.: Discussione: Partiti politici o uffici di collocamento?

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Giancarlo Pagliarini

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Inserito da Giancarlo Pagliarini il 26 Dic 2006 - 10:01
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Tanto di cappello al sig Enrico Vigo che ci scrive cose, purtroppo molto giuste, anche il giorno di Natale.
Giuste quando parla di “squallida politica da avanspettacolo”, di oligarchie politiche autoreferenti e di altre “caratteristiche” della politica italiana.
Tuttavia tengo molto a chiarire che quel mio testo non lo considero una “utopia”. Sarebbe mero populismo,  sarebbe una cosa banale, sarebbe uno degli infiniti capitoli del film “la caccia al Dio voto”.
In realtà il vero argomento, molto pratico e molto concreto, è questo:  utilizzare il nuovo codice civile e passare dai vecchi “consigli di amministrazione” al sistema dualistico.
Su questo argomento ho mandato una lettera al sindaco Moratti il 26 di Giugno, sono intervenuto in aula a Palazzo Marino il 4 Luglio e infine il 5 Dicembre ho depositato la mozione inserita nel forum pochi giorni fa.
Aggiungo che non è tutta “farina del mio sacco”: molte cose le ho lette in un bellissimo documento della fondazione Civicum intitolato “Una governance per le società a controllo comunale” scritto da un gruppo di esperti costituito da Fulvio Coltorti, Francesco Giavazzi, Giulio Sapelli e Marco Vitale.
La lettera al sindaco naturalmente è privata, ma sostanzialmente era molto simile al successivo intervento del 4 Luglio a Palazzo Marino, che è esposto qui di seguito e che spero troviate interessante. Fonte: lo stenografico della seduta consiliare del 4 Luglio.

SEDUTA DEL CONSIGLIO COMUNALE DEL 4 LUGLIO 2006
PROSECUZIONE DELLA SEDUTA DEL 23 GIUGNO 2006
Presiede Manfredi Palmeri - Presidente del Consiglio
Partecipa il Segretario Generale Giuseppe Albanese


