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Domenica, 20 Maggio, 2007 - 11:51

Bush a Roma - alternativa nonviolenta

La scadenza del 9 giugno, visita di Bush a Roma: una proposta di iniziativa e di metodo nonviolenti per affrontarla
di Alfonso Navarra
I due appelli contro Bush
Per "accogliere" Bush a Roma il 9 giugno sono gia' stati lanciati due appelli.
Il primo e' quello del Partito comunista di Ferrando, Sinistra Critica, Officina Comunista, senatori e intellettuali "disobbedienti", Forum Palestina, Cobas, Centri sociali, "Disarmiamoli" .
Mi permetto di ipotizzare che trae la sua spinta propulsiva non da una violonta' pacifista ma da coloro che sentono l'esigenza di "rifondare Rifondazione Comunista".
L'obiettivo principale e' quello di attaccare il govrerno italiano e Rifondazione che lo sostiene.
Il secondo e' quello della stessa Rifondazione, con Arci, Fiom, Sinistra Democratica di Mussi, il Pdci di Diliberto...
Anche qui ho l'impressione che il tentativo sia quello di rassicurare la base militante ed elettorale sul DNA antiamericano delle forze promotrici, negando che vi sia "subordinazione" del governo Prodi alla politica di Bush. In questo caso si vuole una manifestazione solo "contro Bush, non contro Prodi".
Leggo sul Manifesto di oggi una dichiarazione di Alessandra Mecozzi, responsabile dell'ufficio internazionale della FIOM:
"Quello che conta e' che ad accogliere Bush ci saranno manifestazioni capaci di manifestare un energico dissenso a tutta la sua politica, a partire dalla guerra per finire con il liberismo e le politiche ambientali".
Per quanto riguarda questo appello di Rifondazione, Arci, Fiom e compagnia cantante e concertante, osserverei che e' sin troppo facile scaricare tutte le responsabilita' della guerra globale in Medio Oriente sul cattivissimo Bush dimenticando quelle - sicuramente inferiori, ma pur sempre consistenti - del nostro "governo amico", che e' andato su - e va benissimo contro il "pericolo Berlusconi" - con il voto determinante, esplicitamente richiesto, dei "pacifisti".
La politica di Prodi, a mio avviso, per le ragioni che spiega benissimo Riccardo Petrella nel suo ultimo libro "Una nuova narrazione del mondo" (EMI edizioni), e' attivamente promotrice della oppressione del Sud del mondo basato sullo scambio ineguale e sulla rapina delle materie prime, sull'usura del debito estero e sui vincoli strutturali imposti dal FMI, dalla Banca Mondiale, dalla OMC, sullo sfruttamento  della forza lavoro "delocalizzata" e/o immigrata, sulla finanziarizzazione parassitaria dell'economia.
Questa politica merita oggi la nostra opposizione a tutto campo, e non solo sugli aspetti specifici in materia di difesa e sicurezza, che sono di natura bellica, inutile girarci ipocritamente intorno: e' infatti pienamente ispirata alla "narrazione dominante del mondo", oggi sospinta da tre forze: la fede nella tecnologia e nella "forza" intesa come capacita' distruttiva, la fiducia nel capitalismo finanziario, la convinzione della impossibilita' di alternative al sistema attuale.
Crediamo forse, per fare un esempio, che l'Italia si sia ritirata dall'Iraq solo perchè ha richiamato indietro i soldati in divisa? O non stia ancora brigando, tramite l'ENI, di prendersi la sua fetta di torta petrolifera con i giacimenti di Nassyria?
Nel secondo appello, chiamiamolo "antigovernativo", che si discutera' il 18 maggio (alle 16.30 presso la Facolta' di Lettere la Sapienza) non noto - a dire il vero - una particolare profondita' e complessita' di analisi, che possa tradursi in un dissenso credibile e condivisibile da parte della piu' ampia opinione pubblica.
Il testo potrebbe benissimo essere stato scritto 40 anni fa (circa) quando nelle piazze gli extraparlamentari di sinistra (incluso il sottoscritto) gridavano: NIXON BOIA, ANDREOTTI E' LA TUA TROIA".
Oggi un titolo azzecatissimo, per il testo in questione, dalle parole e toni identici a quelli degli anni '70 (cambia solo qualche particolare: ad es. si contestano i caccia F35 al posto degli F16) e': BUSH BOIA, PRODI E' LA TUA TROIA".
La LDU, nonostante il coinvolgimento di soggetti con cui stiamo proficuamente collaborando nell'iniziativa della "Carovana contro la guerra, per il disarmo e la pace",  propone che il Coordinamento "FERMIAMO CHI SCHERZA COL FUOCO ATOMICO" non vi aderisca per i seguenti motivi:
1- non ci interessa il festival protestatario del NO che non e' capace di proporre soluzioni alternative ai problemi che denuncia;
2- suscita inestinguibili dubbi lo strabismo analitico che non individua il ruolo attivo (e non semplicemente derivato e reattivo) del terrorismo islamico nella "tendenza alla guerra globale";
3- il moderatismo che critica il militarismo governativo dal punto di vista di chi rifiuta il "dominio americano" non e' all'altezza della drammaticita' dei problemi che la crisi della civilta' della violenza, della potenza e della guerra ci prospetta;
4- il ritualismo comportamentale di chi saltabecca da un corteo all'altro, inseguendo le scadenze fissate dall'agenda dei potenti, non e' un fondamento solido per costruire percorsi di pace (essi si radicano meglio su gesti di lunga durata, che possibilmente cambino stabilmente la vita quotidiana e/o definiscano condizioni giuridiche permanenti, tipo l'obiezione di coscienza).
Una frase e' purtroppo rivelatrice su come gli estensori dell'appello siano sensibili ai problemi di potere (e quindi inconsapevolmente assetati di potere) ma non al grido di dolore delle vittime della macchina economico-politico-militare che opprime e schiaccia la maggioranza dei "dannati", dei diseredati della Terra.
E' quando viene detto:

