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Mercoledì, 9 Aprile, 2008 - 11:44

C'è solo un voto utile contro le opere inutili

C'è solo un voto utile contro le opere inutili

di Vittorio Agnoletto
08 aprile, 2008
Linkontro
Ci voleva Celentano per rompere l’idillio bipartisan che si è creato intorno all’assegnazione a Milano dell’Expo 2015. Esprimendo timori più che fondati, il “molleggiato nazionale” ha dato voce a centinaia di associazioni, comitati locali, centri sociali e singoli cittadini che da sempre si opponevano alla candidatura del capoluogo lombardo e che oggi, a scelta avvenuta, continueranno nella loro opera di controinformazione sugli enormi rischi che l’evento comporta. Rischi di finire con il vivere in una città priva di anima. In primo luogo, esiste un serio pericolo per l’ambiente e il territorio: a dispetto di quanto crede Al Gore, sponsor d’eccezione della candidatura milanese che vede nella città un modello di virtù ecologiche,  Milano è una delle capitali più inquinate d’Europa. Quella che ha meno investito negli ultimi decenni sull’ambiente e sulla sostenibilità, sia con l’amministrazione Albertini (1997-2006) che, oggi, con il sindaco Moratti. Undici anni targati centro destra, che tra l’altro governa anche in Regione dal 1995.
Basta fare un confronto con le altre grandi metropoli del vecchio continente. Barcellona, ad esempio, ha 400 metri quadrati di aree pedonalizzate ogni mille abitanti; Milano ne ha 100. La raccolta differenziata non arriva al 30 per cento dei rifiuti smaltiti in città. La rete delle piste ciclabili è inesistente: 5 metri e mezzo ogni 100 abitanti, mentre la media europea è di 56. A Berlino sono stati installati 21.200 Kw di energia solare su edifici pubblici, dalla Madonnina non si vede neanche un pannello solare sui palazzi del centro storico di proprietà statale. Il famigerato Pm10 ha superato il livello consentito dalla normativa vigente per 132 giorni l’anno scorso: il valore più alto in Europa per le polveri sottili. Abbiamo anche la maglia nera per quanto riguarda i consumi idrici e le zone a traffico limitato.
Dunque è evidente che fino ad oggi è mancata la volontà politica di invertire la rotta e risolvere i problemi ambientali di Milano. Ma ecco che, con l’Expo, gli stessi politici che hanno governato la città senza muovere un dito per la qualità del territorio e di conseguenza la salute e il benessere dei cittadini sono diventati ad un tratto paladini della causa verde.
C’è però almeno un retroscena che contraddice l’impegno a parole della Giunta Moratti in vista dell’evento del 2015: lo scorso luglio il Comune di Milano ha infatti siglato un accordo con il Gruppo Cabassi, proprietario di una porzione dell’area agricola dove si realizzerà l’Expo, per poter appunto avere a disposizione quei terreni per tutta la durata della manifestazione e costruirvi i capannoni e i padiglioni previsti. Ebbene, al termine dell’evento i terreni torneranno ai loro proprietari, che hanno ottenuto “in cambio” la variazione della destinazione d’uso dell’area. Con un indice di edificabilità pari al 60 per cento dei terreni, e il solo limite di non poter installare attività produttive insalubri, si stima che un terreno agricolo che oggi vale 2,55-3,06 milioni di euro ne varrà 30 dal 2016.
E questa sarebbe una strategia finalizzata a fare dell’Expo un evento a impatto zero?
Il pericolo concreto è che Milano diventi un enorme cantiere per sette anni e che l’Expo sia l’espediente per realizzare grandi opere inutili, come nuove autostrade, tangenziali, terze piste a Malpensa.
A tutto ciò si aggiunga che i 70mila posti di lavoro previsti sono una chimera: chi garantirà che saranno impieghi in regola e non precari, magari giusto per il tempo dello svolgimento della kermesse? Tutti i milanesi sanno che i cantieri della Fiera fino ad oggi sono stati proprio il regno del caporalato, del lavoro in nero subappaltato a imprese che sfruttano i lavoratori, spesso immigrati, con un alto numero di incidenti e violazioni dei principali diritti degli operai e dei muratori occupati nell’edilizia.
Infine, siamo di fronte all’ennesima grande opera calata dall’alto sulla popolazione, che non è mai stata consultata in merito alla candidatura di Milano ad ospitare l’Esposizione Universale. Nessun progetto è stato presentato ai territori che ospiteranno il mega evento. E nessuna procedura di valutazione di impatto ambientale è stata quanto meno predisposta affinché i comuni e le istituzioni locali potessero selezionare le opere con i criteri secondo loro più sostenibili.
Eppure la sicurezza dei cittadini dovrebbe passare innanzitutto per la sicurezza del territorio e la difesa del suolo dagli appetiti speculativi. È questa la convinzione de La Sinistra l’Arcobaleno che, non a caso, ha messo al centro del suo programma ambientale la “democrazia ecologica”, da promuovere “attraverso una corretta pianificazione pubblica e una legge che garantisca la partecipazione dei cittadini alle scelte”.
Le grandi opere di cui il Paese ha bisogno non sono il Ponte sullo Stretto, la TAV in Val di Susa,  il Mose a Venezia o l’Expo a Milano. Sono quelle che hanno l’obiettivo di migliorare i servizi ai cittadini e alle cittadine, che restituiscono qualità alle nostre città e una occupazione buona e duratura.
Fra queste ci sono:
• “la messa in sicurezza dal rischio sismico e idrogeologico”;
• “un’altra politica dei rifiuti con al centro la riduzione dei rifiuti prodotti, sistemi capillari di raccolta differenziata, rispetto degli obiettivi di riciclaggio”;
• “un piano per migliorare il trasporto dei pendolari: almeno 1.000 treni per i pendolari nei prossimi 5 anni, investire sulle reti ferroviarie urbane e su nuove linee metropolitane e tranviarie”;
• “un grande piano per l’adeguamento e la sicurezza delle strade statali”;
• “il sostegno, nel campo del trasporto merci, con regole, tariffe ed incentivi, allo sviluppo delle vie del mare, dell’intermodalità e del trasporto ferroviario”.
Ma di queste priorità poche o pochissime faranno parte del progetto Expo 2015. Perché sono obiettivi che stanno fuori dall’immaginario “sviluppista” sia del PD che del PDL. Per noi de La Sinistra l’Arcobaleno costituiscono invece l’unico programma possibile.
Un programma che necessita di un voto utile contro opere inutili, in favore di una “riconversione ecologica della società e dell’economia”.

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