…pagina 31
Il Presidente dà la parola al consigliere Pagliarini.
Il consigliere Pagliarini così interviene:
“Signor Sindaco, io voglio commentare solo due punti del programma che lei ha illustrato in quest’aula il 23 di giugno. Si tratta, primo, della pianificazione finanziaria, perché per realizzare i progetti e gli investimenti che lei ci ha descritto servono dei quattrini e, secondo, della tutela e della valorizzazione del patrimonio dei milanesi. Lei ci ha detto che il Governo deve completare la definizione delle entrate degli enti locali in un’ottica di reale autonomia e responsabilità con l’attribuzione di funzioni come Catasto e con la piena attuazione del federalismo fiscale.
Il problema è che questa sua frase può far pensare che esiste una interpretazione univoca del cosiddetto federalismo fiscale e che noi qui a Milano aspettiamo solo che il Governo e il Parlamento si sbrighino a dargli piena attuazione. Purtroppo le cose non stanno per niente così. In questo momento in quest’aula siamo circa 50, ebbene, se ognuno di noi fosse chiamato a dare una descrizione di cosa intende per federalismo fiscale e a stimarne gli effetti in euro sul Bilancio del Comune, sono sicuro che avremmo 50 definizioni diverse e soprattutto avremmo la stima di 50 numeri molto diversi. Faccio due esempi abbastanza significativi.
Primo esempio, il 24 febbraio del 2006 la Casa delle Libertà ha pubblicato il programma elettorale per le elezioni politiche di aprile, era il programma ufficiale e dunque il suo contenuto era, ed è tuttora impegnativo per Forza Italia, AN, Lega e UDC. Il punto numero 4 era intitolato Fisco, lo leggiamo e vediamo che si parla di studi di settori, si parla di partecipazione dei Comuni all’accertamento tributario; ma non c’è nemmeno una parola sul federalismo fiscale. Di questo argomento invece si parla in un'altra parte del programma, se ne parla nel punto 2, che è intitolato ‘Sud, piano decennale straordinario per il superamento della questione meridionale’, dove sono descritte le cose ritenute necessarie per lo sviluppo del Mezzogiorno. Tra di esse assieme allo sviluppo della Banca per il Sud, assieme alla creazione di zone e porti franchi nel Mezzogiorno, assieme al ponte sullo Stretto, e assieme alla lotta alla criminalità organizzata troviamo - virgolette – “federalismo fiscale solidale e misure di fiscalità di sviluppo a favore delle aree svantaggiate.”
Dunque, se il federalismo fiscale alla fine sarà quello previsto dal programma elettorale, scritto a Roma immagino, della CDL, la nostra Città dovrà rinunciare ad altre risorse finanziarie con la conseguenza - per fare un esempio - che il Bilancio della Scala sarà sempre più in rosso. Con questo federalismo fiscale lei e la sua Giunta avreste a disposizione meno soldi.
Per la verità, in quel programma c’è anche di peggio, ma questo lo vedremo dopo aver illustrato il secondo esempio, che è questo. A novembre dell’anno scorso su un quotidiano di un partito della CDL ho trovato questa descrizione: ‘Il federalismo fiscale significa innanzitutto una più equa distribuzione delle risorse basata sul principio che chi più e meglio produce deve avere un segno più tangibile dell’attenzione dello Stato, rispetto a quelli che producono meno e sprecano di più’. Come dire, Signor Sindaco, che lei, che tutti noi, invece di fare pianificazioni finanziarie e sfruttare al massimo l’effetto leva, dovremmo metterci in ginocchio davanti allo Stato, piangere, tendere la mano e pregare per ottenere dal Dio Stato un segno tangibile della sua attenzione.
Come lei vede le idee sono molto confuse, ecco perché ritengo sia veramente importante che lei organizzi e faccia partire al più presto un gruppo di lavoro che identifichi il significato di federalismo fiscale per il Comune di Milano, che chiarisca come secondo il Comune di Milano dovrebbe essere attuato l’articolo 119 della Costituzione, che ormai è stato approvato dagli elettori milanesi ben due volte, e che non è ancora stato recepito nelle leggi della Repubblica italiana, che è una vergogna. Meglio fare delle proposte oggi, mi auguro approvate alla unanimità in quest’aula, che protestare domani.
Sempre a proposito di soldi, prima ho detto che c’è di peggio, in effetti il punto 5 del programma elettorale della CDL, quello intitolato ‘Finanza pubblica’, prevede di ridurre di circa la metà il debito pubblico dello Stato immettendo sul mercato una quota corrispondente di patrimonio pubblico. Peccato che la maggior parte del patrimonio che si propone di vendere per ridurre i debiti dello Stato è patrimonio dei Governi locali (delle Regioni, delle Province e dei Comuni). Il giorno dopo la pubblicazione di quel programma, il 25 di febbraio, Il Sole 24 Ore pubblicava i dettagli dei beni delle Pubbliche Amministrazioni che potevano essere venduti. Ebbene, pensi, Signor Sindaco, che su 421 miliardi di euro di immobili delle Pubbliche Amministrazioni alienabili per ridurre i debiti dello Stato, ben 349 miliardi, dunque circa l’83% erano degli Enti locali, mentre solo il 17% apparteneva allo Stato. Questa folle idea è stata condivisa anche da qualcuno dell’attuale Governo. Dunque anche su questo argomento, e non solo sul cosiddetto federalismo fiscale temo che dovremmo aspettarci da Roma delle bruttissime sorprese.
