: lo stesso denaro potrebbe essere destinato per percorsi di accoglienza abitativa e lavorativa » . Don Ro­berto Davanzo, direttore della Caritas Ambrosiana, dopo l’ennesimo sgombero di Milano chiede che : « Ai cittadini rom siano offerte del­le alternative che non prevedano la necessità per le donne e i bam­bini di separarsi da mariti e papà » .

TETTAMANZI: LEGALITÀ NEL RISPETTO DEI DIRITTI
 «La legalità è sacrosanta, ma l’impressione è che si stia scendendo abbondantemente sotto i limiti dei fondamentali diritti umani». Espressa attraverso un editoriale sul sito della diocesi di Milano, la posizione del cardinale Tettamanzi gelò il Comune, puntando l’indice sulle modalità dello sgombero di via Bovisasca, nel 2008. Nel Discorso alla città del 2007 Tettamanzi aveva lodato chi «crea percorsi d’inclusione». Ricordando che «non si possono confondere i nomadi che lavorano con i delinquenti». La risposta delle istituzioni «alla presenza dei rom – ha detto di recente l’arcivescovo – non può essere l’azione di forza senza alternative e finalità costruttive». (An.G.)
L’assessore Mariolina Moioli: «Attenzione a donne e bambini»

 DA MILANO
 Mariolina Moioli è l’assessore alla Famiglia e alle politiche sociali del Comune di Milano: è lei che si occupa dei problemi della famiglia, degli anziani, del disagio giovanile, di violenza alle donne, ma anche di senzatetto e dell’accoglienza di questi ultimi nelle gelide notti milanesi. E naturalmente pure di rom e, in particolare dell’integrazione, là dove possibile, delle famiglie che dimostrano la volontà di volerlo fare nei 12 campi 'regolati' del Comune.
  La Moioli concorda con la politica degli sgomberi adottata dal comune guidato da Letizia Moratti: «Gli sgomberi vengono fatti negli insediamenti abusivi che mancano di qualsiasi norma igienica e di sicurezza – precisa l’assessore –. E comunque abbiamo visto che con gli sgomberi, anche se i rom si spostano da una parte all’altra della città, alla fine i numeri si riducono». Lei s’impegna in prima linea per l’accoglienza delle donne e dei bambini 'sgomberati': «Tutta l’attenzione e la disponibilità dell’accoglienza è rivolta in particolare a loro, però spesso le donne non l’accettano perché non sono libere. Donne e bambini costituscono infatti, per gli uomini rom - conclude la Moioli manovalanza da sfruttare». Anche se così, di fatto, si separano le famiglie. (D.Fass)

Il vicesindaco Riccardo De Corato: «È una questione di sicurezza»

 DA MILANO
« Sono i milanesi che me lo chiedono: singoli cittadini, ma anche comitati di quartiere. Sono loro che mi chiedono di intervenire per sgomberare gli insediamenti abusivi, perchè stanchi di subire furti e scippi nelle case». Esordisce il vicesindaco e assessore alla Sicurezza del Comune di Milano, Riccardo de Corato. Barese, naturalizzato ormai milanese con anche alcune digressioni dialettali meneghine, è lui che decide dove e come intervenire per allontanare i rom abusivi. E sul fronte dell’integrazione De Corato ha le idee ben chiare:«Come si può fare integrazione con gli uomini che trattano le donne da schiave?» Eppoi, prosegue, è anche una questione di cultura: «Milano non ha avuto problemi a integrare i filippini, oggi la comunità più numerosa in città. E, più in generale, comunque, Milano ha integrato 200mila extracomunitari. Un dato – ci tiene a precisare De Corato – che non ha nessun’altra città in Italia». E, secondo i numeri snocciolati, oggi a Milano, il 15,4% dei cittadini sono immigrati integrati. «Una città nella città. È come se, ogni giorno da noi vivesse una seconda città come Brescia». E integrazione, per chi governa a Palazzo Marino, vuol dire innanzitutto lavoro. (D.Fass)

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In risposta al messaggio di Antonella Fachin inserito il 11 Feb 2010 - 22:21
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