.: Discussione: Le fibre ottiche tenute spente dall'Aem

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Beppe Caravita

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Inserito da Beppe Caravita il 14 Maggio 2006 - 23:34
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4mila chilometri di fibra ottica volutamente tenute spente da Aem-Metroweb 
 1. La realtà dell'Ict milanese (e italiana)
Immaginate questo: una rete olografica con core (nocciolo) a diecimila gigabit e terminazioni a dieci gigabit. Tutta ottica, tutta di luce.

Fattibile in pochi mesi a Milano, Torino, Roma, Pisa e dovunque vi sia fibra inutilizzata in Italia.

Una rete esclusivamente dedicata alla creatività sociale. Allo sviluppo di una nuova generazione di interfacce e di applicazioni, in campi scientifici, industriali, educativi, di entertainment.

Dedicata in realtà allo sviluppo di una nuova generazione di italiani. Focalizzati su progetti mai tentati, in stile Sourceforge.

Questa rete, a Milano, costerebbe quanto due autobus, data la ricchezza di fibra volutamente tenuta spenta e le aziende (Cisco, Pirelli Labs e altre) che hanno già gli apparati, sovente solo per dimostrazioni ai clienti.

Perchè non si fa? Semplice: perchè i soldi si spera di farli con le (finte) partite di calcio televisive sulla fibra, la dsl o persino il telefonino. Che palle. E che truffa.

La mancanza di fantasia e di immaginazione della nostra (e non solo nostra) industria mediatica e di servizi tlc è stata finora totale. Telecom Italia, tuttora, continua a calpestare ogni regola pur di raggiungere la sua illusione a 20 megabit televisivi non replicabili da parte degli altri, sfortunati, concorrenti.

Che non hanno una rete telefonica nazionale (che fu pubblica, in tempi ormai dimenticati) per competere.

Mediaset, la campionessa della Casa delle libertà (e se ne piglia tante), si è comprata tutte le frequenze radio che poteva, complice un governo amico (e le sue malaugurate leggi). In altri Paesi queste frequenze sono bene pubblico, e fonte di futura prosperità e liberazione di reti aperte (Wimax), con il passaggio al digitale. Da noi sono monopolio borbonico.

H3g vende porno, fatto e destinato ai ragazzini, pur di non ammettere che un telefono è un telefono. E che un terminale chiuso a media banda radio è e resta un terminale chiuso.

Milano è questa roba qui. Accecata dal suo breve periodo, perchè ha perso il controllo del suo capitale, anche umano.

AdunanzA crea un software spettacoloso per il peer-to-peer a larga banda. Ma AdunanzA è un'accolita di anonimi della fibra, ai limiti dell'infausta legge Urbani.

La creatività deve essere illegale, in questo povero Paese. O la si tollera (per interesse) o la si calpesta. Mai la si guida.

Dateci almeno in cambio qualcosa di sinistra (oops, di sensato).

Stiamo rischiando una generazione di precarizzati mentali, di impoveriti nel regno dell'abbondanza. Di gente che non legge più un libro, che chatta-digita-clicca-ipodda e il resto. Tutto assieme. In un'insalata mentale digitale.

I subordinati gestori dominanti che abbiamo contano di fare i soldi su questa insalata umana, sia dal lato costi che di fatturato e quindi profitti. Si sbagliano.

Venderanno povertà mentale a impoveriti che malvolentieri devono (e dovranno) lavorare per loro. Senza alternative, dato il monopolismo seicentesco imperante.

Quando avranno il controllo della rete (e avranno guadagnato a spese nostre i loro ipnotici e passivi orticelli televisivi protetti) tutto sarà compiuto. Non ci aspetta che l'effetto serra.

C'è una strada diversa?

2. Una discussione con il Professor Fuggetta del Politecnico di Milano.

Mi fa piacere che Alfonso Fuggetta, su mio insistente invito, affronti il nodo delle fibre ottiche pubbliche inutilizzate a Milano.

Lo fa, come suo solito, con una notevole dose di realismo, tipica anche di questo documento e di questo.

Negli ultimi tempi l'ho un po' tampinato, lo so. Ma Fuggetta ha tre caratteristiche per me significative: è milanese, lavora nei progetti digitali di frontiera, è un blogger aperto.

