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.: Giancarlo Pagliarini - il paladino del Federalismo fiscale
Inserito da Giancarlo Pagliarini il Gio, 18/05/2006 - 16:18
La mia lista:
LEGA NORD
Simbolo lista:
Giancarlo Pagliarini - il paladino del Federalismo fiscale
Dove mi candido:
Consiglio Comunale
Foto Candidato:
Giancarlo Pagliarini - il paladino del Federalismo fiscale
Io in breve:

Ormai sono vecchietto: sono nato a Milano (a Niguarda) il 23 aprile 1942.
Abitavo in via Conca del Naviglio. A quei tempi c'erano poche macchine e giocavamo a palla per strada, in via Collodi (correvo sempre e mi chiamavano "settepolmoni"). Alla lippa invece ero un brocco.

Studi: le elementari al Vittorio Colonna in via  Conservatorio. Poi ragioneria al Collegio San Carlo. Poi l'Università: economia e commercio in Cattolica.

Il servizio militare: ai miei tempi i soldati semplici prendevano meno di 2.000 lire al mese. Di fare l'ufficiale non ne avevo proprio voglia. Ma nemmeno di fare l'imboscato o cercare santi in paradiso (non mi è mai piaciuta questa categoria di santi) per non fare il servizio militare. E così sono andato volontario nei paracadutisti, prima alla scuola di Pisa e poi a Livorno, nella "Folgore". 31.000 lire al mese, che facevano comodo e un po' di lanci con la fune di vincolo: ti butti e non devi fare niente, che si apre da solo. Ma che fifa!

31 anni fa: il matrimonio con Sonia Bekdemirian. Sonia è nata a Milano ma i suoi genitori erano armeni, tra i pochi scampati al genocidio. I primi nomi dei nostri due figli sono armeni: Hripsimé Martina e Pusant Tommaso.

Cosa ho fatto finora nella vita:
Prima ancora di finire l'Università sono stato assunto alla Arthur Andersen. Era il 1967, la sede era in piazza Liberty ed eravamo quattro gatti. Stavamo facendo nascere un'attività professionale quasi nuova per il nostro paese. Sono stato fortunato, anche perché la revisione contabile indipendente era un lavoro fantastico: vedevi dall'interno un sacco di aziende e imparavi ogni giorno qualcosa. La fregatura era che a Capodanno dovevi partecipare sempre a qualche inventario fisico. Dal quaderno dei ricordi: Capodanno 1967 a Montecassiano di Macerata a contare organi elettronici. Quello del 1968 a Grono, vicino a Bellinzona, a contare i prodotti della Villeroy & Boch.

Quando la revisione contabile è diventata obbligatoria per legge, la qualità dei lavori si è abbassata. La forma è diventata più importante della sostanza e così, per continuare a lavorare con il piacere di "fare le cose per bene", ho costituito la mia società di revisione contabile indipendente. In pochi anni le società sono diventate 16, da Trieste a Siracusa: mi chiamavano i professionisti locali, che avevano (giustamente) paura che le multinazionali, con la scusa della revisione contabile, gli portassero via i clienti anche per la consulenza fiscale e l'organizzazione. Il lavoro continuava ad aumentare e così nel 1989 ho costituito l'APRE, l'associazione dei professionisti della revisione.

Nel 1990 ho conosciuto Bossi e ho cominciato a partecipare all'attività della Lega.
Nel 1992, con mia grande sorpresa, sono stato candidato al Senato e sono stato eletto. La cosa si è ripetuta alle elezioni del 1994, del 1996 e del 2001. Non ho partecipato alle elezioni politiche del 2006.

Nel 1994 ho fatto il ministro del bilancio nel primo governo Berlusconi.
Non me l'aspettavo. Eravamo in cucina, alla TV parlavano dei probabili prossimi ministri e mia figlia mi ha detto "Papà, ma quello lì sei tu". "Urca, è vero. Grazie. Aspetta che telefono e mi informo...". In una conferenza stampa Berlusconi mi ha presentato come "Tagliarini" per il "vizio" che avevo (e ho ancora) di cercare di eliminare le spese dello Stato. Sapete cosa penso? Uno non basta: ci vorrebbe un esercito di "Tagliarini" perché questo Stato costa veramente troppo ai cittadini e il rapporto "costi/benefici", a mio giudizio, è veramente molto basso.
In quell'anno, nel 1994, ho ceduto le quote delle 16 società di revisione che avevo fondato. Quelle società sono ancora attive e pimpanti, in particolare la prima, quella di Milano. Avevo solo chiesto che la società cambiasse nome perché non era giusto che magari arrivassero dei clienti solo perché nella ragione sociale c'era il nome di un ministro in carica. In quell'anno mi sono dimesso anche da tutti gli incarichi professionali.