"Per questo, come tanti e tante in tutto il pianeta e in mille forme, ci prepariamo ad accogliere Bush come si accoglie un vero e proprio guerrafondaio.
Lo facciamo per i torturati di Guantanamo, per i bruciati vivi di Falluja, per i deportati, per quelli rinchiusi nei campi di concentramento in mezzo mondo. Ma lo facciamo anche per dire che esiste un´altra Italia".
A costoro, ad es., non e' venuto in mente di scrivere:
"Lo facciamo in nome del milione di vittime civili della "guerra globale al terrore" in Medio Oriente, dei milioni di sterminati per fame, per guerra, per dittatura provocati dal "progresso" guidato dall'Occidente democratico, dei pericoli di guerra nucleare e di catastrofe ecologica cui siamo sospinti da un tenore di vita insostenibile che mette a rischio la sopravvivenza stessa dell'umanita'"...
E mi pare di aver detto tutto.
 
La necessita' di un'autonoma iniziativa nonviolenta
Mi dispiace per i tanti compagni e amici di base che rispetto e stimo, e so che si mobilitano in buona fede, con motivazioni sincere di opposizione alla guerra e con il cuore in mano.
Personalmente pero' non ci sto a farmi strumentalizzare da politicanti e politicantini della partitocrazia italiana fungendo da "carne da corteo", arruolato per i loro giochi di concorrenza politico-istituzionale (e sindacale) che con la cultura di pace hanno molto poco a che vedere.
E ritengo sia questa la posizione che deve assumere l'intera area nonviolenta: noi rifiutamo si' e denunciamo la guerra, senza imbellettarla con giustificazioni umanitarie o addirittura "nonviolente", ma non solo quando e' condotta da eserciti regolari, bensi' anche quando e' aggressione delle bande fanatiche armate che in nome della "resistenza di popolo" il piu' delle volte fomentano guerre civili massacrando proprio il popolo che pretenderebbero di difendere e riscattare.
Assumiamo quindi la scadenza del 9 giugno, ma protestiamo alla nostra maniera, come  e' giusto che sia, sia nei contenuti che nella forma.
Senza la preoccupazione di "dividere" alcunche', perche' l'unita' popolare che abbiamo in testa non e' il dato di partenza centralizzato ed omologante di chi nega astrattamente ed autoritariamente le differenze, ma la convergenza plurale delle diversita' che si costruisce processualmente con il dialogo e nel dialogo.
Il conflitto per noi e' fisiologia, non anomalia, anche e soprattutto nell'"altro mondo possibile" (e nel movimento di base che deve prefigurarne la realizzazione): e' la soluzione-trasformazione di esso che deve imboccare, se possibile, percorsi non antagonistici e distruttivi...
Un modo alternativo di assumere la scadenza del 9 giugno, ma guardando oltre essa, e' - ritengo - quello dell'appello che sotto riporto, che mi ha firmato Alex Zanotelli, che potrebbe essere integrato da una proposta di digiuno che mi e' stata accennata telefonicamente da Francesco Locascio.
1 giugno (conferenza stampa per le Ambasciate di pace) e 9 giugno (appello per "lasciare solo Bush") potrebbero e dovrebbero agganciarsi, dal punto di vista nonviolento, all'impegno sulla "Carovana contro la guerra, per il disarmo e la pace".
Potremmo acquistare - i movimenti nonviolenti - una manchette sul "Manifesto"
per comunicare la nostra posizione ed il nostro impegno testimoniando che esiste ed opera una cultura politica battente non le strade fallimentari del passato ma che innova seguendo i segni e la necessita' dei tempi presenti.
Procuro di redigerne il testo al massimo entro domani.
BUSH A ROMA: LASCIAMOLO SOLO
Bush arriva a Roma il 9 giugno ed il Palazzo si prepara ad accoglierlo in pompa magna. Non una critica gli verrà ufficialmente recapitata dai vari Prodi, D'Alema (e Bertinotti) sulle guerre d'aggressione scatenate e imperterritamente condotte all'insegna della menzogna: l'"esportazione della democrazia" a suon di bombe.
Bush e' sempre più isolato negli stessi Stati Uniti: il Congresso gli vota contro vincolando i nuovi soldi per le "missioni" in Medio Oriente al rimpatrio delle truppe americane (da completare entro l'aprile 2008); una parte consistente dell'opinione pubblica chiede l'" IMPEACHMENT" per le sue bugie sulle armi di distruzione di massa in Iraq, l'uso della tortura e i controlli spionistici con la scusa dell'antiterrorismo: essa considera queste pratiche gravi crimini dei quali il Presidente deve rispondere.