Se uno si prende la briga di leggere in sequenza i tre documenti di Fuggetta, capisce che ha sviluppato una visione (insieme a tanti altri) di quello che è necessario fare, insieme. Anche nei vincoli della realtà.

Per non consegnare Milano in mano soltanto alla finanza, agli immobiliaristi, ai gestori mediatici. A un cocktail piuttosto pericoloso (come vediamo in questi giorni) perchè incontrollato e naturalmente esposto a fuorigiri continui, da far-west (e insieme feudalesimo).

Milano da un paio di secoli a questa parte ha avuto nell'industria, nell'ingegneria tecnologica rigorosa, nella scienza e nelle professioni il suo principale elemento fondante di equilibrio, di valori, di selezione della sua classe dirigente.

Il problema oggi è che la sua industria di punta, le telecomunicazioni avanzate, è a rischio. Un router cinese viene venduto a un prezzo di un quarto rispetto a un router progettato a Monza, Gorgonzola, Cassina dè Pecchi, Castelletto....

Le fabbriche di tlc sono quasi tutte sparite. La produzione è andata in Asia, a Milano si fa (alto) sviluppo tecnologico (fino al prototipo industriale), sistemistica di progetto, servizi pre e post vendita, management e vendita. Non male, è nelle cose. Ma tutto ciò comincia a diventare volatile, e troppo.

Per questo motivo concordo con Fuggetta sulla necessità di una scossa (o svolta):

In sintesi, il paese ha bisogno di una scossa. Il problema non sono semplicemente i treni persi, quanto la scarsa capacità di reazione, le inerzie e le paure che ci frenano.

Soprattutto, è preoccupante una carente visione del mondo e dei trend di sviluppo che porta chi decide a valorizzare solo alcuni ambiti, ignorando colpevolmente le direttive di sviluppo a livello mondiale. Se fino a qualche anno fa la cultura manageriale era totalmente assente nel nostro paese, adesso sembra quasi che la conoscenza delle tecnologie sia inutile o del tutto ancillare rispetto ad una conoscenza dei principi del management.

Mancano le competenze e la voglia di quegli imprenditori/inventori che a valle della guerra hanno costruito i prodotti del miracolo economico: la Vespa, la stessa Fiat e l’Olivetti.

Bill Gates e Steve Jobs, prima ancora di essere managers e leaders (o meglio, per esserlo veramente) sono innanzitutto dei “principal architects”.

Una svolta sia di Milano che per l'intero Paese.

Come? Bè qui abbiamo una carta da giocarci. La frontiera delle reti ottiche da dieci gigabit in su. Nessuno ancora, nel mondo, sa cosa davvero farsene.

Iper-tele-presenza, altissima definizione, olografia e software 3d combinati, internet incorporata nelle cose, in innumerevoli Rfid, sensori-attuatori, capaci di aiutare la gente e ottimizzare i sistemi, capaci anche di rispamiare risorse, aria pulita e energia (sempre più cara e scarsa...)?

Si veda anche questo scenario sugli Rfid scritto da Stefano Quintarelli, (altra persona che la qui presente pittima tampina sovente), scritto per Bruno Ferrante ma poi messo dal suo entourage in un cassetto. E' un'anteprima credo interessante....

Si può quindi fare davvero tanto, e con il cervello (e prevalentemente in software).

Abbiamo fibra spenta da mettere al lavoro, e in condivisione creativa, su queste frontiere. E, concordo con Alfonso, niente nuove aziende pubbliche. Ricerca aperta e poi vinca il migliore sul terreno imprenditoriale. La rete Metroweb (anche in parte, se verrà privatizzata) deve essere laboratorio di ideazione e di sviluppo. Magari guidato da una micro-agenzia indipendente di dieci persone, ma solo per il procurement innovativo.

Arbitri e abilitatori (ma veri possibilmente) di un nuovo campo di creatività e di giochi sociali a guadagno condiviso (che hanno fatto e fanno l'era di Internet).

La mia unica estensione alle posizioni di Fuggetta è quindi la seguente. Milano, oggi, anche nelle tlc sta in piedi grazie a un ambiente sociale, fatto di microaziende, di studenti e, diciamolo, anche di giovani freelance e precari della tecnologia.

