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Martedì, 18 Settembre, 2007 - 01:14

democrazia e arroganza della fede religiosa

LA DEMOCRAZIA E L`ARROGANZA DELLA FEDE RELIGIOSA

(17/09/2007)  E` davvero la religione lo sfondo ideale per un miglior svolgimento della vita democratica? O non è forse la fede causa stessa di arroganza e verità assoluta.

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Merita attenzione un intenso articolo apparso su Repubblica Venerdì 14 Settembre dal titolo ‘La Chiesa, lo Stato e l’arroganza della verità”, firmato da Gustavo Zagebrelsky. Un mio amico nello stesso giorno mi ha polemicamente scritto ‘Bellissimo articolo, se solo lo avesse scritto in modo da farsi comprendere dal 90% degli Italiani”. Lungi da me immaginare di avere il 90% degli Italiani come lettori, vorrei invece prodigarmi in quell’utile esercizio di sintesi che banalmente alle scuole elementari la maestra ci insegnò come ‘riassunto’. Sottopongo all’attenzione di voi venticinque lettori un sunto di una parte dell’articolo, invitando, chi volesse a recuperare, la versione integrale apparsa sul quotidiano romano. Nello svolgimento di questo compitino mi adopererò anche per depurare (e quindi, e me ne dolgo, un po’ deturpare) il testo di Zagrebelsky dai riferimenti filosofici e letterari cui egli attinge. Aggiungo che non si tratta propriamente di un articolo, bensì di una parte dell’intervento che Zagrebelsky ha letto presso il Centro di Studi Americani di Roma nell’ambito del convegno ‘Religione e politica nella società post-secolare’. Ecco dunque il sunto di una parte di quell’intervento.
‘solo i credenti in Dio sarebbero capaci di atteggiamenti eticamente orientati nei confronti dei propri simili e, in generale, nei confronti del mondo’Coloro che di questi tempi ripropongono la religione in una dimensione civile, come guida per una miglior convivenza degli esseri umani nel contesto sociale, partono dal presupposto che il cittadino eccellente sarebbe l’uomo di fede: ‘solo i credenti in Dio sarebbero capaci di atteggiamenti eticamente orientati nei confronti dei propri simili e, in generale, nei confronti del mondo’. E chi è senza Dio, senza una fede? Secondo i moralisti cattolici che sponsorizzano la religione come fonte ispiratrice per una miglior cittadinanza, chi è senza Dio tende man mano a volersi mettere al suo posto. Sono del resto di questi giorni i richiami del Papa ad un ridimensionamento del ruolo della scienza, che sarebbe proprio essa il braccio armato di un delirio di onnipotenza dell’uomo rispetto alla vera onnipotenza che è quella di Dio. Ma chi è davvero superbo e arrogante? Non è forse vero che la storia, anche la più recente, insegna che sono proprio gli uomini di fede che tendono ad immaginare che Dio sia con loro anche nelle azioni più scellerate? E che ‘ci si può porre legittimamente al di là del bene e del male, avendo Lui al proprio fianco’? Ovviamente gli uomini di fede non compiono solamente atti scellerati, nessuno vuol infatti negare la buona influenza della fede, cristiana e non solo, in molte opere di bene e fratellanza, passate e recenti).
proprio chi pensa di avere Dio con sé, tende ad una superbia che si trasforma spesso in tragica violenza Il fatto è che proprio chi pensa di avere Dio con sé, tende ad una superbia che si trasforma spesso in tragica violenza e può tracimare in fondamentalismo in grado a sua volta di armare masse umane e assoldare eserciti, terrorismi e mercati.
Chi non crede in Dio, invece, ‘non dispone di alcuna sicurezza a priori e sa che il compito dell’umanità di districarsi nelle difficoltà della vita dipende da lui, insieme con gli altri. L’etica della modestia – dice Zagrebelsky – e della responsabilità ha qui la sua radice e qui trova un fondamento che a me pare più chiaro che non la fede in un Dio onnipotente e provvidente.’
Dunque si può dire con sufficiente certezza che la fede in Dio non è certo garanzia di modestia e che la mancanza di fede a sua volta non è indice di sicura superbia. Tutti siamo a rischio di superbia e chi avanza la certezza della fede come riparo da essa entra subitaneamente in contraddizione e si dimostra giustappunto superbo.
‘L’utilità o la pericolosità della religione come rimedio contro le tendenze sociali auto-disgregatrici dipende forse anche dalla sua auto-compresione, come religione della verità o della carità. Il cristianesimo per esempio, che vive fortemente questa contrapposizione interna, nacque come religione della carità: la democrazia può davvero immaginarsi ispirata ad una verità assoluta? “Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente” e ancora “Amerai il prossimo tuo come te stesso”. Poi, quando il cristianesimo si è istituzionalizzato e ha creato apparati dogmatici, teorici e organizzativi con l’intento di creare comunità e tenere insieme popoli, e controllarne l’organizzazione sociale mediante l’influenza sulla politica, la parola di Cristo da essenza di carità, ha iniziato a trasformarsi in verità assoluta. La Chiesa cattolica vive da sempre internamente queste tensione tra la carità e la verità.
Ora, il tema che oggi diventa di attualità è se non sia proprio questa presunzione di verità assoluta a determinare attriti nella nostra società e a mettere in crisi, dunque, l’idea che la religione possa essere la guida per una civile convivenza dei cittadini. Inoltre: la democrazia può davvero immaginarsi ispirata ad una verità assoluta o forse non dovrebbe ispirarsi più ad un atteggiamento di carità? Non è forse più utile per la democrazia attuare la parola caritatevole di Cristo, anziché lavorare per un riconoscimento assoluto della sua verità?

Giuliano Federico

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