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Domenica, 15 Febbraio, 2009 - 12:14

HUMOR: scene di lavoro

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“L’attribuzione, finalmente, di un significato concreto e incisivo al valore della meritocrazia, della quale è di moda oggi riempirsi la bocca, senza però che finora nel nostro Paese si sia fatto nulla di apprezzabile per promuoverla effettivamente.”
“Il superamento della divisione fra protetti e precari che contraddistingue oggi il nostro tessuto produttivo e che condanna gran parte delle nuove generazioni a una drammatica esclusione da standard elevati di sicurezza e qualità del lavoro.”
Queste due frasi sono tratte da una delle lettere che Pietro Ichino ha inviato al Ministero del Lavoro. Ne trovate una panoramica e link diretti su JobTalk.
Oggi la CGIL scende in piazza per protestare contro il governo, mentre una crisi senza precedenti strozza le aziende lasciando esanimi centinaia di migliaia di posti di lavoro. Su ogni piano del sistema si contano i morti: dai ricercatori agli operai, dagli ingegneri agli insegnanti, questa crisi non fa prigionieri.
Facciamoci due conti: cosa accade se il posto lo perde qualcuno a contratto a tempo indeterminato? Beh, come minimo scatta una liquidazione, ci sono contributi versati che contribuiscono, appunto, alla realizzazione di una pensione per una terza età che si prospetta sempre più lunga.
A volte, quando proprio si deve trovare un accordo con il lavoratore, si elargisce un anno se non due di stipendio in più pur di trovare un compromesso amichevole. Spesso, lo stesso lavoratore (ne sono stato testimone) viene poi riassorbito dall’azienda ma come precario: questo perché un contratto a progetto toglie parecchie castagne dal fuoco delle responsabilità di un datore di lavoro.
Cosa accade invece se è un precario a perdere il posto? Niente. Basta che scada il contratto e che non ci sia rinnovo (figuriamoci, non è che debba essere obbligatorio) che il nostro precario si ritrova senza lavoro, senza buona uscita, senza ammortizzatori sociali di qualsiasi genere: insomma si ritrova nella merda.
E questo non può continuare perché in un periodo in cui la disoccupazione cresce a ritmi sostenuti, presto o tardi lo stato si ritroverà a dover disinnescare la bomba del malcontento che tende già drammaticamente a perdere i canoni di civiltà. Ne sono un esempio le manganellate rifilate agli operai che occuparono l’autostrada pochi giorni fa.
Capitolo due: meritocrazia.
Qui c’è poco da dire: in Italia, di norma, il lavoro non se lo merita chi merita, ma chi conosce, chi paga, chi unge, chi lecca il culo, chi è politicamente coperto.
A questo proposito, poche sere fa ho avuto il piacere di partecipare a una cena del PD, organizzata dal comitato che durante le elezioni rispondeva alle lettere degli elettori.
Ero partito in tromba pronto a fare un comizio antipolitico contro questo partito alla sfascio, contro la Binetti, Rutelli & Co.Mi ritrovo una serena comitiva di persone di ogni età sorridente e spensierata. C’era anche un parlamentare di cui non ricordo il nome, ma era giovane. In quel momento ho capito quanto fosse stato fortunato a essere eletto nel PD ma con un governo Berlusconi: avrà al 100% la pensione che si deve ai parlamentari. Se avesse vinto il centro-sinistra, il governo sarebbe durato meno di cento giorni e addio pensione.
Insomma, sto lì seduto a mangiarmi la pizza e mi metto a parlare con una signora sulla sessantina. Lei lavora in provincia.
Mi dice: “Prima ero al comune, ma con Alemanno non sono voluta restare, così ho ottenuto il trasferimento”.
Le ho chiesto: “Scusi, ma le che lavoro fa in provincia?”
E lei: “Mah, mando qualche lettera, ricordo ai consiglieri quello che devono fare. Ma non sempre. Insomma, non c’è molto da fare, ma come sai i consiglieri hanno diritto ad avere delle persone con loro. Così ho un lavoro”.
Immaginate la mia espressione: non ho vomitato solo perché amo troppo mangiare.
Nel contempo molti miei amici perdono il posto, nonostante la laurea, nonostante il master: nonostante tutto. E in giro ci sono questi personaggi (non oso pensare quanti possano essere), che non sanno fare un cazzo, non hanno una specializzazione, ma che, per grazia ricevuta dalla politica occupano una poltrona, una scrivania e soprattutto uno stipendio. Che cazzo di paese. - Arnald

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