.: Discussione: Sotto il Parco delle Memorie industriali - q.re Spadolini

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Fabio Cremascoli

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Inserito da Fabio Cremascoli il 23 Nov 2010 - 10:30
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Oggi su Repubblica Milano è stato publbicato questo articolo. Chiedo ai consiglieri di zona presenti su partecipaMi, di interessarsi del caso segnalato nel precedente post, ripreso dalla comunicazione riportata sul sito del Quartiere Spadolini, QUI


fonte: Repubblica


IL CASO

Una maxi indagine sull'amianto killer
la Procura convoca 700 operai dell'ex Om


Al via la più grande operazione verità sulla fabbrica milanese che ha contato fino a oggi 14 vittime
L'azienda è stata chiusa nel 1990: al suo posto è sorto in questi anni un quartiere residenzialedi DAVIDE CARLUCCI

Settecento operai da sentire come testimoni. Si profila come la più grande "operazione verità" sull’amianto a Milano quella che la procura ha avviato da qualche giorno nell’inchiesta per omicidio colposo e lesioni colpose gravissime alla ex Om Fiat, l’azienda che produceva carrelli elevatori in via Pompeo Leoni, un’area oggi trasformata in parco e quartiere residenziale dopo un progetto di riqualificazione urbana del Comune.

Il prato verde e le case nuove di zecca nascondono, ma non cancellano, le ferite che l’industria ha inferto alla Milano operaia. Il fascicolo aperto dal sostituto procuratore Maurizio Ascione conta già venti parti lese: quattordici operai morti e sei malati gravi di mesotelioma pleurico. Il numero cresce man mano che si diffonde tra gli ex lavoratori il passaparola sugli accertamenti in corso. Le indagini, partite dalle denunce di alcuni reduci della catena di montaggio e dai loro familiari colpiti dal cancro, sono state affidate agli esperti dell’Asl. Che si stanno concentrando, in questo momento, su un periodo molto lontano, compreso tra il 1960 e il 1976: è in quella fase, secondo i sospetti dei pm, che nei capannoni sono volate quantità impressionanti d’amianto.

Depositandosi nei polmoni degli operai, le fibre killer avrebbero favorito l’insorgenza dei tumori che ora li stanno decimando. A differenza di altre fabbriche milanesi, nelle quali i medici delle allora unità sanitarie locali erano riusciti a documentare le condizioni di salute e di lavoro, per la Om queste informazioni sono andate disperse. Di qui la necessità di chiamare a testimoniare chi in quelle aziende ci ha lavorato. Per ora le indagini sono a carico di ignoti, ma nell’individuazione dei responsabili si potrebbe risalire molto in alto: una recente sentenza della Cassazione, pronunciandosi proprio su un processo per morti da amianto alla Montefibre di Verbania, ha stabilito che a rispondere della mancata predisposizione di misure di sicurezza nelle fabbriche è l’intero consiglio d’amministrazione in carica nell’epoca in cui è stato accertato il reato.

«A quei tempi l’amianto era dappertutto, anche nelle protezioni — racconta Antonio D’Errico, sessant’anni, oggi edicolante, dal 1973 al 1982 operaio alla Om Fiat — in fonderia si producevano le scocche dei motori e lavoravamo con le fiamme vive. Molti morivano ancora giovani, ma nessuno di noi sapeva molto dell’amianto. E questo nonostante io, ad esempio, appartenessi a un gruppo sindacalizzato. Però ricordo bene tutto l’amianto che ho indossato: i corpetti per ripararsi dal calore, i macchinari per le protezioni». Lasciata la Om, D’Errico ha lavorato per un’altra fabbrica, a Rozzano: «Lì si producevano viti e anche lì si utilizzava amianto. Ma non quanto in via Pompeo Leoni. So che molti miei ex compagni di fabbrica sono morti o si sono ammalati. La mia lotteria è andata bene».

Dario Di Renzo, che oggi fa il falegname, è stato operaio dal 1974 al 1982. «Per un po’ mi hanno fatto lavorare in fonderia e i grembiuli e i guanti, se la memoria non m’inganna, erano d’amianto. All’epoca avevo solo 18 anni. Mi ricordo che già da quando lavoravo io, la gente andava in pensione e dopo poco moriva». 


In risposta al messaggio di Fabio Cremascoli inserito il 30 Lug 2010 - 11:30
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