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Giovedì, 17 Novembre, 2011 - 11:35

Dopo l'IGF Italia

“Anche mia nonna non sapeva usare il computer: ha imparato. E’ stato grazie al tam tam sui social media come Twitter, Facebook e i blog che il 30% della popolazione tunisina che ha accesso a Internet ha potuto condividere le ragioni delle proteste e le denuncie della censura e della repressione.” Il blogger tunisino Slim Amamou, all’Internet Governance Forum di Trento (http://www.igfitalia2011.it/), ha fatto un emozionante resoconto della condivisione di competenze e di informazioni che ha dato corpo alla domanda e alla partecipazione alla lotta di liberazione. Grazie alla rete digitale in Tunisia Si è messo in moto un passa parola virale e per nulla virtuale che ha portato la gente comune a capire che la caduta del regime era possibile. Una viralità che non ha conosciuto confini e sta ormai interessando la tetragona e sanguinaria dittatura siriana.

Dal 10 al 12 di novembre a Trento si è svolta l’edizione italiana dell’IGF mondiale che le nazioni Unite hanno organizzato quest’anno a Nairobi-Kenya dove, oltre ogni luogo comune, è stato rilevato che Internet non è globale ma esclude il 68,9% della popolazione mondiale. Del resto non solo in Tunisia ma anche da noi il governo uscente ha reiteratamente attaccato la libertà di espressione in rete, con la proposta di decreti che proponevano norme censorie su siti e blog, portando Wikipedia al blocco del sito e suscitando la reazione di oltre 400.000 firmatari di una specifica petizione. Internet come spazio pubblico dunque, oggetto di conflitti per il suo controllo e l’affermazione di diritti costitutivi.

A Trento Stefano Rodotà ha illustrato la proposta di modifica costituzionale all’articolo 21 affinché “Tutti hanno uguale diritto di accedere alla rete Internet, in condizione di parità, con modalità tecnologicamente adeguate e che rimuovano ogni ostacolo di ordine economico e sociale.”. Internet è un sistema e volano per la produzione di valore, dato che l’economia digitale rappresenta già il 2% del PIL, 30 miliardi di euro dell’economia nazionale e, negli ultimi quindici anni, ha creato oltre 700.000 posti di lavoro specifici. Per questo aziende come Telecom, Vodafone e Microsoft, a gennaio, hanno sottoscritto un appello affinché la politica adottasse un’Agenda Digitale, in un paese dove solo il 55,9% degli adulti possiede un computer e dove i giovani nati nell’era digitale non trovano politiche pubbliche che non declinino la flessibilità come precarietà, la condivisione come contraffazione, il credito di imposta di chi investe in ricerca come assistenzialismo elusivo e l’accesso alla banda larga come privilegio.

Infatti nell’emendamento alla legge stabilità ogni riferimento allo sviluppo della banda larga in Italia è scomparso, come i fondi a essa destinati. Eppure è evidente che e-commerce, Voip, servizi bancari e finanziari e servizi amministrativi online già oggi sono un fattore di innovazione e sviluppo. Oltre spread tra i rendimenti dei titoli tedeschi e dei titoli di stato italiani c’è anche uno Spread Digitale che separa l’Italia dal resto d’Europa, condannando l’Italia alla posizione di coda nelle classifiche internazionali sulla banda ultra larga. La Commissione Europea nella Strategia 2020 afferma che investire in banda ultra larga e nuove tecnologie è prioritario per tornare a crescere e superare l’attuale, dura, crisi economica. Lo studio che Ericsson ha illustrato a Trento afferma che il raddoppio della velocità di connessione a banda larga genera un aumento del PIL dello 0,3%.

Lo Spread Digitale prodotto dall’inazione del governo Berlusconi ha ormai raggiunto livelli economicamente insostenibili, da qui l’appello dell’Internet Governance Forum (IGF) di Trento al professor Mario Monti affinché non si aspetti il superamento della crisi economica per investire nel digitale, perché lo sviluppo dell’economia digitale è una delle condizioni imprescindibili per il superamento stesso della crisi. L’IGF dice a Monti che “Il Paese non può continuare a rimanere politicamente emarginato rispetto a questi temi. Sono state abbandonate le iniziative che, grazie anche a documenti sottoscritti con altri stati, avevano fatto del nostro paese un indiscusso protagonista dell’iniziativa per un Internet Bill of Rights nel quadro degli Internet Governance Forum promossi dalle Nazioni Unite. A fronte di questo ruolo, negli ultimi anni l’Italia è stata mortificata dall’inazione e da ripetuti tentativi di limitare la libertà in rete e lo sviluppo dell’economia digitale”.

L’accesso alla rete e la sua neutralità, uno statuto del lavoro che su essa si svolge, la partecipazione informata ai processi deliberativi, la conoscenza come bene comune globale condiviso, sono questioni che riguardano la sfera economica e civile di un paese più consapevole e trasparente, capace di riscatto ed equità per “Tornare a essere elemento di forza e non di debolezza in Europa”, come ha proposto Mario Monti. All’IGF di Trento rappresentanti delle imprese, dell’associazionismo, dell’accademia, delle amministrazioni locali, italiani e non, hanno confrontato esperienze e condiviso proposte, dimostrando così le potenzialità di contributo economico, civile e ambientale di una comunità aperta e inclusiva come l’IGF può essere.