Con lei Milano è in buone mani, e per questo sono certo che quando tra pochi giorni vedrà Prodi, forse anche per il probabile matrimonio tra la AEM e altre società di servizi pubblici delle regioni del nord, lei non mancherà di dirgli chiaro e tondo di non pensare di poter fare brutti scherzi alla nostra Città con cervellotiche interpretazioni del federalismo fiscale, oppure con strani progetti per far pagare a Milano una parte della riduzione del debito pubblico dello Stato.
Per finire, due parole sulle società controllate dal Comune. A mio giudizio tra i tantissimi danni che la politica e i politici di professione hanno fatto e continuano a fare al nostro Paese, uno dei primi posti deve essere assegnato alla pessima prassi di accettare, come se fosse una cosa ovvia e logica, che le segreterie dei Partiti politici di fatto nominino presidenti, amministratori, amministratori delegati e direttori generali di Enti di società. Tempo fa mi è capitato di vedere la carta intestata di un signore, che oggi è Senatore della Repubblica, sulla quale c’era scritto ‘responsabile dell’ufficio nomine del partito tal dei tali’.
Per me, forse perché sono nato e cresciuto a Milano, queste sono cose incredibili, però il risultato è che il sistema Paese è ingessato, non cresce e non attira investimenti, anche perché con questa prassi molto spesso nelle aziende pubbliche le assunzioni, gli investimenti, le consulenze, i fornitori, addirittura le scelte strategiche vengono decise nelle segreterie dei Partiti politici, senza nessuna considerazione per le forze del mercato e per i problemi della concorrenza e della competitività. Ecco perché Il Corriere della Sera e il Corriere Economia del 19 giugno scriveva: ‘Intorno alle società pubbliche c’è una vera e propria rete di potere e di interessi. Gli incarichi spesso vengono conferiti o per piazzare chi è tagliato fuori dalle elezioni o chi deve essere ripagato di altri lavori o di servizi resi qua e là nel tempo. Elargire cariche è anche un modo per creare consenso e per pagare indirettamente la macchina della politica’.
Circa un anno fa, il Consiglio di Amministrazione dell’ANAS aveva nominato direttore generale l’ingegner Claudio Artusi, e nella circostanza il Presidente dell’ANAS, Pozzi, aveva dichiarato: ‘L’ingegner Artusi è il primo direttore generale nella storia aziendale che viene dal mercato’. Era stata una novità che io avevo apprezzato, però la cultura del Paese è tale che due settimane fa l’ingegnere Artusi ha dato le dimissioni. Le sue interviste parlano di un contesto in cui la meritocrazia non esiste, però le consulenze sì, che all’azienda serve un cambiamento culturale perché c’è forte permeabilità a influenze esterne, e c’è la necessità di un rapporto chiaro con l’azionista. Questi commenti non sono applicabili solo all’ANAS, ma a mio giudizio anche a molte imprese a capitale pubblico; la situazione e la storia dell’azienda del Comune di Milano per fortuna adesso non è assolutamente così, ma è sempre possibile migliorare.
Penso che Milano potrebbe dare un segnale importante perché manca ancora un corpo di regole condivise e consolidate di governo e di gestione per le società a controllo pubblico. Per questo le propongo di considerare l’opportunità di modificare gli statuti ed applicare a tutte le società controllate dal nostro Comune il sistema dualistico, quello basato sul consiglio di gestione e sul consiglio di sorveglianza. Quello previsto dagli articoli 2.409 octies e successivi del Codice Civile. Il sistema dualistico consente di introdurre un filtro di grande efficacia tra chi nomina gli amministratori, che agisce in un ambito necessariamente politico, e chi cura la gestione che deve agire in un contesto esclusivamente professionale e senza nessuna connessione con la politica in generale e con i partiti in particolare.
In questo modo, se lei lo fa, da Milano partirebbe il messaggio: non vogliamo più sentir parlare di amministratori delegati in quota a questo o a quel partito. Quello che conta per noi è solo la professionalità di chi lavora nelle nostre imprese. I rappresentanti dei cittadini, che sono i veri azionisti, staranno nel consiglio di sorveglianza dove, come in Germania, è possibile prevedere anche magari un posto per i rappresentanti dei sindacati, ma nel consiglio di gestione ci dovrà essere posto solo ed esclusivamente per manager veri, per professionisti, per gente dotata di cultura manageriale e di cultura di impresa, scelta da veri cacciatori di teste e non dalle segreterie dei Partiti. Gente scelta esclusivamente per la capacità di raggiungere i risultati indicati dagli azionisti senza nessuna interferenza dei Partiti e senza nessuna considerazione per le loro preferenze politiche.
Spero che questi due suggerimenti le possano essere utili, e che lavorando tutti assieme si riescano a realizzare nel corso del suo primo mandato, poi vedremo, gli importantissimi progetti per Milano che lei ci ha descritto, e che la Lega Nord considera molto validi e condivisibili”.
Il Presidente dà la parola al consigliere Bossi Moratti.
Il consigliere Bossi Moratti così interviene: (pagina 39)





In risposta al messaggio di Enrico Vigo inserito il 25 Dic 2006 - 09:58
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