Ai sottoscrittori del presente appello, pacifisti e nonviolenti di lunga data, non sembra una buona idea soggiacere al riflesso condizionato di chiamare a raccolta, come al solito e scontatamente, le forze "antimperialiste" perche' intasino Roma con l'ennesima "grande mobilitazione popolare centralizzata".
Noi proponiamo, al contrario, non di riempire Roma ma, se possibile, di svuotarla: Bush va lasciato solo, accompagnato esclusivamente dai suoi servizievoli sodali politici, e dai fantasmi del potere che continuano ad ossessionarlo.
La gente comune non vada a salutarlo (con bandierine o fischi non importa), lo ignori, prosegua le sue normali occupazioni; oppure se ne vada al mare, ai laghi o in montagna, a godersi un meritato week-end di riposo.
Il nostro e' un appello a preparare la pace assaporando la pace della natura: per questo installeremo dei banchetti sulla spiaggia di Ostia dove, tra una nuotata e l'altra, raccoglieremo le firme su una petizione che chiede al governo italiano di revocare l'accordo segreto con cui ha deciso di collaborare allo "scudo antimissile" voluto da Bush.
E' scandaloso che D'Alema minimizzi la portata di un progetto, funzionale alla logica del "Primo colpo nucleare", che sta provocando una Seconda guerra fredda, con la Russia che straccia i pochi trattati per il disarmo applicati. Ecco: piu' che toccare il tasto emotivo di un facile capro espiatorio antiamericano, contrapponendo le parate pacifiste alle parate militariste, dovremo sensibilizzare la gente sulla gravita' del momento presente, e ragionare sui nostri coinvolgimenti concreti nella "guerra globale".
Abbiamo bisogno di impegni di lunga durata collegati a comportamenti quotidiani.
CONFERENZA STAMPA
AMBASCIATE DI PACE PER IL DISARMO EUROMEDITERRANEO
OVVERO: COME ATTUARE DAL BASSO BARCELLONA 1995
(Il Coordinamento "FERMIAMO CHI SCHERZA COL FUOCO ATOMICO"), lancia il progetto delle Ambasciate di pace, onde offrire respiro al processo politico e diplomatico per la soluzione pacifica della crisi mediorientale, oggi gestita all'insegna della "guerra al terrore", che rischia di degenerare in un conflitto atomico.

Il progetto consiste nell'individuare ed aprire uffici a Teheran, Gerusalemme, Mogadiscio, etc., contrassegnati da bandiere iridate che, raccordando ONG autenticamente indipendenti e neutrali, devono perseguire l'attuazione dal basso della Dichiarazione di Barcellona (1995): i governi di Europa, Mediterraneo e Medio Oriente (allargato) devono decidere di liberarsi subito dalle armi di sterminio di massa stipulando un Trattato come quelli di Africa, America Latina, Sud Est Asiatico, Pacifico del Sud.

Una prima tappa significativa è stata individuata per l'attuazione del progetto: una Conferenza delle città emule della Firenze di La Pira, aderenti all'idea della denuclearizzazione, che sottoscrivano un Trattato di disarmo "dal basso" impegnativo per i cittadini animati da volontà di pace: vale a dire, la stragrande maggioranza.

In tale prospettiva il Coordinamento, ed i soggetti con i quali esso collabora, sostengono l'iniziativa, proveniente dalla società civile iraniana e annunciata in Italia da Shirin Ebadi, Nobel per la pace 2003, di un referendum popolare sul progetto uranio. A tale scopo propone di far nascere in Italia (e nel mondo) un Comitato di Solidarietà col movimento antinucleare iraniano.

Se vogliamo "togliere appeal manipolatorio" a coloro che, in Occidente, progettano il "disarmo atomico" di Tehran a colpi di micro-bombe atomiche, dobbiamo appoggiare in ogni modo la richiesta di partecipazione democratica delle organizzazioni popolari iraniane che lottano con spirito di libertà e per il rispetto dei diritti umani, ambientali e sociali. Anche questo impegno potrebbe rilanciare la mobilitazione per l'attuazione, nello spirito originario, della "Dichiarazione di Barcellona".

venerdì 1 GIUGNO - ore 11.30  Roma o Milano

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