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Venerdì, 26 Ottobre, 2007 - 09:51

SALVIAMO LA VITA AI BAMBINI ROM

SALVIAMO LA VITA AI BAMBINI ROM

Un digiuno di protesta e di proposta

Voi che vivete sicuri

Nelle vostre tiepide case;

Voi che trovate tornando la sera

Il cibo caldo e visi amici:

Considerate se questo è un uomo

Che lavora nel fango

Che non conosce la pace

Che lotta per mezzo pane

Che muore per un sì e per un no.

Questi versi scritti da Primo Levi di ritorno dal lager ci commuovono e ci
indignano. Ma solo se rimangono sulla carta, se restano confinati nella
Storia, in un lontano passato. Eppure sarebbe facile accorgersi che ci
parlano anche del presente. Di questo presente in questa città di Milano. Ma
anche di Roma, di Livorno, di Bologna, di Pavia…

A Milano, con maggior sistematicità, determinazione e fors’anche cattiveria,
da tempo è in atto una sorta di “pulizia etnica”. Gli sgomberi forzati dei
campi rom hanno letteralmente e fisicamente buttato sulla strada centinaia
di persone, compresi anziani e malati, donne e bambini. Sgomberi effettuati
senza concedere alternative e senza che rispondessero a una qualche
strategia da parte dell’amministrazione pubblica che non fosse semplicemente
quella, brutale, di buttare queste persone nella disperazione, rendendo loro
la vita così dura da costringerle ad andarsene.

Una logica, oltre che cinica, miope. Perché queste persone non hanno un
Paese dove tornare. Anche nei luoghi da cui sono arrivati sono soggetti a
repressione e discriminazione, dunque non si capisce perché e come
potrebbero tornarvi.

La politica degli sgomberi senza alternative produce e produrrà solo una
maggiore sofferenza e disperazione, comporta il fatto che centinaia di
persone sono costrette a vivere come topi, all’addiaccio, nel fango. In
condizioni non troppo dissimili da quelle di cui raccontava Primo Levi.
Anche oggi si può infatti essere scacciati e schiacciati, si può rischiare
di morire per un sì o per un no. A Milano, a Pavia. O a Roma, dove pochi
giorni fa è morto Francesco, piccolo rom di due mesi, congelato dal freddo
in una tenda dove era stato confinato con i suoi genitori dalla politica
degli sgomberi.

Ogni anno nelle grandi città si parla di «emergenza freddo», come fosse un
fatto anomalo ed eccezionale. Di questa prevedibilissima emergenza muoiono
ogni anno decine e decine di bambini e anziani, di rom e di senza dimora. E
ogni anno assistiamo alle ipocrite e pilatesche lacrime di coccodrillo di
troppi amministratori pubblici.

Il Comune di Milano, dopo lo sgombero del campo di San Dionigi, si era
impegnato a garantire un minimo di risposta almeno a donne e bambini,
ospitandoli nel dormitorio pubblico di viale Ortles. Pur di fronte allo
smembramento delle famiglie, era meglio del niente. Eppure anche questa
piccola e minima cosa non è stata realmente garantita. Basta nulla per
perdere anche questa minuscola possibilità.

·        Da venerdì 19 ottobre una madre e i suoi quattro bambini, di cui
tre piccolissimi e in cattive condizioni di salute, sono in strada, cacciati
dal dormitorio perché si erano assentati due giorni, per assistere un
parente malato. Ora si trovano senza il minimo riparo, mentre cresce il
freddo e cominciano le piogge.

Di fronte a queste drammatiche situazioni, da mesi le istituzioni locali e
la prefettura si girano dall’altra parte. Fingono di non vedere, di non
sapere, di non avere responsabilità e doveri. Associazioni, forze sociali,
sindacati hanno inutilmente rivolto loro appelli, chiesto interventi e
risposte.

Noi non abbiamo più nulla da chiedere al sindaco, all’assessore o al
prefetto. Il loro silenzio e immobilismo sono più eloquenti di tanti
discorsi. Del resto, troppe parole e riunioni sono state sinora
generosamente, e inutilmente, spese. Le parole, infatti, non costano molto.
Come don Abbondio non si poteva dare un coraggio che non aveva, così queste
istituzioni non possono dar mostra di responsabilità che evidentemente non
avvertono.

·        Da lunedì 29 ottobre noi, come singole persone più che come
esponenti di associazioni, effettueremo un digiuno totale, durante il quale
sosteremo fisicamente, ogni giorno, in piazza della Scala, davanti a Palazzo
Marino.

Non per rivendicare qualcosa. Semplicemente per testimoniare e denunciare
che quattro bambini sono stati buttati per strada, che rischiano di
ammalarsi e anche di morire. Per chiedere a tutti e a ciascuno “Se questo è
un uomo”, se è tollerabile che tutto ciò accada nella ricca e democratica
Milano, se davvero non è possibile dare un segno di umanità e una risposta
concreta a quei bambini e al problema generale di cui essi sono parte e
drammatica rappresentazione.

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