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Lunedì, 20 Settembre, 2010 - 20:04

LETTERA DEL FIGLIO DI UN OPERAIO

LETTERA DEL FIGLIO DI UN OPERAIO
Ero tornato da poche ore, l'ho visto, per la prima volta, era alto, bello,
forte e odorava di olio e lamiera.
Per anni l'ho visto alzarsi alle quattro del mattino, salire sulla sua
bicicletta e scomparire nella nebbia di Torino, in direzione della Fabbrica.
L'ho visto addormentarsi sul divano, distrutto da ore di lavoro e alienato
dalla produzione di migliaia di pezzi, tutti uguali, imposti dal cottimo.
L'ho visto felice passare il proprio tempo libero con i figli e la moglie.
L'ho visto soffrire, quando mi ha detto che il suo stipendio non gli
permetteva di farmi frequentare l'università.
L'ho visto umiliato, quando gli hanno offerto un aumento di 100 lire per
ogni ora di lavoro.
L'ho visto distrutto, quando a 53 anni, un manager della Fabbrica gli ha
detto che era troppo vecchio per le loro esigenze.
Ho visto manager e industriali chiedere di alzare sempre più l'età
lavorativa, ho visto economisti incitare alla globalizzazione del denaro, ma
dimenticare la globalizzazione dei diritti, ho visto direttori di giornali
affermare che gli operai non esistevano più, ho visto politici chiedere agli
operai di fare sacrifici, per il bene del paese, ho visto sindacalisti dire
che la modernità richiede di tornare indietro.
Ma mi è mancata l'aria, quando lunedì 26 luglio 2010,  su " La Stampa" di
Torino, ho letto l'editoriale del Prof . Mario Deaglio. Nell'esposizione
del professore, i "diritti dei lavoratori" diventano "componenti non
monetarie della retribuzione", la "difesa del posto di lavoro" doveva essere
sostituita da una volatile "garanzia della continuità delle occasioni da
lavoro", ma soprattutto il lavoratore, i cui salari erano ormai ridotti al
minimo, non necessitava più del "tempo libero in cui spendere quei salari",
ma doveva solo pensare a soddisfare le maggiori richieste della controparte
(teoria ripetuta dal Prof.  Deaglio a Radio 24 tra le 17,30  e la 18,00 di
Martedì 27 luglio 2010).
Pensare che un uomo di cultura, pur con tutte le argomentazioni di cui è
capace, arrivi a sostenere che il tempo libero di un operaio non abbia alcun
valore, perché non è correlato al denaro, mi ha tolto l'aria.
Sono salito sull'auto costruita dagli operai della Mirafiori di Torino.
Sono corso a casa dei miei genitori, l'ho visto per l'ennesima volta. Era
curvo, la labirintite, causata da milioni di colpi di pressa, lo faceva
barcollare, era debole a causa della cardiopatia, era mio padre, operaio al
reparto presse, per 35 anni, in cui aveva sacrificato tutto, tranne il tempo
libero con la sua famiglia, quello era gratis.
Odorava di dignità.
(Luca Mazzucco)

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