In Parlamento ho sempre lavorato nelle commissioni bilancio e/o finanze e il mio "decalogo" è sempre stato questo:
1. Limitare i potere di tassazione dello Stato e degli enti locali, identificando nella Costituzione un tetto massimo alla pressione fiscale complessiva. Invertire i flussi fiscali, eliminando la "finanza derivata" e l'intermediazione dello Stato e statuire che le Pubbliche Amministrazioni di ogni Regione devono coprire almeno l'80% di tutte le loro spese, incluse quelle previdenziali. Solidarietà e perequazione possono coprire il rimanente 20% solo in assenza di sprechi e di significava evasione fiscale nelle Regioni che ricevono la solidarietà dalle altre Regioni (come è previsto nel bellissimo statuto della Catalogna, recentemente approvato nel Parlamento di Madrid dalla maggioranza di Zapatero)
2. Riconoscere nella Costituzione l'impresa e tutelarla
3. Limitare la presenza dello Stato nell'economia
4. Regolamentare il diritto di sciopero
5. Imporre obblighi di trasparenza e di rendiconto ai sindacati
6. Tutelare come valore fondamentale la professionalità, l'imparzialità e l'indipendenza della pubblica amministrazione
7. Togliere gli attuali limiti all'esercizio dei referendum
8. Statuire con molta chiarezza che il debito pubblico potrà essere trasferito alle generazioni future solo a fronte di investimenti
9. Passare gradualmente dall'attuale assurdo sistema pensionistico "a ripartizione" ad un più razionale e responsabile sistema "a capitalizzazione"
10. Sancire nella Costituzione il principio dell'assoluta uguaglianza tra pubblico e privato, che devono essere considerate due sfere parimenti sovrane. Prevedere che, se tra queste due sfere sorgono gravi conflitti, a decidere sia la volontà popolare, attraverso un referendum. Sancire che il cosiddetto "primato della politica" è un'idea falsa e che una società libera e aperta è sempre dualistica: poggia cioè su una assoluta uguaglianza tra privato e pubblico.
Tutte cose che ho imparto da un uomo grande e geniale: Gianfranco Miglio.

Nel 1997 sono stato consigliere comunale e nel 2001 assessore al Demanio del Comune di Milano. Anche qui ho imparato tante cose, ma quella più importante è che i soldi che Milano versa alle amministrazioni centrali ogni anno sono circa 10 miliardi di Euro (stima di larga massima e senza considerare i contributi agli enti previdenziali) e di questa cifra per Milano, le amministrazioni centrali spendono poco più di 3 miliardi, compresi gli interessi sui soldi che i risparmiatori di Milano prestano allo Stato. E' assurdo!
Ricordo che la giunta Albertini doveva spendere più tempo per cercare i soldi, che per realizzare progetti. Io trovo questa situazione assolutamente ingiusta ed inaccettabile.

Vi spiego perchè mi candido:

Sono nato a vivo a Milano: è solo logico che vorrei dare il mio contributo per migliorare la qualità della vita dei miei concittadini.
Milano ha il potenziale per diventare una delle città più "belle da vivere" del mondo. La gente è civile, lavora, c'è cortesia e rispetto. I cattivi esempi, caso mai, vengono dalla politica: anche qui, come a Roma, si litiga troppo, non ci si sforza di capire le ragioni degli altri e si è troppo attenti ai consensi e all'adorazione del "Dio voto" piuttosto che alle cose che è più necessario fare. I modelli da prendere come esempio sono tantissimi, dai servizi pubblici di Berlino o di Vienna, ai parcheggi di Monaco di Baviera o di Barcellona, all'ordine pubblico ed al rispetto per l'ambiente e i cittadini di Helsinki o di Stoccolma o, per restare al nord, di Oslo.
Vorrei che i candidati ai Consigli Comunali di tante città al mondo, tra qualche anno, citassero Milano come esempio di eccellenza da copiare.
Il sindaco (sarà la Moratti, ma questo ragionamento vale chiunque venga eletto) avrà certamente bisogno di un Consiglio Comunale che sposi il suo obiettivo di lavorare per Milano. Maggioranza e opposizione dovranno aiutare il sindaco a fare il bene di Milano. Lo scriveva Miglio tanti anni fa quando, nel 1964, nella prolusione che inaugurava l'anno accademico dell'Università Cattolica, ricordava che verrà il giorno in cui sinistra e destra non avranno più ragione d'essere e ci sarà solo buona amministrazione.

Mi candido perché vorrei proseguire l'impegno di tanti anni e contribuire a costruire una nuova prassi della politica. Non fondata sulla gestione del potere, ma sulla conoscenza dei problemi dei cittadini e delle loro proposte. E anche sulla comprensione delle ragioni degli altri, che non devono essere considerati "avversari" da delegittimare. E soprattutto sulla trasparenza, a tutti i livelli.
Dopo Roma, e l'esperienza centralista, è tempo di tornare nel mio Comune e continuare da qui l'impegno per far capire la necessità e l'urgenza della riforma fiscale federale.