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Domenica, 12 Novembre, 2006 - 12:03

L'Europa regionale Umanista

L’Europa ha una lunga storia di guerre e di divisioni e interne, di imperialismo e di sottomissione a tanti invasori, di alleanze e di nazionalismi che hanno visto spesso gli stessi attori a volte fratelli a volte nemici, ma anche momenti  di ispirazione, di convergenza culturale, insomma momenti umanisti.
Il risultato è una popolazione estremamente variegata, diversità di lingue, di abitudini, di tradizioni artistiche e culturali, di valori.
 
Ma se parliamo oggi di una regione europea non è certo per sbandierare una identità culturale che si contrapponga ad altre culture.
Le nostre aspirazioni sono di segno opposto alla regionalizzazione che si sta dando nel mondo, come risposta alla globalizzazione, e che porta il segno dell’integrazione economica: crescere economicamente per diventare una potenza e avere maggior controllo ed egemonia politica e militare, contrapponendosi alle altre regioni.
 
Nella dichiarazione conclusiva del forum di Praga si diceva:
 
La nostra aspirazione è che i  popoli d'Europa cambino il loro sguardo, vedendosi non come competitori o nemici ma come parte della stessa storia e dello stesso futuro
 
La nostra aspirazione è che i popoli d'Europa riconoscano in se stessi il contributo di altre culture
 
La nostra aspirazione è che i popoli d'Europa dedichino i loro migliori sforzi a favore degli altri popoli
 
La nostra aspirazione è che i popoli d'Europa abbraccino coloro che arrivano da altri luoghi, riconoscendo il loro valore e comprendendo la diversità come una necessità dell'evoluzione verso la nazione umana universale
 
La nostra aspirazione è che ognuno di noi possa scoprire questa nazione umana universale che già si annida nella parte più profonda di ognuno
 
La nostra aspirazione è che ognuno di noi possa trasformare questo sentimento in atto coerente risvegliando questa nuova realtà in ogni essere umano.
 
 
E’ evidente che l’Europa che abbiamo in testa non è quella del Trattato di Mastricht, sotto il segno della liberalizzazione e della privatizzazione dei servizi sociali, non è quella del trattato di Scenghen, sotto il segno del razzismo e della discriminazione nei confronti degli immigrati, non è quella del Trattato di Nizza, sotto il segno di un nuovo armamentismo che vede impegnate quote crescenti delle risorse finanziarie degli Stati membri, mentre continuano a tagliarsi i fondi destinati ad assicurare i minimi diritti umani.
 
Non sono sufficienti a questa idea di Europa i confini dell’Unione europea, anche se in continua espansione. 
 
Dove metteremmo i confini?
 
Perché gli abitanti della Sicilia dovrebbero sentirsi separati da quelli del nord dell’Africa?
 
Forse pensiamo come Bush che basti un muro per bloccare le intenzioni che da sempre hanno spinto gli esseri umani a muoversi, a conoscere, a cambiare la loro vita?
 
Forse pensiamo che poiché le guerre attuali si svolgono fuori (appena fuori) dei confini europei il pericolo nucleare non ci riguardi?
 
La guerra nucleare è oggi, ancor più della catstrofe ecologica, il maggior pericolo che incombe sul mondo intero. Israele possiede oggi l’arma suprema e non ha aderito al patto di non proliferazione nucleare, come il Pakistan e l’India. Non lontano dalla zona tre potenze atomiche sono impegnate militarmente, Stati Uniti e Regno unito in Iraq e Afganistan e la Russia in Cecenia. In Afganistan combatte anche la più importante alleanza militare, l’Organizzazione del trattato nord atlantico (NATO), di cui fa parte la Francia, che a sua volta è una potenza atomica.
 
Nella zona compresa tra i confini occidentali dell’India fino al canale di Suez si concentra l’arsenale più devastante di tutti i tempi. Una semplice scintilla può provocare la deflagrazione.... che non riguarderà solo quella zona.
 
Le sfide sono oggi mondiali e mondiale e univoca deve essere la risposta.
 
Lo scontro di interessi economici rischia di trasformarsi in scontro di culture
 
Il Forum regionale europeo è l’occasione per  fare un passo importante nel processo di integrazione nel quale le diversità culturali, che con l’inarrestabile fenomeno migratorio includono quelle provenienti da altri continenti, diano ciascuna il miglior contributo verso ciò che accomuna, tralsciando ciò che divide.
 
Un percorso che a partire da questo piccolo e antico continente inneschi un processo che deflagri, questo sì, a livello mondiale, per accelerare la formazione dell’unica nazione cui aspiriamo, la nazione umana universale.

Loredana C.

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