Il sottoscritto propone di aprire il laboratorio anche a loro. E di stimolare così l'intelligenza sociale dell'intera città. Senza, o con bassissime barriere all'entrata nella creatività. Come sta facendo Roma nell'Open source.

Aggiungo: aprirlo soprattutto a loro, e l'obbiettivo (vero) sarà raggiunto quando loro saranno il laboratorio, e noi vedremo rifiorire questa città. Magari una sera davanti a una birra (artigianale). Io mi voglio togliere questa soddisfazione, che ho vissuto a San Jose e poi a Seattle...

Un laboratorio aperto di rete è oggi l'ecosistema base per poi anche rivitalizzare finanza, attrattività immobiliare della città, persino cultura e professioni. Può formare qualche Steve Jobs, o qualche Renato Soru, di domani.

Ovvio, un hub creativo e aperto sull'iperbanda può rapidamente andare oltre il perimetro metropolitano, estendersi e connettere reti e intelligenze italiane, e ben oltre....può diventare uno dei semi e poi noccioli, forse, di qualcosa anche di globale.

E persino un (sano) business futuro per gestori tlc basati a Milano oggi all'affannosa ricerca di nuovo valore di mercato.

Un gioco a guadagno condiviso un po' per tutti...

Milano mette concretamente (e non a chiacchiere) la frontiera, la ricerca e lo sviluppo al centro della sua visione. Fondandola su autentiche competenze esistenti. Oggi, ripeto, a rischio.

Una visione credibile ma non banale. Credo che soprattutto questo ci serva dal futuro sindaco.

3. La mia inchiesta personale 
Mi spiace un po' per Davide Corritore, che pure ho votato alle primarie, ma dopo una verifica delle sue proposte sull'internet per tutti a Milano, avanzate un paio di mesi fa, arrivo a concludere che, almeno nella loro formulazione iniziale, sostiene o ha sostenuto una mezza cantonata.

Mezza, perchè invece l'altra metà della questione, ovvero che fare delle fibre spente dell'Aem-Metroweb verte intorno a un interrogativo che potrebbe rivelarsi decisivo. Un questione politica seria, a mio avviso di prima grandezza.

Mi spiego.

Il sottoscritto è stato molto scettico, fin dall'inizio, sull'idea di usare Metroweb per un'azienda pubblica di rete che installi connessioni powerline gratuite (internet su rete elettrica) in tutta Milano.

Ho cominciato a chiedere in giro, a informarmi sullo stato delle cose e delle idee.

Ho chiesto un'intervista alla corrispondente utility elettrica di Brescia (supposta protagonista di questa tecnologia) ma i tempi non sono brevi. Verificherò ancora. I primi riscontri non sono però positivi.

E soprattutto nessuno, proprio nessuno, vuole a Milano un'altra azienda pubblica, una sorta di nuova Lombardia informatica. Come dar loro torto?

Questa specifica proposta di Davide Corritore mi lascia quindi molto dubbioso, almeno per il momento, dopo indagine fatta. Non esiste del resto al mondo ancora un caso significativo di metropoli cablata via powerline pubblica, tecnologia un po' esotica e costosa.

Non la faccio lunga. Ma il powerline ha sì il vantaggio di arrivare in cantina sul contatore digitale elettrico, ma richiede comunque un bel po' di apparati di trasmissione, sia nel condominio che in strada.....Chi pagherà e quanto, specie in presenza di un servizio che si vorrebbe gratuito?

Mi pare invece interessante riflettere sul tema, sollevato dallo stesso Corritore, dell'uso di questa risorsa nascosta, di oltre 4mila chilometri di multiple fibre Metroweb, per il futuro della città.

Su questa domanda mi sono concentrato, girando tra aziende e esperti.

Una prima risposta potrebbe essere il wi-fi.

La rete Metroweb potrebbe infatti essere usata come hub per dare wi-fi aperto (tecnologia, questa sì, a vero basso costo e onnipresente sui pc portatili) alla città, più realisticamente. Con le fibre Metroweb si potrebbero mettere antennine e hot spot quasi su tutti i piloni della luce cittadini. Vero.

Sarebbe una rete wi-fi aperta ma non necessariamente gratuita (io odio per esperienza la parola gratuito, mi puzza di pubblicità forzata, di fregatura).

Aperto significa invece disponibile a chi vuole vendere servizi e anche, se qualcuno riesce a mettere in piedi un gioco sociale volontario a guadagno condiviso (ma non è facile, vedi esperienza Rcm), che questi ultimi potranno essere realmente gratuiti.

Aperto quindi significa, in primis, pluralista, dinamico, onesto. Gratuito significa che il servizio va comunque gestito da qualcuno, e pagato con qualcosa, sia essa o pubblicità o danari del contribuente.

Che si fa, si aumenta l'Ici per pagarsi la powerline? In presenza di almeno cinque o sei gestori privati (Ti, Fastweb, Wind, Tiscali, Tele2...) già sul campo? Boh....

Questa della rete pubblica e aperta mi pare però una interessante alternativa (contro il digital divide, è vero), insieme al laboratorio sociale sull'iperbanda (quello a cui davvero tengo e mi pare necessario, fattibile e utile).

Quest'ultima è l'idea nata dal mio giro tra aziende e esperti.

La rete cittadina wi-fi pubblica e aperta è una bella proposta, certo. Ma mi pare anche un di più realmente non così necessario. Una sorta di optional progressivo, se vogliamo, un fiore all'occhiello possibile ma non facile. E non essenziale, dato che un'Adsl costa oggi 12 euro al mese....Certo, si può fare, ma siamo proprio certi che vogliamo metterci 100 milioni di Euro, come sostiene il programma cittadino dei Ds?

Boh...Non sarebbe meglio mettere questi cento milioni magari, che so, in un programma di incentivi, via conto energia, alla diffusione di pannelli fotovoltaici sui tetti di Milano secondo uno schema a guadagno condiviso tra cittadini, condominii e utilities (anche indipendenti e nuove..)?

Soprattutto, se vincerà la Moratti, incaponirsi solo su questa proposta rischia di tirare a fondo, sulla questione Metroweb, l'altra e autentica opportunità. Ovvero l'avvio di una rete aperta di ricerca sull'iperbanda. Che costerebbe almeno un ordine di grandezza (se non due) in meno...

Il centrodestra ha infatti già deciso il destino della fibra Metroweb. Lo ha fatto Zuccoli, Amministratore Delegato di Aem quando, in presenza di questo dibattito sulle sue fibre spente, ha dato la sua immediata risposta (nei fatti): ha messo in pubblica offerta Metroweb.

Venderla al migliore offerente, e ci scommetto che questo acquirente potrebbe essere, per esempio...Telecom Italia. Questa l'ultima mossa dell'amministrazione Albertini.

Chiusura di un ciclo.

Con questo si chiuderebbe la discussione....(a meno forse di una riserva per parziali utilizzi sociali di queste fibre)... e sarebbe la fine di un'opportunità...(si veda il post sotto).

Per fortuna Metroweb è costosa (circa 200 milioni di euro) e ha dentro debiti per 180 milioni. Non è un rospetto facile da ingoiare, nemmeno per Telecom Italia.

La questione, quindi, è ancora aperta. E farsi delle domande davvero serve, cari amici della sinistra milanese che studiate e scrivete i programmi una sera a cena, e li calate dall'alto, senza mai fare un minimo di inchiesta.

Io quindi sostengo la proposta di un uso (prioritario) delle fibre spente Metroweb per il futuro realmente creativo di questa comunità metropolitana.

Mi sta bene quindi anche una parziale riserva di queste fibre per un progetto avanzato. Che non ha poi bisogno di migliaia di connessioni....basterebbero, credo, un paio di ring metropolitani....

Spero che su questo terreno si crei un consenso bipartisan. E serio, per una volta tanto.

Spero che anche Letizia Moratti legga e mediti queste righe.

Ha chiesto contributi ai (cosiddetti) riformisti milanesi? Eccone uno.

Scritto in verità. Per quanto posso.

Questo intervento riprende tre post sul mio blog:
http://blogs.it/0100206/2006/05/09.html#a5534
http://blogs.it/0100206/2006/05/14.html#a5549
http://blogs.it/0100206/2006/05/14.html#a5551